Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25646 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4055-2019 proposto da:
COGNOME in proprio e quale erede di COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME quale erede di COGNOME, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 740/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/07/2018 R.G.N. 173/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Riliquidazione pensione estera salvaguardia
R.G.N. 4055/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
Con sentenza n. 740 del 2018 la Corte di appello di Bologna
decidendo a seguito di rinvio da parte della Corte di Cassazione che aveva accolto il ricorso proposto dall’Inps e cassato la sentenza della Corte di appello di Bologna che aveva ritenuto fondate le domande avanzate da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’INPS, di ricalcolo delle pensioni “VO” di cui erano titolari, con le decorrenze per ciascuno indicate, sulla base delle ultime retribuzioni effettivamente percepite per effetto del cumulo della contribuzione versata in Svizzera, ove avevano lavorato ma solo nei limiti della prescrizione decennale calcolata a ritroso con riguardo ai rispettivi ricorsi amministrativi -rigettava l’appello degli assicurati .
La sentenza della Cassazione aveva ritenuto corretto il computo della retribuzione pensionabile effettuato dall’Istituto che aveva riparametrato la retribuzione effettivamente percepita all’estero in relazione all’inferiore aliquota contributiva ivi applicata. La Corte cassando la sentenza della Corte di merito ritenne che il computo adottato fosse conforme al disposto dell’art. 5, comma 2, d.P.R. n. 488 del 1968, come interpretato autenticamente dall’art. 1 comma 777 della legge n. 296 del 2006 e che tale ultima disposizione non si prestasse a rilievi di incostituzionalità già esaminati e ritenuti inammissibili.
La Corte territoriale ha respinto l’appello proposto dagli eredi di NOME COGNOME in epigrafe indicati ritenendo che nella fattispecie, non essendo intervenuta la liquidazione del trattamento pensionistico più favorevole, ad essi non fosse applicabile la disciplina posta a salvaguardia del trattamento di miglior favore dettata dall’art. 1 comma 777 della legge n. 296 del 2006.
Per la cassazione della sentenza ricorrono NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME articolando sostanzialmente un motivo e denunciando, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 777 della legge n. 296 del 2006.
Si è costituito l’Inps per resistere al ricorso ed ha depositato memoria illustrativa. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni
RITENUTO CHE
Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 777 della legge n. 296 del 2006 e si deduce in fatto che la domanda di ricalcolo era stata presentata nel 2005 ed anche accolta prima dell’entrata in vigore della legge del 2 006 e che l’inerzia nel darvi esecuzione – riliquidando la prestazione che l’Istituto era tenuto a portare a termine -sarebbe illegittima, non avendo il direttore della sede il potere di sospendere la delibera del Comitato amministratore del fondo lavoratori dipendenti.
1.1. Evidenzia infatti che , a norma dell’art. 48 della legge n. 88 del 1989, tale facoltà è attribuita al Direttore generale dell’Istituto che deve provvedervi entro un termine definito decorso il quale il provvedimento diviene definitivo. Già per tale aspetto, dunque, i ricorrenti ritengono che anche ad essi si applica la disposizione transitoria citata essendo comunque illegittima la condotta tenuta di protrazione dell’esecuzione in danno degli interessati.
1.2. Ricordano poi che la liquidazione cui la norma fa riferimento è l’atto conclusivo del procedimento con cui si
accerta diritto e misura della prestazione e ritengono che una diversa interpretazione presenterebbe profili di incostituzionalità della norma e sarebbe in contrasto con la CEDU.
1.3. In subordine deducono poi che l’art. 1 comma 777 della legge n. 296 del 2006, ove diversamente interpretato, sarebbe ancora costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3, 38 e 117 comma 1 della Costituzione.
Il ricorso è infondato.
2.1. Recentemente questa Corte ha esaminato una fattispecie analoga a quella oggi in esame (cfr. Cass. 04/06/2025 n. 14905) ed ha osservato che ‘l’articolo 1, comma 777 della legge n.296 del 2006 recita: «777. L’articolo 5, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge». ‘ Ha poi evidenziato che quando, come nel caso in esame, il trattamento pensionistico non fosse stato «già liquidato alla data di entrata in vigore della legge in questione» (e cioè alla data del 1°/1/2007) in via definitiva stante la pendenza della controversia sulle modalità di liquidazione, correttamente la Corte di appello, in quel caso,
così come nel presente, ha escluso che il trattamento pensionistico del ricorrente rientrasse tra quelli che l’art. 1, comma 777, fa salvi ed esclude dall’ambito applicativo della disposizione (la domanda di riliquidazione del trattamento pensionistico è del 15.2.2005, v. pag. 2 del ricorso per cassazione) e dunque già nella prospettazione della parte ricorrente, precedente all’avvio del lungo giudizio e comunque dal suo ricorso, la pensione in godimento non era una pensione liquidata in via definitiva dall’INPS, nel 2001. La decisione della Corte di Appello è perciò corretta quando afferma che il trattamento pensionistico del ricorrente non rientra tra quelli che l’art. 1, comma 777, fa salvi ed esclude dal suo ambito applicativo.
2.2. Va inoltre qui ribadito che (Cass. n. 22874 del 2013) ‘In tema di ricongiunzione di periodi assicurativi, la clausola di salvezza di cui all’art. 1, co. 777, legge 27 dicembre 2006, n. 296, non è applicabile nel caso in cui l’INPS proceda all’erogazione di trattamenti pensionistici maturati, anche grazie al versamento di contributi all’estero, in forza di provvedimento giudiziale provvisoriamente esecutivo ma non definitivo e proponga impugnazione avverso lo stesso, in quanto detta clausola si riferisce all’ipotesi della liquidazione di trattamenti pensionistici più favorevoli in forza di sentenze già passate in giudicato al momento dell’entrata in vigore della legge stessa e non può essere riferita a sentenze suscettibili di essere ancora impugnate.’
2.3. Come detto, correttamente la Corte di Appello di Bologna ha accertato che il trattamento pensionistico non era stato definitivamente riliquidato – in mancanza di una liquidazione definitiva del trattamento pensionistico più favorevole richiesto, vale a dire prima della determinazione della somma
certa e liquida da pagare e dell’ emissione del provvedimento e de ll’erogazione del trattamento – tale non essendo la delibera del Comitato amministratore dell’Istituto.
3. Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 777, legge 296 del 2006, che viene sollecitata, va rilevato che questa Corte l’ha già ritenuta manifestamente infondata (cfr. Cass. n. 2305 del 2018) affermando, in fattispecie analoga, che ‘la predetta disposizione è da ritenersi pienamente legittima, stante la pronunzia di inammissibilità resa, con la sentenza n. 166 del 12 luglio 2017, dalla Corte costituzionale relativamente alla questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte con ordinanza n 96/2015, ancora (come già nella precedente ordinanza di rimessione che ha dato luogo ad altra pronunzia di inammissibilità della Corte costituzionale resa con la sentenza 28.11.2012, n. 264) in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost. ma in relazione al parametro interposto di cui all’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, oltre che a quello di cui all’art. 6, paragrafo 1, della stessa Convenzione, tenuto conto della successiva pronunzia della Corte EDU del 15.4.2014 in causa COGNOME altri c. Italia, ove si accertava che la disposizione interpretativa o comunque retroattiva del 2006 avrebbe provocato un sacrificio eccessivo e ingiustificato per le sue dimensioni del diritto pensionistico dei ricorrenti, implicando questa ulteriore specifica violazione, non contemplata dalla precedente pronunzia della Corte costituzionale n. 264/2012, una nuova complessiva valutazione della legittimità della norma denunciata, in riferimento anche all’accertata violazione dei diritti sostanziali in materia pensionistica dei lavoratori migranti in Svizzera’ .
3.1. Peraltro, rimangono in proposito valide le osservazioni in ordine alla legittimità costituzionale della norma già rassegnate dalla ordinanza della Corte, pronunciata tra le medesime parti e all’origine del rinvio, osservazioni che si richiamano, anche ai sensi dell ‘art. 118, primo comma, disp. att. cod.proc.civ., perché rese circa la stessa disposizione e circa i medesimi dubbi, alla luce di sentenze della Corte costituzionale che hanno dichiarato inammissibile la questione come già sollevata e che si sono anche confrontate con le sentenze della CEDU pronunciate in argomento escludendo che da esse discenda, in via diretta, l’incostituzionalità della norma.
In conclusione il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Quanto alle spese si reputa equo compensarle avuto riguardo al recente consolidarsi dell’orientamento qui condiviso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, poi, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del c itato d.P.R., se dovuto. Così deciso in Roma il 25 giugno 2025
La Presidente
NOME COGNOME