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Pensionamento dirigenti medici: i limiti d’età

Un dirigente medico ha contestato il suo collocamento a riposo, sostenendo di avere il diritto di rimanere in servizio fino a 70 anni per raggiungere la massima anzianità contributiva. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo una chiara distinzione tra ‘età lavorativa massima’ (di norma 65 anni) e ‘età pensionabile’. La possibilità di proseguire l’attività lavorativa è concessa solo per raggiungere i requisiti minimi per la pensione, non per massimizzarla. Questa ordinanza definisce i criteri per il pensionamento dei dirigenti medici.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensionamento Dirigenti Medici: Quando si Può Restare in Servizio Oltre i 65 Anni?

Il tema del pensionamento dirigenti medici è spesso al centro di dibattiti legali, soprattutto riguardo la possibilità di rimanere in servizio oltre la soglia dei 65 anni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, distinguendo nettamente tra ‘età lavorativa massima’ e ‘età pensionabile’. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire quali sono i reali diritti dei dirigenti sanitari in prossimità della pensione.

I Fatti del Caso: Il Contesto della Controversia

Un dirigente medico, responsabile di una struttura complessa, ha impugnato il provvedimento con cui la sua Azienda Sanitaria lo aveva collocato a riposo. Il medico sosteneva di avere il diritto di rimanere in servizio fino al raggiungimento dell’anzianità contributiva massima di 42 anni e 10 mesi, che nel suo caso coincideva con il compimento del 70° anno di età. L’Azienda, invece, lo aveva trattenuto in servizio solo fino al raggiungimento dei 40 anni di servizio effettivo, momento in cui aveva già maturato i requisiti per accedere alla pensione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Pensionamento Dirigenti Medici

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso del dirigente, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra due concetti fondamentali: l’età lavorativa massima e l’età pensionabile. La prima attiene al rapporto di lavoro e rappresenta il limite oltre il quale, di norma, non si può più essere dipendenti pubblici (fissato a 65 anni). La seconda riguarda il rapporto previdenziale e indica i requisiti minimi di età e contributi per accedere alla pensione. Secondo la Corte, le riforme pensionistiche che hanno innalzato l’età pensionabile non hanno automaticamente innalzato anche l’età massima lavorativa.

Le Motivazioni della Sentenza: Età Lavorativa vs. Età Pensionabile

La Corte ha spiegato che la normativa specifica per i dirigenti medici (art. 15-nonies del d.lgs. 502/1992) prevede la possibilità di rimanere in servizio oltre i 65 anni. Tuttavia, questa facoltà non è un diritto assoluto e incondizionato, ma è finalizzata a uno scopo preciso: consentire al lavoratore di raggiungere i requisiti minimi per ottenere la pensione, qualora non li avesse ancora maturati al compimento dei 65 anni. Nel caso di specie, il dirigente medico aveva già ampiamente superato i requisiti per la pensione al momento del collocamento a riposo. Pertanto, la sua richiesta di proseguire il lavoro fino a 70 anni per massimizzare l’importo della pensione è stata ritenuta infondata. La permanenza in servizio non è uno strumento per ottenere una pensione più ricca, ma una garanzia per non restare privi di tutela previdenziale. La Corte ha inoltre ribadito che il limite generale di 65 anni per la cessazione del servizio nel pubblico impiego rimane la regola, e le deroghe devono essere interpretate restrittivamente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Dirigenti Medici

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per il pensionamento dirigenti medici e per tutto il pubblico impiego: il diritto a rimanere in servizio oltre i 65 anni non è automatico. Esso è strettamente legato alla necessità di perfezionare il diritto minimo alla pensione. I dirigenti che hanno già maturato i requisiti pensionistici non possono pretendere di rimanere al lavoro fino al limite massimo di 70 anni con il solo scopo di incrementare l’anzianità contributiva. La decisione dell’amministrazione di collocare a riposo un dipendente che ha raggiunto i requisiti è, pertanto, legittima. Questa pronuncia fornisce una guida chiara per le amministrazioni sanitarie e per i medici, definendo con precisione i confini tra le legittime aspettative del lavoratore e le prerogative della pubblica amministrazione.

Un dirigente medico ha il diritto assoluto di rimanere in servizio fino a 70 anni per massimizzare la sua pensione?
No. La Corte ha chiarito che non esiste un diritto potestativo a rimanere in servizio per conseguire l’anzianità contributiva massima. La permanenza oltre i 65 anni è finalizzata esclusivamente a raggiungere i requisiti minimi per il diritto alla pensione, qualora non siano già stati maturati.

La riforma pensionistica “Fornero” ha aumentato l’età massima per il collocamento a riposo nel pubblico impiego?
No. La sentenza specifica che la riforma ha innalzato i requisiti per l’accesso alla pensione (età pensionabile), ma non ha modificato il limite massimo dell’età lavorativa per i dipendenti pubblici, che di norma resta fissato a 65 anni.

Qual è il limite massimo di età per il pensionamento dei dirigenti medici del Servizio Sanitario Nazionale?
Il limite ordinario è stabilito al compimento del 65° anno di età. È prevista la possibilità di restare in servizio per maturare il requisito di 40 anni di servizio effettivo, ma in ogni caso la permanenza non può superare il settantesimo anno di età e non è un diritto se il dirigente ha già maturato i requisiti per la pensione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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