Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8513 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8513 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7729-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3775/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/10/2022 R.G.N. 2844/2021;
Oggetto
Pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘quota B’.
R.G.N. 7729/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 31/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n.3775/2022, la Corte d’Appello di Roma, accogliendo il gravame di NOME COGNOME avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva dichiarato la decadenza triennale dall’accertamento dell’illegittimità del provvedimento di liquidazione della pensione adottato dall’INPS, ex gestione ENPALS, con decorrenza dal 1 luglio 2007, ha dichiarato il suo diritto alla riliquidazione della quota B di detto trattamento, dichiarando peraltro estinto il diritto alle differenze dovute sui ratei collocati oltre tre anni prima rispetto all’esercizio dell’azione giudiziaria. L’INPS contesta la pronuncia della Corte d’appello di Roma sulla base di un motivo, illustrato da memoria in cui richiama la recente giurisprudenza di legittimità a sé favorevole.
Resiste NOME COGNOME con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 31 gennaio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Inps impugna la sentenza sulla base di un unico motivo, per violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31 dicembre 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 30 aprile 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto che il massimale pensionabile di cui all’art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 non operi nel calcolo della quota B del trattamento dei lavoratori dello spettacolo.
Il motivo è fondato.
La questione giuridica dedotta riguarda la determinazione della cd quota B dei trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo, oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo istituita presso l’Inps (suben trato all’Enpals): la ‘quota A’ corrisponde «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a, del d.lgs. n.503/1992), e la ‘quota B’ «all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b, del citato d.lgs. n. 503/1992). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornali era pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n.1420/1971.
Si registra sul punto un ormai consolidato orientamento di legittimità, in forza del quale è stato chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte eccedente delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7°, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182/1997, poiché tale limite non è stato abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né appare incompatibile con l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997, dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di
rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS (così, ex multis , Cass. n. 36056/2022, n.36641/2022, n.36444/2022, n.37043/2022, n.38016/2022, n.870/2023, n.1775/2023, n.18169/2023, n.21010/2023, n.24526/2023, n.24555/2023, n.27494/2023, n.27503/2023).
Tale principio di diritto va qui ribadito, non essendo state prospettate dal controricorrente ragioni che inducano a discostarsi dall’orientamento consolidato, e resiste alle critiche ed ai dubbi di legittimità costituzionale formulati da parte controricor rente con riferimento all’art. 76 Cost., come già argomentato, tra le altre, in Cass. n. 18169/2023, n. 18295/2023 e n. 21010/2023.
Sostiene parte controricorrente che l’interpretazione adottata da questa Corte dell’art. 4, comma 8, del d.lgs. n.182/1997 sarebbe in contrasto con la legge delega (art.2, comma 22, lett. a) della legge n.335/1995), laddove prevede, come criterio direttivo , la ‘commisurazione delle prestazioni’ pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti’. L’interpretazione adottata verrebbe invece a commisurare la retribuzione massima giornaliera a 315.000 lire a fronte dell’onere contributivo sostenuto sulla retribuzione massima giornaliera pari a 1.000.000 lire.
Nei citati precedenti è richiamata «C. Cost. n.202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale,
«purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 della Costituzione» (punto 2 del Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una «necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate», in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n.173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la ‘commisurazione’ delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui all’art.2, co.22 lett. a) l. n.335/95, una volta letta non nella rigorosa accezione di ‘necessaria corrispondenza’ cui si riferisce parte co ntroricorrente, è rispettata dall’interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n.202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in «un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto)» (Cass. n. 21010/2023).
Al riguardo, come già chiarito da Cass. n. 36056/2022 e succ. conf., va ribadito che non risponde al vero che la legge delega si sia occupata di ritoccare la disciplina del massimale retributivo pensionabile in oggetto equiparandolo al massimale imponibile , poiché l’art. 2, comma 22, della legge n. 335/1995 si è limitato ad indicare al legislatore delegato la necessità di ridefinire le aliquote contributive, tenendo conto delle esigenze
di equilibrio delle gestioni previdenziali, di commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti ed alla salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurative. Peraltro, è lo stesso art. 2, comma 22, che, alla lett. d), indica la via di una armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è certamente il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo, più favorevole, come dianzi ricordato, per entità delle prestazioni e condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS.
La questione di legittimità costituzionale risulta pertanto, manifestamente infondata.
Non essendosi la Corte territoriale attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,