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Pensione lavoratori spettacolo: il massimale si applica

La Corte di Cassazione ha stabilito che il massimale di retribuzione giornaliera pensionabile si applica anche alla “quota B” della pensione per i lavoratori dello spettacolo. L’ordinanza ribalta una decisione della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale e confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato sulla legittimità di tale limite nel calcolo della pensione lavoratori spettacolo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione Lavoratori Spettacolo: la Cassazione Conferma il Tetto sulla Retribuzione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale per il calcolo della pensione lavoratori spettacolo, ponendo fine a una controversia interpretativa. La Suprema Corte ha stabilito che il massimale di retribuzione giornaliera pensionabile, previsto da una normativa del 1971, continua ad applicarsi anche alla cosiddetta “quota B” della pensione, ovvero quella maturata dopo il 31 dicembre 1992. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale e chiarisce le modalità di calcolo per una specifica categoria di professionisti.

I fatti di causa

La vicenda giudiziaria nasce dal ricorso degli eredi di un lavoratore dello spettacolo, i quali avevano richiesto la riliquidazione del supplemento di pensione. Inizialmente, il Tribunale aveva dato loro ragione, escludendo l’applicazione del limite massimo di retribuzione giornaliera per la parte di pensione maturata dopo il 1992. La Corte d’Appello aveva confermato questa impostazione, respingendo il gravame dell’ente previdenziale. Quest’ultimo, non condividendo la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione delle norme che regolano la materia e la perdurante vigenza del massimale retributivo.

La decisione della Corte di Cassazione sulla pensione lavoratori spettacolo

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, cassando la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui nella determinazione della “quota B” della pensione non si deve considerare la parte di retribuzione giornaliera che eccede il limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971. La Corte ha ritenuto che tale limite non sia stato abrogato né sia divenuto incompatibile con le riforme successive, tra cui il d.lgs. n. 182/1997.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su diversi punti chiave. In primo luogo, ha affermato che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile è un elemento coessenziale alla disciplina speciale e complessivamente favorevole prevista per i lavoratori dello spettacolo. Questo regime speciale offre condizioni di accesso e un’entità delle prestazioni più vantaggiose rispetto a quelle della generalità dei lavoratori assicurati presso l’ente.

In secondo luogo, la Corte ha respinto i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dai controricorrenti. Citando precedenti sentenze della Corte Costituzionale (in particolare la n. 202/2008), è stato chiarito che il divario tra la retribuzione su cui si versano i contributi e quella utile ai fini del calcolo della pensione non viola i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità della tutela previdenziale. La Costituzione, infatti, non impone una “necessaria corrispondenza” tra contributi versati e prestazioni erogate. Il sistema previdenziale per i lavoratori dello spettacolo deve essere valutato nel suo complesso, e in tale contesto, il massimale rappresenta un elemento di equilibrio.

Infine, è stato precisato che la legge delega (legge n. 335/1995) non imponeva di equiparare il massimale pensionabile a quello imponibile, ma si limitava a indicare la necessità di ridefinire le aliquote contributive per garantire l’equilibrio delle gestioni.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione conferma in modo definitivo che il calcolo della pensione lavoratori spettacolo per la quota maturata dopo il 1992 deve tenere conto del massimale di retribuzione giornaliera. Questa decisione fornisce certezza giuridica, ribadendo la validità di un limite storico pensato per bilanciare un sistema previdenziale altrimenti molto vantaggioso. Per i lavoratori del settore, ciò significa che le retribuzioni giornaliere superiori a tale tetto non contribuiscono ad aumentare l’importo della pensione, un aspetto fondamentale da considerare nella pianificazione previdenziale. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà ora decidere applicando il principio di diritto stabilito dalla Cassazione.

Il limite massimo di retribuzione giornaliera si applica alla “quota B” della pensione dei lavoratori dello spettacolo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il massimale di retribuzione giornaliera pensionabile previsto dalla normativa del 1971 si applica anche alla “quota B”, ovvero alla porzione di pensione calcolata sui contributi versati a partire dal 1° gennaio 1993.

Perché il massimale retributivo è ancora valido nonostante le riforme successive?
Secondo la Corte, tale limite non è stato mai espressamente abrogato dalle leggi successive, né risulta incompatibile con esse. È considerato un elemento strutturale e coessenziale del regime previdenziale speciale e complessivamente più favorevole dedicato ai lavoratori dello spettacolo.

È costituzionale versare contributi su una retribuzione più alta di quella usata per calcolare la pensione?
Sì. La Corte, richiamando precedenti pronunce della Corte Costituzionale, ha stabilito che questa discrepanza è legittima. Il sistema previdenziale non richiede una perfetta corrispondenza tra contributi versati e prestazioni ricevute, e nel caso specifico dei lavoratori dello spettacolo, il massimale è giustificato dal fatto che il loro regime pensionistico è globalmente più vantaggioso rispetto a quello generale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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