Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8571 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8571 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5230-2023 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3287/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/09/2022 R.G.N. 69/2018;
Oggetto
R.G.N.5230NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud.31/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 21.9.2022 n. 3287, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto il ricorso promosso da NOME COGNOME, volto a chiedere la rideterminazione dei supplementi di pensione erogati dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, gestione ex RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con le decorrenze meglio indicate in ricorso. La Corte territoriale, in via preliminare, riteneva che la novella dell’art. 47 u.c. del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 1 lettera d) del DL n. 98/21, che aveva reso applicabile il termine triennale di decadenza previsto per le controversie in tema di prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, si applicasse anche alle prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche oggetto di causa, riconosciute prima della novella dell’art. 47 intervenuta con il DL 98/11, e ciò, attraverso l’istituto della decadenza cd. mobile, per i ratei RAGIONE_SOCIALEstici maturati fino al triennio precedente alla domanda giudiziale, per cui la pensionata era decaduta dal diritto a richiedere tali ratei RAGIONE_SOCIALEstici maturati, come detto, fino al triennio precedente all’azione intrapresa. Nel merito, il giudice di secondo grado, con riguardo all’individuazione del criterio di calcolo della cd. quota B della pensione e conseguentemente, dell’ammontare del rateo RAGIONE_SOCIALEstico, ha ritenuto non più sussistente il limite di retribuzione giornaliera pensionabile di lire 315.000, sia pure rivalutato a partire dal gennaio 1998, in quanto il rinvio operato dall’art. 1 del d.lgs. n. 182/97 all’art. 12 comma 7 del DPR n.
1420/71 non impone, diversamente da quanto affermato
dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, di tenere in ogni caso fermo tale limite in riferimento alla cd. quota B.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, illustrato da memoria, mentre NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello specificamente previsto per i trattamenti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dall’art. 12 del DPR n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
Il motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di RAGIONE_SOCIALE di anzianità in favore dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992
dai RAGIONE_SOCIALE iscritti al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
In riferimento alla sollevata questione di legittimità costituzionale (pp. 22 e ss. del controricorso), sostiene parte controricorrente che l’interpretazione del d. lgs. n. 182-97, art. 4, comma 8 adottata da questa Corte sarebbe in contrasto con la legge delega (art. 2, comma 22, lett. a n. 335/95), laddove prevede, come criterio direttivo, la “commisurazione delle prestazioni” RAGIONE_SOCIALEstiche agli oneri contributivi sostenuti”. L’interpretazione adottata verrebbe invece a commisurare la retribuzione massima giornaliera a 315.000 lire a fronte dell’onere contributivo sostenuto sulla retribuzione massima giornaliera pari a 1.000.000 lire.
Ora, nelle citate sentenze si è richiamata C. Cost. n. 202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, “purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all’art. 38 della Costituzione” (punto 2 del Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una “necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate”, in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n. 173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la “commisurazione” delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui alla l. n. 335-95, art. 2, comma 22 lett. a), una volta letta non nella rigorosa accezione di “necessaria corrispondenza” cui si riferisce parte controricorrente, è rispettata dall’interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n. 202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in “un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce” (punto 3 del Considerato in diritto).
La questione di legittimità costituzionale sollevata risulta, pertanto, manifestamente infondata (cfr. Cass. n. 21010/23). In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma,