Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8589 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8589 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14820-2023 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente – avverso la sentenza n. 1036/2022 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 13/01/2023 R.G.N. 348/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/01/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE Pensione
quota A e B
R.G.N.14820/2023
COGNOME.
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
Rilevato che
La Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado, che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME avente ad oggetto il ricalcolo del proprio trattamento RAGIONE_SOCIALEstico, avente decorrenza dall’1.1.2011, da quantificarsi senza applicazione alla ‘quota B’ del limite massimo di retribuzione giornaliera pensionabile, stabilito, per i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dall’art. 12, co.7 d.P.R. n.1420/71.
La Corte di merito rigettava l’eccezione di decadenza ex art.47 d.P.R. n.639/70 e l’eccezione di prescrizione avanzate dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. Aggiungeva poi che il limite massimo inerente alla retribuzione giornaliera pensionabile non era più vigente per la ‘quota B’, regolata dai nuovi criteri fissati dal d. lgs. n.182/97.
Avverso la sentenza, RAGIONE_SOCIALE ricorre per tre motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio si riservava termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art.47 d.P.R. n.639/70, come novellato dall’art.38, co.1, lett. d) n. 1 d.l. n.98/11, convertito in l. n.111/11 per non avere la Corte ritenuto che la decadenza ex art.47 d.P.R. n.639/70 si applicasse anche ai trattamenti RAGIONE_SOCIALEstici maturati anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n.98/11, ovvero il 6.7.2011.
Con il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art.12 d.P.R. n. 1420/71 e dell’art.4 d. lgs. n.182/97. La Corte di merito avrebbe errato nel
prospettare l’abrogazione della disciplina del massimale pensionabile; cita a sostegno pronunce di questa Corte. Con il terzo motivo di ricorso, in via subordinata, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce violazione degli artt.2934 e 2935 c.c., e dell’art.47 bis d.P.R. n.639/70, per non avere la Corte dichiarato la prescrizione per i ratei maturati nel quinquennio anteriore all’atto interruttivo della prescrizione.
Il primo motivo è fondato.
L a Corte d’appello ha confermato quanto ritenuto dal giudice di primo grado, per come riportato dalla stessa sentenza impugnata, ovvero che non operasse la decadenza triennale ex art.47 d.P.R. n.639/70 rispetto ai trattamenti RAGIONE_SOCIALEstici aventi decorrenza anteriore all’entrata in vigore del d.l. n.98/11, introduttivo della decadenza.
Così reputando, la sentenza d’appello ha contraddetto l’orientamento di questa Corte (v. ad es. Cass.31952/24, Cass.35134/24), cui va data continuità, secondo cui la decadenza triennale ex art.47 d.P.R. si applica anche ai trattamenti maturati anteriorment e all’entrata in vigore del d.l. n.98/11, con la precisazione che la decadenza decorre ex art.252 d.a. c.c. dalla data di entrata in vigore della norma istitutiva della decadenza, evitata dalla proposizione della domanda giudiziale e non dalla sola domanda amministrativa (Cass.28416/20, Cass.22820/21). La decadenza, in particolare, opera non in modo tombale, ma relativamente ai soli ratei antecedenti il triennio anteriore alla proposizione della domanda giudiziale (Cass.35134/24, Cass.24555/23). Il secondo motivo è fondato.
In via preliminare deve essere disattesa l ‘ eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa del controricorrente, volta alla dichiarazione dell’intervenuto passaggio in giudicato del capo di sentenza con il quale è stato accertato, in ordine alla quota A della pensione ed alla quota B della pensione e dei supplementi di pensione, che l’Ente ha errato anche nella parte in cui ha conteggiato un numero di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo.
Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass.35136/24, Cass.23988/24), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che la quantificazione della pensione rappresenta un tema ancora controverso e che nessun giudicato interno può precluderne l’esame. Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato».
In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato interno può dirsi formato (fra le molte, di recente, Cass.28565/22, Cass.24249/24).
Tanto premesso, la questione giuridica dedotta con il motivo riguarda i trattamenti RAGIONE_SOCIALEstici dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oggi corrisposti dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE istituita
presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (subentrato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), e in particolare la determinazione della ‘quota B’, corrispondendo la ‘quota A’ «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a , d. lgs. n.503/92), e la ‘quota B’ «all’importo del trattamento RAGIONE_SOCIALEstico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b , del citato d.lgs. n. 503/92). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui all’art. 12, co.7 d.P.R. n.1420/71.
Sulla questione è intervenuta questa Corte (v. Cass.36056/22, seguita da altre, tra cui Cass.38018/22, Cass.870/23, Cass.1775/23, Cass.35132/24), affermando che nella determinazione della ‘quota B’ non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, co.7 d.P.R. n.1420/71, come modificato dall’art.1, co.10, d.lgs. n.182/97. Tale limite -si è spiegato -non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, co.8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina,
in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE .
Quanto affermato in tali pronunce viene qui condiviso, non adducendo il controricorso argomenti giuridici tali da infirmare il citato orientamento.
Tanto vale anche riguardo all’eccezione di illegittimità costituzionale avanzata sempre in controricorso, secondo cui l’interpretazione adottata da questa Corte dell’art.4, co.8 d. lgs. n.182/97 sarebbe in contrasto con la legge delega (art.2, co.22, lett. a) n.335/95).
Vanno ripresi anche sul punto i rilievi a confutazione addotti in varie pronunce di questa Corte (ad es. Cass.10852/23, Cass.21010/23, Cass.35132/24), ovvero che C. Cost. n.202/08, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, «purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 della Costituzione» (punto 2 del Considerato in diritto ); inoltre la Carta fondamentale non richiede una «necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate», in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n.173/86, punto 10 del Considerato in diritto ).
Il terzo motivo di ricorso, essendo proposto solo in via subordinata, resta assorbito, stante l’accoglimento de i primi due motivi.
Conclusivamente, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese di lite del presente giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, all’adunanza camerale 30.1.25