LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pensione di anzianità: calcolo frazioni di anno

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 851/2024, ha stabilito un importante principio sul calcolo per la pensione di anzianità con il sistema delle ‘quote’. Un lavoratore aveva ottenuto in Appello il diritto alla pensione anticipata perché i giudici avevano calcolato le frazioni di anno dell’età anagrafica in semestri (6 mesi = 0,5 anni). La Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, affermando che, in assenza di una specifica norma, le frazioni di anno devono essere calcolate in decimali, dividendo il numero totale di giorni vissuti per 365. Questa metodologia, secondo la Corte, è l’unica corretta e peraltro più favorevole al cittadino.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione di Anzianità: la Cassazione sul Calcolo delle Frazioni di Anno

Il calcolo dei requisiti per accedere alla pensione è un tema di cruciale importanza per milioni di lavoratori. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 851 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale su come devono essere conteggiate le frazioni di anno per maturare il diritto alla pensione di anzianità basata sul sistema delle ‘quote’. La decisione ribalta un orientamento precedente e stabilisce un principio di calcolo rigoroso e, secondo la Corte, più favorevole.

I fatti di causa: un calcolo controverso

Il caso nasce dalla richiesta di un lavoratore autonomo, iscritto alla gestione commercianti, di vedersi riconosciuta la pensione di anzianità a partire dal 1° luglio 2011. L’ente previdenziale, invece, gli aveva concesso la prestazione solo dal 1° gennaio 2012. La differenza di sei mesi derivava da un diverso modo di interpretare il raggiungimento della ‘quota 96’, all’epoca necessaria per il pensionamento e data dalla somma di età anagrafica e anzianità contributiva (con un minimo di 60 anni di età e 35 di contributi).

La Corte d’Appello di Milano aveva dato ragione al lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, i sei mesi trascorsi dal compimento del 60° anno di età andavano calcolati come ‘0,5’, permettendo così al lavoratore di raggiungere la fatidica quota 96 (60,5 anni di età + 35,5 anni di contributi) già a metà del 2010, con conseguente decorrenza della pensione nel 2011. L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione del calcolo per la pensione di anzianità

Il cuore della controversia giuridica ruotava attorno a una domanda apparentemente semplice: come si calcolano i mesi che eccedono l’ultimo anno di età compiuto? Vanno arrotondati a semestri, come sostenuto dalla Corte d’Appello, oppure esiste un altro metodo? L’ente previdenziale ha sostenuto che, in assenza di una specifica indicazione normativa che dia valore ai mesi, l’unica via corretta fosse quella di ragguagliare le frazioni di anno in decimali, basandosi sul calcolo dei giorni.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi dell’ente previdenziale, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio cardine dell’interpretazione giuridica: ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit (dove il legislatore ha voluto, ha specificato; dove non ha voluto, ha taciuto).

La legge di riferimento (L. n. 247/2007) indicava i requisiti minimi in 60 anni di età e 35 di contribuzione per raggiungere quota 96, senza menzionare i mesi. Secondo la Cassazione, il silenzio del legislatore non consente all’interprete di introdurre criteri di calcolo non previsti, come quello basato sui semestri. In altre normative, come la riforma Fornero, il legislatore ha invece fatto esplicito riferimento ai mesi, dimostrando che quando lo ha ritenuto necessario, lo ha previsto espressamente.

La Corte ha quindi stabilito che il metodo corretto per calcolare le frazioni di anno è quello di convertirle in decimali. Ciò si ottiene contando tutti i giorni di vita trascorsi dalla nascita fino alla data di riferimento e dividendo il risultato per 365. Sorprendentemente, la Corte sottolinea come questo metodo sia più favorevole agli assicurati. Infatti, dividendo sempre per 365, anche negli anni bisestili che contano 366 giorni, si ottiene un risultato leggermente più alto, permettendo di raggiungere il requisito anagrafico richiesto in anticipo.

Conclusioni: il principio di diritto e le implicazioni pratiche

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha fissato un principio di diritto chiaro: ai fini del raggiungimento della quota per la pensione di anzianità, le frazioni di anno dell’età anagrafica devono essere computate ragguagliandole in decimali, attraverso il calcolo dei giorni, e non arrotondandole a mesi o semestri. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello di Milano, che dovrà ora decidere nuovamente la questione attenendosi a questo principio. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché stabilisce un criterio di calcolo univoco e rigoroso, ponendo fine a interpretazioni divergenti che potevano creare disparità di trattamento tra i lavoratori.

Come si calcolano le frazioni di anno dell’età anagrafica ai fini della pensione di anzianità con il sistema delle ‘quote’?
La Corte di Cassazione ha stabilito che le frazioni di anno non vanno arrotondate a semestri (es. 6 mesi = 0,5 anni), ma devono essere calcolate in decimali. Ciò si ottiene contando i giorni trascorsi dalla data di nascita e dividendo il totale per 365.

Perché il calcolo basato sui mesi o semestri è stato ritenuto errato?
È stato ritenuto errato perché la legge di riferimento (L. n. 247/2007) indica i requisiti minimi in anni interi (60 di età e 35 di contributi) senza fare alcun riferimento ai mesi. In assenza di una previsione esplicita, non è consentito all’interprete attribuire un valore specifico ai mesi.

Il metodo di calcolo in decimali è svantaggioso per il lavoratore?
Secondo la Corte, questo metodo è in realtà più favorevole. Calcolando i giorni e dividendo sempre per 365, anche negli anni bisestili (che hanno 366 giorni), si permette al lavoratore di raggiungere il requisito anagrafico leggermente prima rispetto a un calcolo che tenesse conto della durata esatta di ogni anno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati