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Pensione salvaguardia: sì per licenziamento collettivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23414/2024, ha stabilito che la pensione salvaguardia si applica anche ai lavoratori coinvolti in un licenziamento collettivo, il cui periodo di mobilità sia terminato prima della data critica del 4 dicembre 2011. La Corte ha chiarito che il licenziamento collettivo rientra nella categoria di ‘risoluzione unilaterale’ del rapporto di lavoro, garantendo così la tutela previdenziale prevista dalla legge. Questa decisione cassa la precedente sentenza d’appello che aveva negato il diritto alla pensione, affermando un principio di diritto a favore del lavoratore.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione Salvaguardia: La Cassazione la Estende al Licenziamento Collettivo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha portato chiarezza su un punto cruciale per molti lavoratori: il diritto alla pensione salvaguardia in caso di licenziamento collettivo. Con la decisione n. 23414 del 2024, la Suprema Corte ha stabilito che anche i lavoratori il cui periodo di mobilità è terminato prima delle scadenze previste da una specifica norma possono accedere alla tutela, equiparando di fatto il licenziamento collettivo a una ‘risoluzione unilaterale’ del rapporto di lavoro. Vediamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore che, dopo essere stato coinvolto in una procedura di licenziamento collettivo e aver usufruito dell’indennità di mobilità, si è visto negare dalla Corte d’Appello l’accesso alla pensione con le vecchie regole. Il problema nasceva dal fatto che il suo periodo di mobilità era terminato prima del 4 dicembre 2011, data di entrata in vigore della riforma Fornero e termine previsto da una delle lettere della legge di salvaguardia (la lett. e) dell’art. 1, comma 194, l. n. 147/2013).

I giudici di secondo grado avevano interpretato la normativa in modo restrittivo, ritenendo che il lavoratore non rientrasse in quella specifica casistica e nemmeno in quella, più generica, prevista per i lavoratori il cui rapporto era cessato per ‘risoluzione unilaterale’ (lett. d) della stessa norma).

La Decisione della Corte di Cassazione sulla pensione salvaguardia

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione d’appello, accogliendo il ricorso del lavoratore. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: sebbene esista una norma specifica per i lavoratori in mobilità (lett. e), quando i suoi presupposti non sono soddisfatti (come la cessazione della mobilità prima della data chiave), non si può escludere l’applicazione della norma più generale (lett. d).

Il licenziamento collettivo, infatti, è a tutti gli effetti una forma di ‘risoluzione unilaterale’ del rapporto di lavoro, in quanto è una decisione presa dal datore di lavoro. Pertanto, negare l’accesso alla pensione salvaguardia a un lavoratore in questa situazione significherebbe frustrare lo scopo stesso della legge, che è quello di proteggere chi si trovava vicino alla pensione al momento della riforma.

Il Principio di Diritto Affermato

La Corte ha enunciato un chiaro principio di diritto: la salvaguardia per ‘risoluzione unilaterale’ si applica anche ai lavoratori destinatari di un licenziamento collettivo il cui collocamento in mobilità sia cessato prima del 4 dicembre 2011. Questo perché non si può negare che anche il licenziamento collettivo sia un’ipotesi di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione logica e teleologica della normativa. La finalità delle norme di salvaguardia è quella di tutelare i lavoratori che, avendo perso il lavoro in prossimità della pensione secondo le vecchie regole, si sono trovati improvvisamente senza reddito e senza la possibilità di accedere alla pensione a causa dei nuovi e più stringenti requisiti. Un’interpretazione che lasciasse questi lavoratori privi di qualsiasi tutela sarebbe contraria allo spirito della legge.

La Corte ha osservato che, diversamente argomentando, il lavoratore licenziato collettivamente e uscito dalla mobilità si troverebbe ‘privato di qualunque strumento di sostegno del reddito e costretto ad attendere la maturazione dei più restrittivi criteri di accesso alla pensione’. Di conseguenza, il licenziamento collettivo deve essere ricondotto alla fattispecie generale della risoluzione unilaterale, garantendo l’accesso alla pensione salvaguardia.

le conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria importante per i lavoratori coinvolti in crisi aziendali e procedure di licenziamento collettivo. La Corte di Cassazione ha riaffermato che le norme di tutela previdenziale devono essere interpretate in modo da realizzare concretamente il loro obiettivo di protezione sociale. Per i lavoratori in situazioni simili, questa sentenza apre la strada al riconoscimento del proprio diritto alla pensione, evitando che cavilli interpretativi possano vanificare una tutela fondamentale prevista dal legislatore.

Un lavoratore coinvolto in un licenziamento collettivo ha diritto alla pensione salvaguardia se il suo periodo di mobilità è terminato prima delle date previste dalla legge?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, anche se non si rientra nella specifica norma per i lavoratori in mobilità, il licenziamento collettivo costituisce una ‘risoluzione unilaterale’ del rapporto di lavoro e dà quindi diritto alla salvaguardia prevista dalla norma più generale (art. 1, comma 194, lett. d, l. n. 147/2013).

Perché il licenziamento collettivo è considerato una ‘risoluzione unilaterale’ del rapporto di lavoro?
Perché è una decisione presa esclusivamente dal datore di lavoro per motivi aziendali, che pone fine al contratto di lavoro senza il consenso del dipendente. Anche se segue una procedura sindacale, la sua natura resta quella di un’iniziativa datoriale che termina il rapporto.

Qual è la finalità della norma di salvaguardia secondo la Corte?
La finalità è proteggere i lavoratori che hanno perso il lavoro in prossimità dell’età pensionabile, basandosi sulle regole previgenti alla riforma Fornero. Lo scopo è evitare che questi soggetti rimangano senza reddito e senza accesso alla pensione, fornendo un regime derogatorio che consenta loro di pensionarsi con i vecchi requisiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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