Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33266 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33266 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1860-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 660/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 08/07/2016 R.G.N. 1042/2014;
Oggetto
R.G.N. 1860/2017
COGNOME
Rep.
Ud. 26/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione di prime cure che, sul presupposto della cumulabilità tra pensione di vecchiaia e redditi da attività lavorativa, aveva accolto la domanda dell’attuale parte intimata volta alla declaratoria dell’insussistenza dell’indebita erogazione della pensione di vecchiaia, revocata dall’INPS per difetto del requisito della cessazione dell’attività lavorativa alla data della decorrenza del predetto trattamento pensionistico;
avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese COGNOME COGNOME con controricorso;
il Collegio ha autorizzato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
il ricorso, con il quale l’INPS si duole di violazione dell’art. 1, comma 7, d.lgs n. 503/1992, perché, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, l’elemento costitutivo dell’ inoccupazione, per la prestazione pensionistica de qua , deve sussistere al momento di maturazione dei requisiti e persistere sino alla data di decorrenza del trattamento, per cui l’inizio del nuovo rapporto di lavoro dev’essere successivo a quest’ultima, è da rigettare;
vale premettere il principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui il diritto alla pensione di vecchiaia sorge nel momento in cui l’assicurato matura i prescritti requisiti di età, di contribuzione e di assicurazione, mentre
la decorrenza del trattamento pensionistico, fissata al primo giorno del mese successivo a quello del conseguimento dei requisiti in parola, è da considerare un elemento esterno rispetto a quelli che integrano la fattispecie costitutiva e da riferire solo alla erogazione della prestazione (v., per tutte, Cass. n.5482 del 2012);
la distinzione fra momento perfezionativo del diritto e momento della decorrenza del trattamento previdenziale comporta che, al fine della determinazione delle componenti di tale trattamento e del relativo importo, occorre riferirsi al primo dei detti momenti, con la conseguenza che l’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro in data successiva non rileva ai fini del mantenimento della prestazione, essendo consentita, dall’art. 72 legge n.388 del 2000, la cumulabilità tra pensione di vecchiaia e reddito da lavoro dipendente e autonomo;
peraltro, come già rilevato da Cass. n. 14417 del 2019, alla cui più ampia motivazione si rinvia, in tema di pensione di anzianità ma con argomenti estensibili anche a quella di vecchiaia stante il comune requisito della preventiva cessazione del rapporto di lavoro subordinato (art.1, co.7, d.lgs. n.503/1992), il regime di cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e della pensione di anzianità non esclude che quest’ultima possa essere erogata solo se al momento della presentazione della relativa domanda il rapporto di lavoro dipendente sia effettivamente cessato; al riguardo deve ravvisarsi una presunzione semplice del carattere simulato della cessazione del rapporto lavorativo ove essa sia seguita da immediata riassunzione del lavoratore, alle medesime condizioni, presso lo stesso datore di lavoro;
nella vicenda offerta allo scrutinio di legittimità nessun accordo simulatorio risulta dedotto, ed allegato, nelle sedi di merito, nè devoluto in sede di legittimità onde infirmare la ratio decidendi contrastata con l’impugnazione ;
segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso: condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso nell’ Adunanza camerale del 26 settembre 2024