Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31731 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31731 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11331-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N. 11331/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
avverso la sentenza n. 4687/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/11/2022 R.G.N. 610/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 4687/2022, la Corte d’Appello di Roma ha respinto in parte qua il gravame dell’Istituto averso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva accolto il ricorso di COGNOME NOME volto alla riliquidazione del supplemento di pensione ex Enpals senza l’applicazione alla cd quota B del massimale di cui all’ar t. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura, illustrato da memoria.
Resistono le eredi di COGNOME NOME con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 10 luglio 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, c.p.c.).
CONSIDERATO CHE
Con un unico motivo, l’INPS denuncia violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31 dicembre 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 30 aprile 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto che nel calcolo della quota di pensione ENPALS corrispondente alle anzianità
contributive maturate successivamente al 31 dicembre 1992 (cd quota B) non trovi applicazione il limite massimo di retribuzione pensionabile previsto dall’art 12, comma 7, del d.P.R. 1420/1971.
Il motivo è fondato.
La questione giuridica dedotta riguarda la determinazione della cd quota B dei trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo, oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo istituita presso l’Inps (suben trato all’Enpals), posto che la ‘quota A’ corrisponde «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a, del d.lgs. n.503/1992), e la ‘quota B’ «all’importo de l trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b, del citato d.lgs. n. 503/1992). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n.1420/1971.
Si registra sul punto un ormai consolidato orientamento di legittimità, in forza del quale è stato chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte eccedente delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7°, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo
modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182/1997, poiché tale limite non è stato abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né appare incompatibile con l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997, dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS (così, ex multis , Cass. n. 36056/2022, n. 36641/2022, n. 36444/2022, n. 37043/2022, n.38016/2022, n.870/2023, n.1775/2023, n. 18169/2023, n.21010/2023, n. 24526/2023, n.24555/2023, n. 27494/2023, n. 27503/2023).
Tale principio di diritto va qui ribadito, non essendo state prospettate dalle controricorrenti ragioni che inducano a discostarsi dall’orientamento consolidato, e resiste alle critiche ed ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati con riferimento all’art. 76 Cost., come già argomentato, tra le altre, in Cass. n.18169/2023, n. 18295/2023 e n.21010/2023.
Sostiene parte controricorrente che l’interpretazione adottata da questa Corte dell’art.4, comma 8 del d.lgs. n.182/1997 sarebbe in contrasto con la legge delega (art.2, comma 22, lett. a) della legge n.335/1995), laddove prevede, come criterio direttivo, la ‘commisurazione delle prestazioni’ pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti’. L’interpretazione adottata verrebbe invece a commisurare la retribuzione massima giornaliera a 315.000 lire a fronte dell’onere contributivo sostenuto sulla retribuzione massima giornaliera pari a 1.000.000 lire.
Nei citati precedenti è richiamata «C. Cost. n.202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, «purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 della Costituzione» (punto 2 del Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una «necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate», in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trasce nde l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n.173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la ‘commisurazione’ delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui all’art.2, co.22 lett . a) l. n.335/95, una volta letta non nella rigorosa accezione di ‘necessaria corrispondenza’ cui si riferisce parte controricorrente, è rispettata dall’interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n.202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in «un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto)» (Cass. n. 21010/2023).
Al riguardo, come già chiarito da Cass. n. 36056/2022 e succ. conf., va ribadito che non risponde al vero che la legge delega si sia occupata di ritoccare la disciplina del massimale retributivo pensionabile in oggetto equiparandolo al massimale imponibile, poiché l’art. 2, comma 22, della legge n. 335/1995 si è limitato ad indicare al legislatore delegato la necessità di ridefinire le aliquote contributive, tenendo conto delle esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali, di commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti ed alla salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurative. Peraltro, è lo stesso art. 2, comma 22, che, alla lett. d), indica la via di una armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è certamente il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo, più favorevole, come dianzi ricordato, per entità delle prestazioni e condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS.
La questione di legittimità costituzionale risulta, pertanto, manifestamente infondata.
Non essendosi la Corte territoriale attenuta al sopra detto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,