Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10425-2021 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso, dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA , INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocat a NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 1885 del 2020 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 12 ottobre 2020 (R.G.N. 1003/2018).
R.G.N. 10425/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 28/11/2024
giurisdizione Pensione dei lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘ quota B ‘ . Decadenza.
Prescrizione.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 1885 del 2020, depositata il 12 ottobre 2020, la Corte d’appello di Roma , in parziale riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato il diritto del signor NOME COGNOME, lavoratore dello spettacolo, titolare di pensione a carico della gestione ex RAGIONE_SOCIALE con decorrenza dal primo aprile 2002, di ottenere il ricalcolo della ‘quota B’ della pensione in base alla retribuzione effettivamente percepita, senza limiti di sorta.
1.1. -I giudici d’appello hanno disatteso, in primo luogo, l’eccezione di decadenza, osservando che il termine triennale introdotto dall’art. 38, comma 1, lettera d ), numero 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, non opera per le domande concernenti l’adeguamento di prestazioni liquidate prima del 6 luglio 2011, data d’entrata in vigore della nove lla. Nessuna decadenza è dunque maturata per la pensione decorrente dal primo aprile 2002 e per il supplemento decorrente dal primo aprile 2007.
Nel caso di liquidazioni successive a questa data, la decadenza non opera in maniera indiscriminata, ma con esclusivo riguardo ai ratei che si collocano nel triennio che precede il deposito del ricorso. Per il supplemento decorrente dal primo aprile 2012, la decadenza opera, pertanto, per «i soli ratei maturati in epoca precedente al triennio decorrente dal deposito del ricorso (21 luglio 2016) e quindi quelli anteriori al luglio 2013 (in particolare periodo aprile 2012-giugno 2013), sussistendo il diritto alla riliquidazione della prestazione e alla corresponsione delle relative differenze per il periodo da luglio 2013 in avanti» (pagina 4 della sentenza d’appello).
1.2. -Quanto alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, il termine quinquennale, destinato ad applicarsi
soltanto dal 6 luglio 2011, è stato interrotto il 21 luglio 2016, data di deposito del ricorso.
1.3. -Nella determinazione della ‘quota B’ della pensione, corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo gennaio 1993, non si applica il tetto massimo previsto, per la retribuzione giornaliera pensionabile, dall’art. 12, settim o comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420: il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, ha dettato a tale riguardo una disciplina innovativa e autosufficiente e, all’art. 4, comma 8, non racchiude alcun riferimento al tetto in esame.
-L ‘INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
-Resiste con controricorso il signor NOME COGNOME.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, come novellato dall’art. 38, comma 1, lettera d ), numero 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’escludere la decadenza triennale per le domande di riliquidazione delle prestazioni pensionistiche, aventi ad oggetto l’adeguamento di prestazioni
riconosciute in misura inferiore a quella dovuta e liquidate prima del 6 luglio 2011.
Nel caso di specie, la domanda giudiziaria sarebbe stata proposta soltanto il 21 luglio 2016, e dunque ben oltre il termine triennale di decadenza, che riguarderebbe non soltanto il supplemento di pensione liquidato con decorrenza dall’aprile 2012, ma anch e quello liquidato dall’aprile 2007 e la pensione decorrente dall’aprile 2002. Dal compimento della decadenza discenderebbe la radicale inammissibilità della domanda tardiva, in ragione dell’inapplicabilità del meccanismo della ‘decadenza mobile’.
1.1. -Il motivo è fondato, nei limiti di séguito esposti.
1.2. -In coerenza con i princìpi enunciati in termini generali sulla disciplina introdotta dall’art. 3 8, comma 1, lettera d ), numero 1, del d.l. n. 98 del 2011 (Cass., sez. VI-L, 6 maggio 2021, n. 11909), questa Corte ha puntualizzato che, anche per i trattamenti pensionistici corrisposti ai lavoratori dello spettacolo, la decadenza triennale prevista dall’ art. 47, ultimo comma, del d.P.R. n. 639 del 1970 si applica anche alla riliquidazione dei trattamenti pensionistici già in essere, con decorrenza dalla data d’entrata in vigore della novella (Cass., sez. lav., 1° giugno 2023, n. 15623).
Né la parte controricorrente ha prospettato argomenti risolutivi per indurre a rimeditare le conclusioni cui questa Corte è approdata anche di recente, rilevando che «il termine di decadenza introdotto dall ‘ art. 38 trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate ma solo a decorrere dall ‘ entrata in vigore della citata disposizione (6/7/2011) e, come già ritenuto dalla sentenza n. 28416/20, è evitata dalla proposizione dell ‘ azione giudiziaria, non anche dalla domanda amministrativa» (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35134, punto 7 del Rilevato ).
La sentenza d’appello (pagina 3) presta, dunque, il fianco alle censure del ricorrente, nella parte in cui esclude in radice l’applicabilità
della decadenza alle richieste di adeguamento di trattamenti pensionistici, solo perché liquidati prima della data di entrata in vigore della novella.
1.3. -Tale decadenza, nondimeno, si applica «solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale mentre non si estende ai ratei della pensione maturati successivamente» (Cass., sez. lav., 13 giugno 2023, n. 16860, punto 10 del Considerato ), in quanto una diversa interpretazione, «travolgendo anche i ratei infratriennali e soprattutto futuri, sarebbe incompatibile con l’art. 38 Cost. tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardasse il nucleo essenziale della prestazione» (Cass., sez. lav., 29 dicembre 2022, n. 38015).
La decadenza, dunque, non può che essere applicata in linea con il meccanismo della ‘decadenza mobile’, nei termini confermati anche di recente da questa Corte (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 3.2. del Rilevato ), sulla scorta di rilievi che l’Istituto, nella memoria illustrativa, non scalfisce in maniera adeguata.
-Con il secondo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia violazione dell’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420, e dell’art. 4 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, e lamenta che la sentenza d’appello, nella determinazione della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate dopo il 31 dicembre 1992, non abbia tenuto conto del limite massimo di retribuzione pensionabile di cui al menzionato art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
2.1. -La censura è ammissibile.
2.1.1. -Dev’essere disattesa l’eccezione che, in via preliminare, ha sollevato il controricorrente, imputando all’Istituto di non aver censurato le affermazioni sull’inapplicabilità dell’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e del richiamo ai limiti
massimi della retribuzione pensionabile, vigenti nei diversi ordinamenti. Ad avviso del controricorrente, tali affermazioni sarebbero di per sé idonee a sorreggere la decisione adottata (pagine 33 e 34 del controricorso).
2.1.2. -Come questa Corte ha evidenziato nel reputare infondate eccezioni di analogo tenore, «Il ricorso dell ‘ INPS contesta in radice il percorso argomentativo dei giudici d ‘ appello, in tutti i passaggi in cui si dipana, e il giudicato non si forma sulle singole asserzioni della sentenza, ma sull ‘ unità minima di decisione che ricolleghi a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683). L ‘ unità minima di decisione, nel caso di specie, investe l ‘ attribuzione del trattamento previdenziale senza l ‘ applicazione del limite retributivo e, in ragione delle specifiche censure formulate dall ‘ INPS sia in appello che in questa sede, la materia è ancora controversa in tutti i profili che la contraddistinguono» (fra le molte, Cass., sez. lav., 16 giugno 2023, n. 17278, punto 2.2. delle Ragioni della decisione ; nello stesso senso, di recente, Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 4.1. del Rilevato ).
2.2. -La censura è fondata.
2.2.1. -Nel presente giudizio si controverte sulla determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo e corrispondente agli anni di anzianità contributiva che decorrono dal primo gennaio 1993. La questione devoluta dal ricorrente investe l ‘ applicazione, anche alla ‘ quota B ‘ , del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, sancito dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
2.2.2. -Questa Corte ha oramai consolidato il seguente principio di diritto: «Nella determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai
fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dal l’art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 182 del 1997» (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36056, punto 24 delle Ragioni della decisione ).
Si deve ritenere , in difetto di un’abrogazione espressa e di un rapporto d’incompatibilità tra la disciplina previgente e quella posteriore, «che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all ‘ entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l ‘ INPS» (Cass., sez. lav., 18 ottobre 2024, n. 27065, n. 27016 e n. 27015).
2.2.3. -A tali conclusioni, ribadite anche di recente (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35135 e n. 35134, e 11 dicembre 2024, n. 31897), questa Corte è pervenuta in virtù dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando in molteplici occasioni gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso (fra le molte, anche Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24245).
Nell’odierno giudizio, il controricorrente non ha addotto argomenti idonei a infirmare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama, nella memoria illustrativa.
2.2.4. -La sentenza d’appello non si è attenuta ai princìpi indicati, nel l’affermare che la ‘quota B’ non è più assoggettata al tetto di cui all’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971 .
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente si duole, infine, della violazione degli artt. 2943, 2938 e 2946 cod. civ. e addebita alla Corte d’appello di Roma di non aver valutato la prescrizione anche alla luce della normativa antecedente al d.l. n. 98 del 2011, che la ancorava al decorso di un decennio, in virtù delle previsioni del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155. La sentenza d’appello sarebbe c ensurabile anche nella parte in cui correla il decorso della prescrizione alla data di deposito del ricorso, anziché al momento della notificazione.
3.1. -La censura coglie nel segno, nei termini di séguito precisati.
3.2. -L ‘ effetto interruttivo della prescrizione esige che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell ‘ atto giudiziale o stragiudiziale del creditore.
Pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, l’effetto interruttivo non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adìto, ma con la notificazione dell ‘ atto al convenuto (Cass., sez. lav., 24 giugno 2009, n. 14862; nello stesso senso, Cass., sez. VI-III, 15 febbraio 2017, n. 4034).
3.3. -La sentenza d’appello, come anche la parte controricorrente rimarca (pagina 51 del controricorso), ha erroneamente collegato al mero deposito del ricorso l’effetto interruttivo della prescrizione.
3.4. -Tale profilo si rivela dirimente e impone di rinnovare l’esame della questione della prescrizione, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie acquisite al processo e di tutti gli atti interruttivi debitamente comprovati (Cass., S.U., 27 luglio 2005, n. 15661), su cui le parti, anche in questa sede, non mancano di soffermarsi.
Trattandosi di una quaestio iuris , si dovranno ponderare tutte le previsioni normative pertinenti.
La riserva alla parte del potere di sollevare l ‘ eccezione di prescrizione implica che essa abbia solo l’ onere di allegare l’ elemento
costitutivo dell’inerzia del titolare del diritto dedotto in causa e di manifestare la volontà di profittare di quell ‘ effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente le norme applicabili al caso di specie, indicazione che comunque non vincola il giudice. Ne consegue che spetta al giudice l’individuazione della normativa destinata a regolare il caso di specie (Cass., S.U., 25 luglio 2002, n. 10955; di recente, Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683).
4. -Dai rilievi svolti discendono l’accoglimento del ricorso , per quanto di ragione, e la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte.
5. -La causa è rinviata alla Corte d’appello di Roma, che, in diversa