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Pensione lavoratori spettacolo: il massimale resta

L’istituto previdenziale ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello che aveva disapplicato il massimale di retribuzione per il calcolo della “quota B” della pensione lavoratori spettacolo. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che lo specifico limite di retribuzione giornaliera pensionabile non è stato abrogato e resta in vigore, in quanto parte di un sistema complessivamente più favorevole per questa categoria di lavoratori.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione Lavoratori Spettacolo: la Cassazione Conferma il Tetto Contributivo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sul calcolo della pensione lavoratori spettacolo, con particolare riferimento alla cosiddetta “quota B”. La Suprema Corte ha stabilito che il massimale di retribuzione giornaliera pensionabile, specifico per questa categoria, non è stato abrogato e continua ad applicarsi, anche per le anzianità maturate dopo il 31 dicembre 1992. Questa decisione ribalta l’orientamento di merito e riafferma la specialità del regime previdenziale del settore.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal ricorso di un lavoratore dello spettacolo (e successivamente dei suoi eredi) volto a ottenere la rideterminazione dei supplementi di pensione. Il lavoratore contestava il metodo di calcolo applicato dall’istituto previdenziale, in particolare per la “quota B” della pensione, sostenendo che il limite di retribuzione giornaliera pensionabile non fosse più applicabile.

La Corte d’Appello aveva dato parzialmente ragione al pensionato. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che, a seguito delle riforme legislative, il vecchio limite di retribuzione giornaliera non fosse più in vigore. Di conseguenza, avevano stabilito che dovesse applicarsi il massimale, più elevato, previsto per la generalità dei lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria.

Il Ricorso per Cassazione e la questione del massimale per la pensione lavoratori spettacolo

L’istituto previdenziale ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del ricorso verteva sulla violazione di legge, sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente disapplicato la normativa specifica per i lavoratori dello spettacolo. Secondo l’istituto, il massimale previsto dall’art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971, seppur modificato nel tempo, non era mai stato abrogato, né espressamente né per incompatibilità con le norme successive.

Prima di entrare nel merito, la Suprema Corte ha respinto un’eccezione preliminare di “giudicato interno” sollevata dai controricorrenti. Questi ultimi sostenevano che una parte della decisione di merito fosse ormai definitiva. La Corte ha chiarito che il ricorso dell’istituto contestava in radice il criterio di calcolo, investendo l’intera “sequenza minima” fatto/norma/effetto, impedendo così la formazione di un giudicato parziale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso dell’istituto previdenziale. Richiamando la propria consolidata giurisprudenza, ha affermato un principio di diritto cruciale: nel calcolo della “quota B” della pensione lavoratori spettacolo, non si considerano le retribuzioni giornaliere che eccedono il limite specifico fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, come successivamente aggiornato.

I giudici hanno spiegato che tale limite non è stato abrogato né espressamente né implicitamente. La fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile è una caratteristica coessenziale alla disciplina speciale di questo settore. Questa specialità si manifesta in un sistema complessivamente più favorevole per gli iscritti, sia per l’entità delle prestazioni che per le condizioni di accesso alla pensione, rispetto a quello previsto per la generalità dei lavoratori. Pertanto, il mantenimento di questo specifico massimale contribuisce a bilanciare i diversi interessi di rilievo costituzionale in gioco e a garantire la sostenibilità del sistema.

Le conclusioni

In accoglimento del ricorso, la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d’Appello e ha rinviato la causa allo stesso giudice, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio di diritto enunciato, ricalcolando la pensione sulla base della perdurante vigenza dello specifico massimale di retribuzione giornaliera previsto per i lavoratori dello spettacolo. La decisione riafferma l’autonomia e la specialità del fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo, sottolineando come le norme specifiche prevalgano su quelle generali quando non espressamente abrogate.

Qual è la questione principale decisa dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza?
La questione principale riguarda la validità del massimale di retribuzione giornaliera pensionabile specifico per i lavoratori dello spettacolo ai fini del calcolo della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate dopo il 31 dicembre 1992.

Il massimale di retribuzione per la pensione dei lavoratori dello spettacolo è stato abrogato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale limite, previsto da una normativa specifica (art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 e successive modifiche), non è stato abrogato né espressamente né per incompatibilità dalle leggi successive e pertanto resta pienamente in vigore.

Perché viene mantenuto un massimale specifico per questa categoria di lavoratori?
Secondo la Corte, questo massimale è un elemento essenziale di un sistema previdenziale che, nel suo complesso, è più favorevole per i lavoratori dello spettacolo (in termini di entità delle prestazioni e condizioni di accesso) rispetto a quello della generalità dei lavoratori. Il limite contribuisce a bilanciare il sistema.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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