Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8406 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8406 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10712-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 360/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/02/2022 R.G.N. 2135/2018;
Oggetto
Pensione spettante ai
lavoratori dello
spettacolo.
Determinazione della ‘quota
B’.
R.G.N.10712/2022
COGNOME
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda dell’odierno controricorrente volta alla riliquidazione del trattamento di pensione maturato a carico della gestione ex ENPALS.
A fondamento della decisione, la Corte di appello, respinte le questioni concernenti la decadenza e la prescrizione, ha ritenuto che la prestazione andasse determinata, quanto al calcolo della cd. «quota b», senza l’applicazione del massimale pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, D.P.R. nr. 1420 del 1971.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria.
Ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, come novellato dall’art. 38, comma 1, lettera d ), n. 1, del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111.
Ad avviso dell’Istituto ricorrente, erroneamente la sentenza ha ritenuto inapplicabile la decadenza di cui all’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d) D.L. n. 98 del 2011, sul rilievo che la
decadenza introdotta con il d.l n. 98/2001, art. 38 lett. d), trova applicazione esclusivamente alle prestazioni pensionistiche riconosciute a partire dal 6 luglio 2011.
Assume invece l’INPS che la norma introduttiva della decadenza incide anche sulle pensioni liquidate in data anteriore alla sua entrata in vigore (6 luglio 2011), con decorrenza, in tal caso, del triennio dalla suddetta data, in applicazione del meccanismo generale di cui all’art. 252 disp. att. cod.proc.civ. Rileva, inoltre, che l’atto che impedisce la decadenza deve essere individuato nella proposizione dell’azione giudiziaria, che, nel caso in esame, era stata proposta con ricorso depositato il 7 giugno 2017 e dunque ben oltre il triennio computato dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011.
Il motivo è fondato.
Deve , preliminarmente, disattendersi l’eccezione di inammissibilità dello stesso, formulata dalla parte controricorrente, sul rilievo che la Corte di appello avrebbe escluso la decadenza sulla base di una doppia ratio decidendi , non ritualmente censurata in questa sede.
Osserva il Collegio che il nucleo concettuale fondante la decisione è unicamente quello investito dalle censure dell’Inps. Il passaggio argomentativo iniziale, circa la modalità di redazione del motivo di appello, si pone, infatti, come generica enunciazione puramente incidentale, inidonea ad integrare una autonoma ragione decisoria su cui poter individuare la sussistenza di un giudicato interno (cfr. sul principio, tra le altre, Cass. nr. 3793 del 2019, con i relativi richiami).
Sempre in via preliminare, richiamando quanto già osservato in recenti pronunce su casi analoghi (ord. nn.
35136, 35135, 34983, 31293, 23988 del 2024) è da respingere anche l’eccezione di «inammissibilità e/o di improcedibilità del ricorso» svolta nel controricorso (v. pag. 32, ult.cpv.) sul presupposto che sarebbe passata in giudicato l’affermazione della sentenza secondo cui non si applicherebbero i limiti massimi alla retribuzione pensionabile di cui all’art. 12, co. 2 D.Lgs. n. 503/92. Come già valutato « il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del “massimale pensionabile” per la “quota B”. Ne consegue che la perdurante vigenza, anche per tale quota, del limite previsto dall’art. 12, co. 7 D.P.R. n. 1420/71 rappresenta un tema ancora controverso e che nessun “giudicato interno” può precluderne l’esame. Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto» (così pronunce sopra richiamate).
11. Nel merito, va ribadito il principio, ormai consolidato, enunciato da questa Corte a partire da Cass. n.7756 del 2016, secondo il quale il termine di decadenza introdotto dall’art. 38 comma 1 lett. d ) n. 1) del D.L. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, relativo «alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito» trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (6 luglio 2011).
12.Si è ritenuto (Cass. n. 29754 del 2019; Cass. n. 28416 del 2020 e tutte le pronunce successive, tra le quali, da ultimo, Cass. n.31952 del 2024) che l’arresto delle Sezioni
Unite n.15352 del 2015, relativo all’applicazione del termine di decadenza introdotto dal legislatore del 1997 in materia di emotrasfusioni, contenesse l’affermazione di un principio generale sulla decorrenza dei nuovi termini di decadenza, valido anche nell’interpretazione della decadenza introdotta dall’art. 38 del D.L. n. 98 del 2011. Secondo tale principio, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche alle situazioni soggettive già in essere ma la decorrenza del termine è fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
13. Si deve aggiungere che la decadenza ex art. 47 DPR n. 639 del 1970 trova applicazione limitatamente alle differenze sui ratei di pensione precedenti il triennio dalla domanda giudiziaria; l’art. 47, comma 6, estende, infatti, alle azioni di riliquidazione i precedenti commi 2 e 3, in relazione ai quali il D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito in L. 1° giugno 1991, n. 166, chiarisce che la decadenza determina l’estinzione del diritto solo ai ratei pregressi.
14. L’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi ultratriennali -e non all’intera pretesa del privato- attua un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo; la decadenza mobile comunque sanziona il pensionato in modo significativo, con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale (Cass. n.17430 del 2021 e giurisprudenza successiva; da ultimo, Cass. n. 31751 del 2024).
15.A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata che ha escluso del tutto la applicabilità della decadenza.
Con secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., è dedotta la violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 1420 del 31.12.1971 e dell’art. 4 D.Lgs. n. 182 del 30.04.1977. L’istituto previdenziale ricostruisce le norme in materia ed afferma che il massimale pensionabile giornaliero di cui all’art. 1 2 DPR n. 1420/1971 trova applicazione anche ai fini della liquidazione della quota B di pensione.
Ugualmente fondato è il secondo motivo.
Questa Corte ha già esaminato la questione qui devoluta, affermando il principio di diritto per il quale «In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del D.Lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo decreto legislativo, dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS» (cfr.
tra le tante: Cass. n. 36056 del 2022; Cass. n. 15651 del 2023; Cass. n. 31952 del 2024).
A tali conclusioni, questa Corte è giunta sulla scorta dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando in molteplici occasioni gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso (fra le molte, anche Cass. nr. 24245 del 2023).
Alle compiute argomentazioni delle pronunce richiamate si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. D’altronde, il controricorrente non ha addotto argomenti che inducano a rimeditare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza camerale.
In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi esposti e che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso In Roma nella adunanza camerale del 30