SENTENZA TRIBUNALE DI MILANO N. 4551 2025 – N. R.G. 00000724 2025 DEPOSITO MINUTA 23 12 2025 PUBBLICAZIONE 23 12 2025
N. 724/2025 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA GIUDICE DI MILANO
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME quale giudice del lavoro ha pronunciato la seguente
SENTENZA ai sensi dell’art. 429 c.p.c.
nella causa promossa da
(C.F. ) , con il patrocinio degli AVV_NOTAIOti COGNOME NOME e COGNOME NOME C.F.
RICORRENTE
contro
(C.F./ P.IVA ) , con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO NOME RESISTENTE P.
OGGETTO : altre ipotesi
All’udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come da verbale di udienza.
FATTO E DIRITTO
TABLE
chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
‘1) Condannare la convenuta, per i motivi ed i titoli di cui in narrativa, al pagamento dell’importo di € 867,13, di cui € 153,16 a titolo di TFR,
ovvero il diverso importo che risulti dovuto all’esito in corso di causa
Previa eventuale declaratoria di nullità per contrarietà allart. 7 104/2002 ovvero illegittimità ovvero annullamento del di prova apposto al contratto di lavoro del 19.4.2024 (doc. 4), accertare dichiarare per motivi esposti in narrativa la nullità el0 illegittimità e/o annullare il licenziamento intimato con comunicazione a mezzo PEC del 10.07.2024 (doc. 5) e per l’effetto: d.Igs patto
in via principale: condannare la convenuta, titolo di risarcimento del danno ai sensi per gli effetti degli artt. 1218 e 1453 c. a corrispondere alla ricorrente tutte le retribuzioni che avrebbe maturato dal 1.7.2024 al 20.04.2025, per un importo di € 13.496,80, ovvero per il diverso importo ritenuto di giustizia ai sensi e per gli effetti degli altt. 1226 C.C. 432 c.p.c. C.
in via subordinata: dichiarare estinto il rapporto di lavoro e condannare la convenuta a corrispondere alla ricorrente lindennità risarcitoria ex art. 3 comma 1 23/2015, nella misura massina ovvero nella misura ritenuta di giustizia , ed in caso non inferiore 9 tre mensilità , al tallone retributivo di € 1.300,00, ovvero al diverso tallone retributivo che dovesse risultare in corso di causa, nonché condannare convenuta alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 192 CCNL Edili Industria, per € 433,00 ovvero per il diverso importo che dovesse risultare in corso di causa; d.Igs. ogni
In caso: con sentenza provvisoriamente esecutiva; ogni
con interessi legali, moratori e rivalutazione monetaria maturati e
con vittoria di spese da distrarsi.
Si costituiva
con il deposito di articolata memoria, con
cui contestava le avverse deduzioni e domande, delle quali chiedeva il rigetto, con vittoria di spese. In particolare, parte resistente chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ‘ Voglia Ecc.mo Tribunale adito
Così giudicare
Respingere il ricorso per infondatezza in fatto e diritto Dichiarare legittimo il recesso aziendale in costanza di periodo di prova attesa la prodotta e valutazione ponderale complessiva della condotta della lavoratrice di mancato rispetto verso l’Azienda, verso i vertici , i superiori gerarchici, le norme di legge, contratto, ccnl, Protocolli ISO 9001:2015 aziendali, Linee Guida, e regolamento aziendale e codice civile risarcitoria per non debenza, erronea pretesa,
Respingere la richiesta erroneo calcolo, erronei parametri
In subordine, per mero tuziorismo, si chiede la conversione del giusto motivo ovvero per giusta causa per le motivazione in atto In ulteriore subordine nella denegata ipotesi di accoglimento ricorso, chiedesi il diritto al Completamento del Periodo di Prova in ulteriore subordine atteso la manifestazione della lavoratrice della richiesta della cancellazione del contratto e dell’assenso a procedere alle dimissioni telematiche presso il caf valutare a tutti gli effetti una manifestazione reciproca della cessazione del rapporto di lavoro
-Dif atti le dimissioni telematiche sono richieste solo e unicamente per accertare che la lavoratrice manifesti liberamente la sua volontà di allontanarsi dall’azienda.
-Cir costanza qui avvenuta addirittura con l’abbandono del posto di lavoro ad nutum a parte della lavoratrice.
-Si contestano tutti gli erronei e indebite calcoli della lavoratrice e pretese indebite chiedendo in subordine la compensazione con i danni cagionati dalla
–
stessa alla azienda con eventuale somma a qualsiasi titolo che fosse remotamente riconosciuta
Co
munque si insiste per la condanna per lite temeraria della lavoratrice che ha omesso dolosamente di segnalare il reale svolgimento dei fatti. Si negando condotte violente o ineducate di qualsiasi soggetto che si sia rapportato alla stessa , atteso che se veramente la stessa avesse creduto in tali asserzioni era suo unico dovere rivolgersi al superiore gerarchico, riferire gli accadimenti per trovare tutela. Condotta che non ha posto in essere ben sapendo delle falsità poste in essere. Ciò radica la condotta temeraria fatta valere in questa sede dalla ricorrente. Con vittoria di spese del presente giudizio, compensi e oneri previdenziali e fiscali ‘.
Esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, ritenuta la causa matura per la decisione senza lo svolgimento di attività istruttoria, all’udienza di discussione, i procuratori, discussa la causa, concludevano come in atti. La Giudice, dopo essersi ritirata in camera di consiglio, pronunciava dispositivo di cui dava lettura ex art. 429 cpc, come modificato dall’art. 53 DL 25.6.2008 n. 112 conv. in L. 6.8.2008 n. 133, con fissazione di termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione, stante la particolare complessità della controversia.
Premesso quanto sopra con riguardo alle domande e alle eccezioni delle parti, il ricorso deve essere accolto solo in parte per i seguenti motivi.
Nel caso di specie, occorre fare applicazione del principio della ragione più liquida, sancito dalla Cassazione, secondo cui ‘ Il principio della “ragione più liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di
celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre ‘ (Cassazione Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014).
Nel merito, veniva assunta alle dipendenze di
con contratto a tempo determinato, per il periodo dal 20.4.2024 al 20.4.2025. In particolare, la ricorrente sottoscriveva un contratto di rapporto di lavoro subordinato, part time di 30 ore settimanali, con inquadramento nel livello 8 del RAGIONE_SOCIALE. Tale contratto di lavoro prevedeva un periodo di prova di tre mesi, nonché una retribuzione pari ad € 1.200,00 per 13 mensilità. Le mansioni assegnate a erano di ‘raccolta-ricerche dati, predisposizione reports-sintesi, messa in ordine archivi, data entry pulizia laboratorio, operatore base di strumentazione laboratorio’ (doc. 3 fascicolo parte ricorrente).
Il 29 giugno 2024, la ricorrente riceveva una mail con oggetto: ‘ licenziamento per motivo oggettivo ‘, del seguente tenore:
‘ Buongiorno Sig.ra
ha proceduto alla modifica dell’orario di lavoro con modifica del referente
Nonostante tale comunicazione non si è recata al lavoro Ha inviato missiva di voler lasciare il lavoro
Le è stato comunicato di procedere telematicamente tramite caf o altro Non abbiamo ricevuto ad oggi sua volontà telematica tramite sportello Ha disertato il luogo di lavoro senza motivo
Le comunichiamo con la presente il licenziamento per motivo oggettivo (…)’ (doc. 4 fascicolo parte ricorrente).
Ebbene, le domande svolte da riguardano, da una parte la rivendicazione del pagamento di differenze retributive, dall’altra, l’impugnazione del licenziamento intimatole.
In primo
luogo,
eve essere condannata al pagamento in favore della ricorrente della somma pari a euro 867,13 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo. Infatti, riguardo alle rivendicate differenze retributive, giova richiamare i seguenti consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza, secondo cui ‘ In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul
debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento ‘ (Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 3373 del 12/02/2010).
Gravava, quindi,
su
l’onere di provare di avere assolto integralmente ai propri obblighi retributivi, a fronte delle rivendicazioni economiche di parte ricorrente, che riconosceva avere ricevuto pagamenti solo per complessivi € 1.629,80 per l’attività lavorativa resa in favore della convenuta dal 20 aprile 2024 al 29 giugno 2024. Inoltre, con riguardo all’entità dei crediti di parte ricorrente, in considerazione della genericità delle contestazioni, è superflua ai fini del decidere l’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio contabile. In proposito, occorre fare, infatti, applicazione dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, secondo cui ‘ Nel rito del lavoro, il convenuto ha l’onere della specifica contestazione dei conteggi elaborati dall’attore, ai sensi degli artt. 167, primo comma, e 416, terzo comma cod. proc. civ., e tale onere opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell’esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all’attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato. Ne consegue che la mancata o generica contestazione in primo grado rende i conteggi accertati in via definitiva, vincolando in tal senso il giudice, e la contestazione successiva in grado di appello è tardiva ed inammissibile ‘ (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 4051 del 18/02/2011).
4 . Nel resto, il ricorso deve essere respinto.
Con riguardo alla lettera interruttiva del rapporto di lavoro sopra menzionata, deve darsi atto che, nonostante l’indicazione di licenziamento
per giustificato motivo oggettivo, è compito della giudicante la qualificazione in diritto del recesso intimato da un’indagine
E’, quindi, preclusa circoscritta al mero riferimento letterale proveniente dalla parte resistente.
Le ragioni che sostenevano il recesso della società sono di natura soggettiva e integrano un recesso in prova. Infatti, quest’ultimo interveniva dopo due mesi e nove giorni dall’inizio del rapporto di lavoro, a fronte di un patto di prova specificamente indicato nel contratto di lavoro di tre mesi. Quanto precede esclude la necessità di una preventiva contestazione disciplinare degli addebiti, a fronte della libertà che caratterizza la natura stessa del periodo di prova.
Inoltre, rispetto alla durata pattuita in mesi tre, i rilievi di parte ricorrente non sono condivisibili. Quest’ultima richiamava l’art. 7 del d.lgs. 104 del 27.6.2022. Come indicato in ricorso, tale norma – nella formulazione vigente all’atto dell’assunzione del ricorrente – prevedeva al secondo comma che ‘ nel rapporto di lavoro a tempo determinato il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla modifiche dell’impiego ‘.
Ebbene, la disposizione che precede non consente un intervento giudiziale sulla durata del patto di prova oggetto di causa, che conduca alla pretesa riduzione della durata di esso.
Infatti, in quanto successiva alla stipula del contratto a tempo determinato oggetto di causa, non trova applicazione diretta la Legge 13.12.2024 n° 203, che soggiungeva:
‘ Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi
durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi ‘.
La posteriorità della norma che precede rispetto al contratto stipulato tra
e
non può essere aggirata attraverso una interpretazione del citato art. 7 in senso favorevole alla tesi di parte ricorrente di avvenuto superamento del periodo di prova. Infatti, si perverrebbe inammissibilmente ad una sostanziale applicazione retroattiva con riguardo alla durata limite del patto di prova. Del resto, l’integrazione introdotta dal legislatore mira a fornire un parametro concreto alla necessaria proporzionalità del patto di prova rispetto alla durata del contratto. La previsione contrattuale del patto di prova oggetto di causa di tre mesi rispetto ad un contratto a tempo determinato di un anno di durata non può essere, quindi, giudizialmente decurtata nella durata, specie a fronte della carenza di una manifesta sproporzione.
Inoltre, in difetto di specifiche previsioni del C.C.N.L. di rilievo nella presente causa con riferimento alla durata del patto di prova nel contratto a tempo determinato, non è pertinente il richiamo operato da parte ricorrente all’art. 137 del C.C.N.L., in quanto disposizione collettiva riferita alle assunzioni a tempo indeterminato, ossia non pertinente rispetto al caso di specie.
5 . Deve essere rigettata la domanda proposta da parte resistente di condanna di parte ricorrente per lite temeraria, in considerazione della carenza degli elementi oggettivi e soggettivi, che devono essere sottesi rispetto alla responsabilità processuale prevista dalla disposizione del codice di rito, di cui all’art 96 c.p.c. Ciò è comprovato dal parziale accoglimento del ricorso.
6 . Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere accolto solo in parte nei termini esposti, restando respinta, disattesa o assorbita ogni
questione ulteriore di cui in atti, in quanto superflua ai fini del decidere, non potendosi pervenire comunque a diversa decisione.
Dichiarate compensate per tre quarti le spese di lite in considerazione dell’esito della causa,
in quanto soccombente parzialmente, va condannata al pagamento delle spese di lite residue determinate come da dispositivo, tenuto conto del valore della causa e della sua complessità, nonché dell’assenza di attività istruttoria, con distrazione in favore della difesa di parte ricorrente.
Sentenza esecutiva ex art. 431 c.p.c.
PQM
Disattesa o assorbita ogni diversa istanza o eccezione, condanna parte resistente al pagamento in favore della ricorrente della somma pari a euro 867,13 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; rigetta nel resto. Dichiara compensate le spese di lite per tre quarti e condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite residue, liquidate nella misura complessiva di Euro 700,00, oltre spese generali 15% e accessori di legge, oltre al rimborso delle spese di contributo unificato, se quest’ultimo è dovuto e pagato, da distrarsi in favore dei difensori di parte ricorrente, già operata la compensazione predetta. Fissa il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. Sentenza esecutiva.
Milano, 24/10/2025
LA GIUDICE DEL LAVORO NOME COGNOME