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Pensione lavoratori spettacolo: il tetto massimo vale

La Corte di Cassazione ha stabilito che per il calcolo della “quota B” della pensione lavoratori spettacolo, si deve ancora applicare il limite massimo di retribuzione pensionabile previsto da una norma del 1971. La Corte ha così accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribaltando la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva escluso tale limite. Il caso riguardava la pensione di un lavoratore dello spettacolo, con decorrenza dal 2018, per la quale era sorta una controversia sul metodo di calcolo della quota retributiva maturata dopo il 1992.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione Lavoratori Spettacolo: la Cassazione Conferma il Tetto Retributivo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale per il calcolo della pensione lavoratori spettacolo. La Corte ha stabilito che, anche per i contributi versati dopo il 1992, deve essere applicato il massimale di retribuzione giornaliera pensionabile previsto da una normativa del 1971. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale e chiarisce le modalità di calcolo della cosiddetta “quota B” della pensione per questa specifica categoria di lavoratori.

I Fatti del Caso: Il Calcolo della Pensione Contestato

Il caso ha origine dalla domanda di un lavoratore del settore dello spettacolo, titolare di una pensione con decorrenza da giugno 2018. L’ente previdenziale aveva calcolato la “quota B” della sua pensione (relativa all’anzianità contributiva maturata dopo il 31 dicembre 1992) applicando un tetto massimo alla retribuzione giornaliera, come previsto dall’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971.

Il lavoratore si è opposto, sostenendo che tale limite dovesse considerarsi superato a seguito della riforma introdotta con il decreto legislativo n. 182 del 1997. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Roma avevano dato ragione al lavoratore, ritenendo che il vecchio massimale non fosse più operativo e che la pensione dovesse essere calcolata sulla base della retribuzione effettivamente percepita.

L’ente previdenziale, non condividendo la decisione dei giudici di merito, ha presentato ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Questione Giuridica sulla Pensione Lavoratori Spettacolo

Il nodo centrale della controversia era stabilire se il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, fissato nel 1971 per i lavoratori dello spettacolo, fosse stato implicitamente abrogato per incompatibilità dalla normativa successiva, in particolare dal d.lgs. n. 182/1997. In altre parole, la Corte doveva decidere se la “quota B” della pensione lavoratori spettacolo dovesse essere calcolata senza alcun tetto retributivo.

L’ente previdenziale ha sostenuto la piena vigenza del massimale, denunciando la violazione delle normative pertinenti. Il lavoratore, invece, ha difeso la decisione della Corte d’Appello, argomentando che le riforme successive avessero introdotto un nuovo metodo di calcolo che superava il vecchio limite.

L’Orientamento Consolidato della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel decidere il caso, ha richiamato il suo orientamento ormai consolidato sulla materia. Ha affermato il seguente principio di diritto: «Nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo (…), non si prendono in considerazione (…) le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420».

Questo significa che il tetto massimo rimane pienamente in vigore.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che non vi è stata un’abrogazione espressa del massimale, né si può ravvisare un’incompatibilità tra la vecchia e la nuova disciplina. Secondo i giudici, la fissazione di un tetto alla retribuzione pensionabile è una caratteristica “coessenziale” al sistema previdenziale dei lavoratori dello spettacolo. Questo sistema, nel suo complesso, è storicamente più favorevole rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS, sia per l’entità delle prestazioni che per le condizioni di accesso alla pensione.

L’applicazione del massimale contribuisce a bilanciare i diversi interessi di rilievo costituzionale, mantenendo l’equilibrio di un sistema che offre vantaggi specifici. La Corte d’Appello, affermando che la “quota B” non fosse più soggetta al tetto, ha errato nell’interpretazione della normativa, attribuendole una “funzione parzialmente compensativa” di un regime meno favorevole che, secondo la Cassazione, non trova riscontro normativo.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale. Ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Roma e ha rinviato la causa allo stesso giudice, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio di diritto enunciato. Per i lavoratori dello spettacolo, quindi, il calcolo della “quota B” della pensione deve continuare a tenere conto del limite massimo di retribuzione pensionabile stabilito nel 1971, a conferma della specificità e dell’equilibrio interno del loro regime previdenziale.

Per la pensione dei lavoratori dello spettacolo, la “quota B” si calcola sulla retribuzione intera?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per il calcolo della “quota B” (anzianità contributiva dal 1993 in poi), si deve tener conto del limite massimo di retribuzione giornaliera pensionabile stabilito dall’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971. Le retribuzioni eccedenti tale limite non vengono considerate.

Il massimale di retribuzione del 1971 è stato superato dalle leggi successive, come il d.lgs. n. 182 del 1997?
No. La Corte ha chiarito che tale limite non è stato abrogato né espressamente né per incompatibilità. Esso è considerato una componente essenziale del sistema previdenziale dei lavoratori dello spettacolo, che bilancia un regime complessivamente più favorevole rispetto a quello generale.

Qual è stato l’esito del ricorso dell’ente previdenziale contro la decisione della Corte d’Appello?
L’esito è stato l’accoglimento del ricorso. La Corte di Cassazione ha annullato (cassato) la sentenza della Corte d’Appello, che aveva dato ragione al lavoratore, e ha rinviato la causa affinché venga decisa nuovamente applicando il principio secondo cui il massimale retributivo è ancora in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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