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Pensione in salvaguardia: i requisiti da non superare

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della pensione in salvaguardia per i lavoratori in mobilità. Il beneficio, che consente di accedere alla pensione con le vecchie regole, non spetta se il lavoratore, durante il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, matura anche i più sfavorevoli requisiti introdotti dalla riforma del 2011. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva concesso la pensione senza verificare questa condizione fondamentale.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione in salvaguardia: quando il beneficio non spetta più

Il tema della pensione in salvaguardia è cruciale per molti lavoratori che si sono trovati a ridosso dell’età pensionabile durante le grandi riforme previdenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il beneficio della salvaguardia, che consente di andare in pensione con le vecchie regole, è subordinato a una condizione precisa. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice, posta in mobilità, si era vista riconoscere sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello il diritto alla pensione di vecchiaia con decorrenza da luglio 2015, in applicazione delle norme di salvaguardia. I giudici di merito avevano ritenuto che le regole più favorevoli si applicassero a prescindere dalle modifiche introdotte dalla riforma previdenziale del 2011.

Contro questa decisione, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare la disciplina, ignorando un presupposto essenziale per l’accesso al beneficio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’INPS, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il Collegio ha ribadito un orientamento ormai consolidato in materia.

La condizione chiave per la pensione in salvaguardia

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione delle norme sulla cosiddetta “salvaguardia”. Questo meccanismo è stato introdotto per tutelare i lavoratori prossimi alla pensione dai nuovi e più stringenti requisiti introdotti dalla riforma del 2011 (la c.d. “Riforma Fornero”).

La Corte ha specificato che il diritto ad accedere alla pensione con le regole previgenti è concesso ai lavoratori in mobilità a una condizione precisa: che essi, durante il periodo in cui percepiscono l’indennità di mobilità, non abbiano maturato anche i nuovi e più sfavorevoli requisiti pensionistici introdotti dalla riforma.

L’errore della Corte d’Appello

Secondo la Cassazione, i giudici di merito hanno commesso un errore non verificando il rispetto di questa condizione. Hanno concesso il beneficio della pensione in salvaguardia senza accertare se la lavoratrice, nel corso del periodo di mobilità, avesse raggiunto anche i requisiti previsti dalle nuove norme. In pratica, la salvaguardia opera solo se il lavoratore matura i vecchi requisiti prima o in assenza della maturazione di quelli nuovi.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su una lettura sistematica delle norme di salvaguardia. Queste norme non sono un diritto acquisito incondizionatamente, ma un beneficio finalizzato a proteggere chi, altrimenti, sarebbe stato penalizzato dal brusco cambiamento normativo. Se un lavoratore matura i requisiti secondo il nuovo sistema, viene meno la stessa ragione giustificatrice della tutela. Il principio affermato, dunque, è che la salvaguardia non crea un doppio binario permanente, ma offre una via d’uscita solo a chi non rientra ancora nel nuovo regime. La Corte ha richiamato numerosi precedenti conformi, dimostrando la solidità di tale interpretazione e censurando la decisione della Corte d’Appello per non essersi attenuta a questo consolidato principio di diritto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che l’accesso alla pensione in salvaguardia per i lavoratori in mobilità è un diritto condizionato. Non è sufficiente maturare i requisiti secondo le vecchie regole durante il periodo di mobilità. È anche necessario non aver maturato, nello stesso periodo, i requisiti previsti dalla normativa successiva. I lavoratori e i loro consulenti devono quindi prestare massima attenzione a questa “doppia verifica”, poiché la maturazione dei nuovi requisiti fa venir meno il diritto alla tutela e, di conseguenza, al trattamento pensionistico più favorevole. La causa tornerà ora davanti alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nuovamente applicando correttamente questo principio.

A quali condizioni un lavoratore in mobilità può accedere alla pensione in salvaguardia?
Un lavoratore in mobilità può accedere alla pensione secondo le regole più favorevoli vigenti prima della riforma del 2011 a condizione che, durante il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, non abbia maturato anche i più sfavorevoli requisiti pensionistici introdotti dalla nuova legge.

Cosa succede se un lavoratore matura i requisiti della riforma Fornero durante la mobilità?
Se il lavoratore matura i requisiti pensionistici introdotti dalla riforma del 2011 (d.l. 201/2011) mentre percepisce l’indennità di mobilità, perde il diritto ad avvalersi del beneficio della salvaguardia e quindi ad accedere alla pensione con le vecchie regole.

Qual è stato l’errore del giudice di secondo grado in questo caso?
L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non aver applicato il principio di diritto consolidato, riconoscendo il diritto alla pensione in salvaguardia senza verificare se la lavoratrice avesse anche maturato, nel corso del periodo di mobilità, i nuovi requisiti pensionistici meno favorevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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