SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 265 2025 – N. R.G. 00000476 2024 DEL 28 04 2025 PUBBLICATA IL 28 04 2025
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REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
La Corte di Appello di Firenze
Sezione lavoro
così composta:
dr. NOME COGNOME
Presidente
dr. NOME COGNOME
Consigliera rel.
dr. NOME COGNOME
Consigliera
nella causa iscritta al n. 476 / 2024 RG,
promossa da
Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME
appellante
contro
Avv. NOME COGNOME
appellato
avente ad oggetto: appello della sentenza n. 70 / 2024 del Tribunale di Lucca quale giudice del lavoro, pubblicata il 6 febbraio 2024
all’esito della camera di consiglio dell’ udienza 15 aprile 2025
con lettura del dispositivo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Questa in sintesi la vicenda controversa, ricostruita sulla base degli atti e dei documenti delle parti,
di nazionalità albanese, era presente in Italia con un permesso di soggiorno per cure mediche rilasciato il 21 marzo 2022, con scadenza il 20 gennaio 2023 (doc. 1 ric. 1°), titolo che in seguito senza soluzione di continuità era stato rinnovato fino al 20 settembre 2023, e di nuovo fino al 22 marzo 2025 (essendo attualmente in corso la procedura di ulteriore rinnovo)
-il 21 giugno 2022 egli aveva proposto domanda amministrativa per il riconoscimento dell’invalidità civile, ed alla relativa visita del 16 settembre 2022 era stato riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa al 100%, con decorrenza dalla stessa domanda (doc. 2 ric. 1°)
-tuttavia, il 20 settembre 2022 l gli aveva comunicato il rigetto della domanda di prestazione poiché (all’epoca) egli era titolare di un permesso di soggiorno di durata inferiore ad un anno (doc. 3 ric. 1°)
-aveva convenuto l avanti al Tribunale di Lucca chiedendo il riconoscimento della pensione di invalidità civile con decorrenza dalla domanda amministrativa del 21 giugno 2022 poiché era stata proposta in presenza del requisito sanitario (100% di invalidità civile accertato alla visita amministrativa del 16 settembre 2022), mentre egli era titolare del permesso di soggiorno per cure mediche di 10 mesi di durata, ottenuto quale cittadino straniero in condizioni di salute di particolare gravità (art. 19 comma 2 lett. D bis D. Lgvo n. 286/1998)
-a sostegno della domanda, aveva invocato la giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo la quale erano illegittime le norme che escludevano le prestazioni di invalidità civile per gli stranieri extra Unione europea non titolari di carta di soggiorno / permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; aveva affermato che, in caso di prestazioni destinate a sostenere la persona ed a salvaguardare condizioni di vita accettabili nel contesto familiare, qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti in Italia sarebbe stato ingiustificato, per contrasto con il principio di non discriminazione
-in concreto, il diritto alla prestazione di invalidità civile spettava poiché, al momento della domanda amministrativa, egli era in possesso dei relativi requisiti sanitari, nonché di un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, e quindi non occasionale o di breve durata secondo l’art. 4 comma 4 D. Lgvo n. 286/1998
-l aveva chiesto il rigetto della domanda sul presupposto che, secondo la medesima giurisprudenza costituzionale ed illegittimità, le prestazioni di invalidità civile potevano essere riconosciute agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia solo a condizione che il permesso fosse della durata di almeno un anno (durata prevista allo scopo dall’art. 41 TU Immigrazione)
-con la sentenza appellata, il tribunale aveva accolto la domanda ritenendo che la giurisprudenza richiamata da entrambe le parti debba interpretarsi nel senso che le prestazioni di invalidità civile spettavano agli stranieri forniti dei relativi requisiti sanitari, purché presenti in Italia con un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, che in quanto tale doveva ritenersi non occasionale o di breve durata ai sensi dell’art. 41 comma 4 D. Lgvo n. 286/1998; per di più, se al momento della domanda amministrativa il ricorrente era fornito di un permesso di soggiorno di durata maggiore di tre mesi, in seguito aveva ottenuto successivi rinnovi per ulteriori anni; una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in tema di invalidità civile doveva portare ad accogliere le domande dei titolari di permesso di soggiorno per cure mediche, trattandosi di coloro che erano autorizzati a permanere sul territorio nazionale in conseguenza di un grave stato patologico, poiché nemmeno potevano rientrare nel paese di origine; le spese di lite erano compensate per intero per la novità della questione giuridica dirimente.
aveva appellato la sentenza per violazione dell’art. 41 del D. Lgvo n. 286/1998 TU immigrazione e condizione dello straniero.
In fatto, aveva evidenziato che, al momento della domanda amministrativa del giugno 2022, l’appellato disponeva di un permesso di soggiorno per cure mediche di durata inferiore a un anno, rilasciato nel marzo 2022 con scadenza a gennaio 2023. Era invece irrilevante che, in seguito, tale permesso fosse stato rinnovato fino ad oltre l’anno complessivo di durata. Secondo la regola generale propria delle condizioni dell’azione, la durata superiore ad un anno non poteva emergere a posteriori (sommando la durata originaria con quella dei successivi rinnovi), bensì doveva essere presente già in relazione al titolo posseduto in origine al momento della domanda.
In diritto, aveva aggiunto che la regola secondo la quale le prestazioni di invalidità civile non potevano essere riconosciute agli stranieri non comunitari che soggiornavano in Italia in modo episodico o con titoli di breve durata era stabilita dallo stesso art. 41 TU Immigrazione che, a tal fine, poneva il discrimine della durata annuale del permesso di soggiorno.
si era costituito chiedendo il rigetto dell’appello, con conferma della sentenza.
In fatto, il permesso di soggiorno originario della durata di 10 mesi, di cui egli era titolare al momento della domanda amministrativa per la prestazione di invalidità civile, nelle more del primo grado era stato rinnovato fino al 22 settembre 2023, ed in seguito ancora fino al 22 marzo 2025 (essendo attualmente pendente la procedura per l’ulteriore rinnovo). La sua presenza in Italia non era quindi episodica bensì di lunga durata, e ciò proprio per motivi di cura della grave patologia per la quale era già stato riconosciuto invalido civile al 100%, in occasione della visita amministrativa che gli aveva attribuito i requisiti sanitari con decorrenza dalla domanda amministrativa.
In diritto, aveva invocato una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 41 TU Immigrazione, che si imponeva in materia di diritti fondamentali della persona, come le prestazioni di invalidità civile per coloro che fossero forniti del più alto grado di invalidità per motivi sanitari, se stranieri purché regolarmente soggiornanti nel territorio italiano in modo non occasionale né di breve durata.
§§§
Secondo il collegio, l’appello è infondato e va respinto.
Il presente giudizio ruota essenzialmente sui principi di diritto ricavabili dalla interpretazione fornita dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità della disciplina statale in materia di prestazioni di invalidità civile per gli stranieri extra unione europea che non siano forniti del titolo di soggiorno quinquennale in Italia.
All’esito di tale complessa vicenda giurisprudenziale, secondo l’appello dell sarebbe venuta meno la sola previsione normativa della necessità di un titolo di soggiorno quinquennale (collegato peraltro a un requisito reddituale che mal si concilia con le prestazioni di invalidità civile), mentre rimane comunque ferma la necessità di un titolo di soggiorno almeno annuale (come espressamente richiesto dall’art. 41 D. Lgvo n. 286/1998, ancora in vigore), del quale al momento della domanda amministrativa l’appellato era pacificamente privo.
al contrario, secondo il tribunale, che sul punto recepiva la prospettazione dell’appellato, lo stesso art. 41 cit. doveva essere interpretato in modo costituzionalmente orientato nel senso che il discrimine per la prestazione di invalidità civile non era la durata ultra annuale del permesso posseduto al momento della domanda amministrativa di invalidità civile, bensì un permesso riferito ad un soggiorno non episodico né di breve durata (da valutare in concreto).
Nel caso in esame si discute quindi esclusivamente del valore da attribuire ai titoli di soggiorno dell’appellato.
Non vi sono infatti ulteriori questioni a proposito del fatto che, al momento della domanda amministrativa del giugno 2022, egli fosse invalido con inabilità lavorativa totale e permanente al 100%, come accertato nella visita eseguita in sede amministrativa. Né vi sono dubbi sul fatto che egli fosse fornito del requisito reddituale della pensione di invalidità civile, quale prestazione spettante sulla base di tale requisito sanitario.
il permesso di cui l’appellato era fornito al momento della domanda amministrativa era per 10 mesi, rilasciato nel marzo 2022 con scadenza al gennaio 2023.
In seguito, senza soluzione di continuità, era stato rinnovato più volte fino all’ultima scadenza di marzo 2025, essendo al momento in fase di ulteriore rinnovo (doc. C memoria di costituzione in appello).
In proposito, l aveva censurato la valutazione del tribunale secondo il quale tale titolo era sufficiente ai fini della prestazione di invalidità civile, affermando la violazione dell’art. 41 D. Lgvo n. 286/1998 che subordinava il riconoscimento del diritto al possesso di un permesso di soggiorno di durata almeno annuale, esistente al momento stesso nel quale la domanda amministrativa era proposta ed i requisiti sanitari sussistevano.
Per contro, secondo il Collegio, la sentenza appellata deve essere confermata nei suoi riferimenti normativi e giurisprudenziali, secondo i quali una volta che è stata dichiarata incostituzionale la regola nazionale che esigeva la carta di soggiorno quinquennale / permesso di soggiorno di lunga durata, in presenza dei requisiti sanitari ed amministrativi delle prestazioni di invalidità civile (nel caso in esame pacifici), ai fini del riconoscimento del diritto non era più dirimente la durata annuale del permesso di soggiorno di cui la parte era titolare al momento della domanda amministrativa.
Piuttosto, l’unico requisito perché non fosse discriminatorio il diverso trattamento riservato agli invalidi stranieri rispetto ai cittadini italiani era che il soggiorno dei primi in Italia fosse legittimo, nonché non occasionale né di breve durata.
La giurisprudenza di legittimità, a sua volta ispirata da quella costituzionale richiamata negli atti delle parti (Corte Cost. sentenze n. 306/2008, n. 11/2009, n. 187/2010, n. 329/2011, n. 40/2013, n. 22/2015), fondava la decisione qui appellata.
Secondo Cass. n. 28141/2021:,.
Ancora più centrata sulla questione qui dirimente, Cass. n. 13789/2021 aveva riconosciuto il diritto ad una prestazione di invalidità civile in favore di un straniero extra Unione europea privo della carta di soggiorno, e il cui titolo di soggiorno in Italia per durata ultra annuale non si fondava sulla durata originaria del permesso di cui egli era titolare al momento della domanda amministrativa per la prestazione di invalidità civile, bensì sulla sommatoria dei diversi permessi di soggiorno che con continuità egli aveva ottenuto nel tempo, anche successivo alla domanda amministrativa. In proposito, Cass. n. 13789/2021 aveva affermato che:
– in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale della disciplina in materia di prestazioni di invalidità civile per gli stranieri extra Unione europea che condizionava il diritto al titolo quinquennale di soggiorno in Italia, il fatto che fosse ancora vigente l’art. 41 D. Lgvo n. 286/1998, riferito alla durata ultrannuale del permesso di soggiorno quale presupposto per le prestazioni di invalidità civile, non rappresentava un ostacolo al riconoscimento di tale diritto in situazioni nelle quali tale durata ultra annuale si potesse comunque ottenere per la sommatoria di permessi di soggiorno ottenuti nel tempo
– la giurisprudenza costituzionale aveva escluso la necessità di un titolo di soggiorno quinquennale quale presupposto per attribuire a cittadini extra Unione europea le prestazioni di invalidità civile che coinvolgono valori essenziali (salvaguardia della salute, esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio personale e sociale, doveri di assistenza per le famiglie), a tal fine ponendo l’unico limite del soggiorno legale da tempo apprezzabile ed in modo non episodico
– in fatto, il giudice di merito poteva valutare in modo adeguato il carattere non episodico e di non breve durata della permanenza legale dello straniero in Italia, tenendo conto dei permessi di soggiorno ripetutamente ottenuti, al di là della durata di ciascuno di essi e di indipendentemente da quale fosse la durata dello specifico permesso ottenuto al momento in cui la prestazione di invalidità civile era richiesta, in presenza dei relativi requisiti sanitari sussistevano.
In conclusione, l’applicazione al caso in esame del complesso di tale principi conferma l’accoglimento della domanda disposto dal tribunale.
Va infine considerato che, da un lato, il permesso di soggiorno per la durata di 10 mesi di cui era titolare l’appellato al momento della domanda di invalidità civile mostrava già una presenza non episodica e non di breve durata in Italia.
Dall’altro lato, il permesso di soggiorno per ragioni di cura (art. 19 comma 2 lett. d bis D. Lgvo n. 286/1998) è previsto per una durata temporale non superiore ad un anno, ma è prorogabile senza limiti al persistere delle necessità sanitarie che ne giustificano il rilascio. Quindi, a fronte di uno straniero che da anni risiede stabilmente in Italia sulla base di permessi di soggiorno per ragioni di cura sempre rinnovati, sarebbe irragionevole escludere una prestazione di
invalidità civile, essenziale per lui e la sua famiglia, per il solo motivo che al momento della domanda amministrativa la Questura gli aveva rilasciato un titolo di durata inferiore all’anno.
Spese di lite e C.U.
Le spese di lite di secondo grado seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo in relazione agli importi minimi dello scaglione di valore indeterminabile di complessità bassa, esclusa la fase istruttoria non svolta nel presente grado che si è esaurito in un’unica udienza di discussione e decisione sulla base degli atti e dei documenti.
Le spese vanno distratte in favore della procuratrice NOME COGNOME che si è dichiarata antistataria
Nei confronti dell soccombente, vanno dichiarati i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e conferma la sentenza appellata.
Condanna l al pagamento delle spese di lite, liquidate in €. 3.473,00 oltre spese generali 15% Iva e Cpa, da distrarre in favore della procuratrice antistataria NOME COGNOME.
Dichiara che nei confronti dell sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
Firenze, 15 aprile 2025.
La Consigliera est.
dr. NOME COGNOME
La Presidente dr. NOME COGNOME