Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8654 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8085-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3876/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/10/2022 R.G.N. 1337/2020;
Oggetto
Pensione
RAGIONE_SOCIALE-quota
B
R.G.N. 8085/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 30/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 8085/23
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 18.10.2022 n. 3876, la Corte d’appello di Roma respingeva l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva accolto il ricorso promosso da COGNOME NOME, volto a chiedere la rideterminazione della quota B della pensione erogata dall’Inps, gestione ex Enpals, con le decorrenze meglio indicate in ricorso. Il tribunale con riguardo all’individuazione del criterio di calcolo della cd. quota B della pensione e conseguentemente, dell’ammontare del rateo pensionistico, a veva ritenuto non più sussistente il limite di retribuzione giornaliera pensionabile di lire 315.000, sia pure rivalutato a partire dal gennaio 1998, in quanto il rinvio operato dall’art. 1 del d.lgs. n. 182/97 all’art. 12 comma 7 del DPR n. 1420/71 non imporrebbe, diversamente da quanto affermato dall’Inps, di tenere in ogni caso fermo tale limite in riferimento alla cd . quota B.
La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, illustrato con memoria, mentre COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Il collegio si è riservato il deposito della ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte
d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) non sarebbe soggetta al massimale specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del DPR n. 1420/71, come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000) . In via preliminare, deve essere disattesa la eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa del controricorrente, volta alla dichiarazione dell’intervenuto passaggio in giudicato del capo di sentenza con il quale il Tribunale ha accertato, in ordine alla quota B di pe nsione (per cui è causa) che l’Ente ha errato anche nella parte in cui ha conteggiato un numero di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo.
Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass. 31/12/2024, n.35136; Cass. n. 23988/2024), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che la quantificazione di tale quota rappresenta un tema ancora controverso e che nessun giudicato interno può precluderne l’esame.
Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato». In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato interno può dirsi formato (fra le molte, di recente, Cass., sez. lav., 3 ottobre 2022, n. 28565; idem, ord. n. 24249/24).
Il motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps. Sostiene parte controricorrente (pp. 22 e ss. del controricorso), che l’interpretazione del d. lgs. n. 182-97, art. 4, comma 8 adottata da questa Corte sarebbe in contrasto con la legge delega (art. 2, comma 22, lett. a n. 335/95), laddove prevede, come criterio direttivo, la “commisurazione delle prestazioni” pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti”.
L’interpretazione adottata verrebbe invece a commisurare la retribuzione massima giornaliera a 315.000 lire a fronte dell’onere contributivo sostenuto sulla retribuzione massima giornaliera pari a 1.000.000 lire.
Ora, nelle citate sentenze si è richiamata C. Cost. n. 202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, “purchè una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 della Costituzione” (punto 2 del Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una “necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate”, in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n. 173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la “commisurazione” delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui alla l. n. 335-95, art. 2, comma 22 lett. a), se non letta nella rigorosa accezione di “necessaria corrispondenza” cui si riferisce parte controricorrente, è rispettata dall’interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n. 202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in “un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS; di talchè non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione
pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce” (punto 3 del Considerato in diritto).
La questione di legittimità costituzionale sollevata risulta, pertanto, manifestamente infondata (cfr. Cass. n. 21010/23).
In accoglimento del ricorso, la sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla