Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19180 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29146-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2789/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/06/2022 R.G.N. 1753/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto
R.G.N. 29146/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
Con sentenza del giorno 21.6.2022 n. 2789, la Corte d’appello di Roma accoglieva la domanda, proposta da NOME COGNOME volta a chiedere la rideterminazione dei supplementi di pensione erogati dall’Inps, gestione ex Enpals, con le decorrenze meglio indicate in ricorso, avverso la sentenza del Tribunale di Roma che era stata annullata dalla Corte del merito per lesione del contraddittorio, essendo intervenuta la pubblicazione della deliberazione della sentenza anteriormente alla scadenza dei termini di deposito delle memorie conclusionali e delle repliche. Nel merito, la Corte d’appello, con riguardo all’individuazione del criterio di calcolo della cd. quota B della pensione e conseguentemente, dell’ammontare del rateo pensionistico, ha ritenuto non più sussistente il limite di retribuzione giornaliera pensionabile di lire 315.000, sia pure rivalutato a partire dal gennaio 1998, in quanto il rinvio operato dall’art. 1 del d.lgs. n. 182/97 all’art. 12 comma 7 del d.P.R. n. 1420/71 non impone, diversamente da quanto affermato dall’Inps, di tenere in ogni caso fermo tale limite in riferimento alla cd. quota B.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre NOME ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un
massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del d.P.R. n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
Con il secondo motivo, l’Istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 16 della legge n. 412/91, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva condannato l’Inps a pagare, sulle differenze maturate sui ratei arretrati, gli interessi e la rivalutazione monetaria.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del
medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la regola posta dalla L. n. 412 del 1991, art. 16, sancisce il divieto di cumulo degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle prestazioni dovute dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria; il principio affermato, pur nel rispetto dei vincoli posti dall’art. 38 Cost., trova la sua giustificazione nell’esigenza di una più adeguata ponderazione dell’interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica, nell’attuale contesto di progressiva alterazione e deterioramento degli equilibri della finanza pubblica (in tal senso, cfr. principalmente Cass., Sez. Un. 6928 del 2018, Cass. n. 3402/21);
In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.