ORDINANZA TRIBUNALE DI BRESCIA – N. R.G. 00002098 2025 DEPOSITO MINUTA 06 11 2025 PUBBLICAZIONE 06 11 2025
TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA
lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria
La Giudice del Lavoro NOME COGNOME, nel procedimento cautelare iscritto al n. rNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO promosso da:
con l’AVV_NOTAIO
contro
con l’AVV_NOTAIO a scioglimento della riserva assunta in data 29 ottobre 2025 ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha proposto istanza ex artt. 614bis e 700 c.p.c. al fine di inibire al convenuto o svolgimento di attività concorrenziale e tanto in violazione del patto di non concorrenza post contrattuale sottoscritto tra le parti in data 1 agosto 2023.
A tal fine, ha dedotto:
che il convenuto era stato assunto alle proprie dipendenze il 19 maggio 2008 con la qualifica di impiegato tecnico, livello A, con il compito di svolgere tutta l’attività connessa al raggiungimento e mantenimento della certificazione ISO 9001 (Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ), nonché l’attività di controllo/gestione dell’intero processo produttivo;
di aver sottoscritto con il convenuto un patto di non concorrenza in data 1 agosto 2023 in cui era previsto, da un lato, che il lavoratore, per un anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e su tutto il territorio italiano, si astenesse dal prestare la propria attività lavorativa, in qualsiasi forma, per imprese in concorrenza con la ricorrente, con specifico riferimento alle attività di ‘ progettazione, produzione, commercio, importazione e esportazione di prodotti prefabbricati ‘ nei settori cucina e bagno;
che, a fronte del rispetto del vincolo pattizio, si sarebbe impegnata a erogare al convenuto una somma lorda pari al 30% della retribuzione fissa annua lorda, moltiplicata per
13, entro trenta giorni dalla cessazione del rapporto contrattuale (in concreto, prontamente erogata con il cedolino paga di luglio 2025, per la complessiva somma lorda di euro 28.004,73);
che, a fronte del mancato rispetto del vincolo pattizio, il convenuto sarebbe stato costretto alla restituzione dell’intero corrispettivo ricevuto, oltre al pagamento di una penale di pari importo.
Ha quindi dedotto:
che il convenuto, in data 14 aprile 2025, aveva formalizzato le proprie dimissioni con decorrenza 16 giugno 2025, riferendo di aver ricevuto una proposta di lavoro dalla società sua diretta concorrente;
di aver fatto accesso al PC in uso al convenuto il 17 giugno 2025, apprendendo che, subito dopo le rassegnate dimissioni, l’ex dipendente aveva estratto dal programma gestionale di proprietà esclusiva di ‘ numerose schermate contenenti informazioni sensibili e riservate, salvate sul desktop in un documento word denominato ‘BSGP’ ( Doc. 5 ) ‘ con dati inerenti ‘ le funzionalità del software gestionale, le modalità di gestione e lo stato avanzamento delle commesse; le commesse in corso di acquisizione; la gestione delle fasi di sviluppo della commesse (ritardi, tipologie di lavorazioni, l’analisi degli stati di avanzamento, certificati di collaudo, etc.); le anagrafiche di tutti i fornitori artigiani di cui si avvale la ricorrente e i relativi costi orari applicati ‘, illegittimamente sottratti e potenzialmente utilizzabili in
favore della nuova datrice di lavoro, diretta concorrente della società ricorrente;
che, verso la fine di agosto 2025, aveva appreso che, nelle settimane precedenti, numerosi fornitori con cui collaborava da anni avevano ricevuto dal convenuto nuove proposte di collaborazione/impiego con
che in pari data, era stato lo stesso convenuto a confermare alla responsabile del personale di aver iniziato una nuova attività lavorativa alle dipendenze di tale ultima società, qualificandosi tuttavia, ancora oggi, quale ‘Direttore di Produzione presso sul suo profilo Linkedin .
Premessa la sostenuta validità del patto sottoscritto tra le parti e la sua oggettiva violazione da parte del convenuto, ha ribadito l’ammissibilità della tutela inibitoria invocata , volta a evitare una significativa fuga di dati inerenti al l’attività e l’organizzazione produttiva dell’azienda e l’utilizzo dei medesimi dati per attuare condotte violative della concorrenza in danno della società, anche nell’ipotesi in cui il pregiudizio, come nel caso di specie, si era già verificato senza il completo esaurimento di ogni effetto pregiudizievole derivante dall ‘ indebita reiterazione della condotta contestata all ‘ ex dipendente.
In punto di periculum in mora , richiamato l’orientamento giurisprudenziale che considera sufficiente la prova dell’effettiva violazione del PNC alla stregua di una presunzione di danno in
re ipsa , ha evidenziato come la condotta del convenuto, per modalità e tempistiche, fosse in astratto idonea a determinare uno sviamento in fieri di clientela al pari di quanto già avvenuto per i fornitori, determinando un danno patrimoniale non risarcibile per equivalente. Ha poi sottolineato come l’irreparabilità del pregiudizio deriv asse dalla potenzialità lesiva dell’attività concorrente svolta da la quale opera nello stesso settore di , producendo e vendendo i medesimi prodotti della ricorrente.
Con riferimento all’oggetto del successivo giudizio di merito, ha allegato la volontà di richiedere l’accertamento dell’inadempimento del resistente alle obbligazioni nascenti dal patto di non concorrenza nonché l’accertamento delle ulteriori illegittime condotte concorrenziali realizzate dall’ex dipendente e, per l’effetto , la condanna d i quest’ultimo alla restituzione di quanto ricevuto a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza, oltre al pagamento della penale pattuita in contratto, pari alla somma versata a titolo di corrispettivo, e agli ulteriori danni patiti e patiendi, quali conseguenza diretta dell’inadempimento di controparte.
Ha quindi concluso chiedendo al Tribunale adìto ‘ ordinare all’odierno resistente di cessare immediatamente dallo svolgere attività lavorativa in favore della RAGIONE_SOCIALE, in ossequio a quanto previsto dal patto di non concorrenza sottoscritto con la sua ex datrice di lavoro, sotto qualunque forma diretta e/o indiretta e in genere ogni attività svolta in concorrenza con la con riferimento a tutto il territorio nazionale e sino al termine di validità del patto;
-ordinare all’odierno resistente l’immediata cancellazione / distruzione dei dati di proprietà esclusiva della Ricorrente ed illegittimamente sottratti dall’Azienda di cui al Doc. 6 ed ancora in suo possesso;
-ordinare all’odierno resistente la cancellazione dal suo profilo LinkedIn della parte in cui esso si qualifica ancora come ‘Responsabile produzione ;
-determinare, ex art. 614 bis c.p.c., la somma di €. 100,00 ovvero quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione degli obblighi inibitori ‘.
Il tutto con vittoria di spese di lite.
Costituendosi avverso tale pretesa, a contestato recisamente la sussistenza di entrambi i presupposti fondanti l’azione cautelare.
Quanto al fumus , ha evidenziato in primis l’annullabilità del patto per esser stato sottoscritto in un clima di forti pressioni psicologiche e minacce. Ancora, ha riferito di aver comunicato alla ricorrente la propria volontà di passare alle dipendenze della società sin dalla data delle rassegnate dimissioni, ricevendo altresì un’offerta economica per rimanere con , rifiutata per diverse aspirazioni di carriera.
Ha quindi precisato di essersi dovuto occupare, durante il periodo di preavviso, del passaggio di consegne ai dipendenti già in forze presso la società ricorrente e che, proprio al fine di trasferire determinate informazioni al collega aveva avuto la necessità di predisporre il documento richiamato in ricorso il quale, oltre a esser stato formato a pur fini informativi, non conteneva neppure alcuna informazione riservata/segreta di cui, peraltro aveva legittimamente disposto nel periodo in cui si trovava ancora alle dipendenze della ricorrente. Sempre sul documento de quo , ha altresì evidenziato come non vi fosse alcuna prova circa un’effettiva asportazione dello stesso su chiavetta USB ovvero di invio tramite mail.
Nel merito, dopo aver dedotto che il ruolo ricoperto presso la (dirigente nel settore operations ) fosse diverso da quello avuto in (responsabile di produzione), ha negato di aver mai approcciato i fornitori/artigiani della convenuta con offerte di impiego migliori sempre presso la precisando poi come molti di loro andavano e venivano liberamente dai due stabilimenti senza alcun tipo di vincolo formalizzato e a seconda del tipo e della quantità di lavoro del momento, della continuità e della remunerazione attesa.
Quanto alla richiesta inibitoria, ha eccepito l’inammissibilità dell’azione , trattandosi di richiesta volta ad ottenere un facere inesigibile e incoercibile.
In punto di periculum , ne ha eccepito l’insussistenza rimarcandone i necessari requisiti di attualità, imminenza e irreparabilità, essendo a tal fine insufficiente la prova dell’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa in concorrenza con quella dell’ ex datore di lavoro.
Ancora, ha evidenziato che la ricorrente aveva introdotto la propria domanda cautelare con ricorso depositato in data 23 settembre 2025, ovvero dopo cinque mesi dalla formalizzazione delle dimissioni del 14 aprile 2025 e dopo oltre tre mesi dalla cessazione effettiva della prestazione (16 giugno 2025).
Infine, ha precisato che, nonostante fossero trascorsi più di tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, non era stata allegato un concreto sviamento di clientela a danno della ricorrente , sì da rendere evidente l’assenza non solo di un danno concreto, ma altresì di un pericolo di danno imminente e irreparabile.
All’udienza del 29 ottobre 2025 , all’esito della discussione, la Giudice ha riservato la decisione.
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In primo luogo, preme rilevare come non sia in contestazione tra le parti oltre che provato per tabulas che il convenuto :
-sia stato assunto alle dipendenze della ricorrente il 19 maggio 2008, con la qualifica di impiegato tecnico, livello A, con il compito di svolgere tutta l’attività connessa al raggiungimento e mantenimento della certificazione ISO 9001 (Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ), nonché l’attività di controllo/gestione dell’intero processo produttivo (doc. 2 fasc. ricorrente);
abbia sottoscritto un patto di non concorrenza in data 1 agosto 2023 (doc. 3 fasc. ricorrente);
abbia rassegnato le proprie dimissioni in data 14 aprile 2025, con decorrenza 16 giugno 2025 (doc. 4 fasc. ricorrente);
che il convenuto abbia iniziato a lavorare per la durante la vigenza del PNC (doc. 10 fasc. ricorrente).
Ciò premesso in fatto, i n termini generali si osserva che, ai sensi dell’art. 2125 c.c. ‘ Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo ‘.
Secondo pertinente giurisprudenza di legittimità, ‘ Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza previsto dall’art. 2125 c.c., occorre osservare i seguenti criteri: a) il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche svolte dal datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato; b) non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; c) quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato .’ (Cass., sez. lav., sent. n. 9790/2020 ripresa, da ultimo, anche da Cass., sez. lav., sent. 13051/2025).
Ciò premesso, si osserva che con il PNC sottoscritto tra le parti, è stato vietato a i svolgere, per un anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e su tutto il territorio italiano, attività lavorativa, in qualsiasi forma, per imprese in concorrenza con la ricorrente, con specifico riferimento a ‘ progettazione, produzione, commercio, importazione e esportazione di prodotti prefabbricati ‘ nei settori cucina e bagno. A fronte del rispetto del vincolo pattizio, si è impegnata a erogare al convenuto una somma lorda pari al 30% della retribuzione fissa annua lorda, moltiplicata per 13, entro trenta giorni dalla cessazione del
rapporto contrattuale (in concreto, effettivamente e prontamente erogata con il cedolino paga di luglio 2025, per la complessiva somma lorda di euro 28.004,73), mentre in ipotesi di sua violazione, il convenuto sarebbe stato costretto alla restituzione dell’intero corrispettivo ricevuto, oltre al pagamento di una penale di pari importo.
Ciò posto, deve ritenersi la nullità del PNC sottoscritto tra le parti in data 1 agosto 2023, atteso che l’oggetto del patto si risolve nella sostanziale impossibilità per il convenuto di svolgere alcuna attività lavorativa relativa al proprio settore di appartenenza e formazione, di fatto realizzando un ‘ assoluta e totale compromissione della sua correlata capacità di produrre reddito. Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, infatti, non può negarsi che
dopo ben 17 anni passati alle dipendenze della ricorrente, possieda una formazione commerciale e una professionalità specifica nel settore della progettazione/produzione di bagni e cucine.
Di contro, tale ampiezza di oggetto non trova alcun positivo bilanciamento in ragione dell’estensione territoriale del patto .
Per contro , l’indubbia ampiezza territoriale del PNC sottoscritto, estesa a tutte le regioni d’Italia, impone al lavoratore di poter svolgere le proprie specifiche mansioni (pattiziamente inibite) unicamente in ambito internazionale.
Quanto al corrispettivo pattuito, la valutazione di congruità e proporzionalità va necessariamente effettuata in relazione alla limitazione delle possibilità lavorative imposte dallo stesso P.N.RAGIONE_SOCIALE. tanto in generale quanto in riferimento alla concreta e specifica professionalità del lavoratore. In particolare, trattandosi di elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso deve possedere i requisiti previsti in generale dall’art. 1346 c.c. per l’oggetto della prestazione e, se riconosciuto determinato o determinabile, non deve essere meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno.
Nel caso di specie – a fronte di: a) un oggetto così ampio da ricomprendere ogni attività lavorativa relativa allo specifico settore di appartenenza e formazione del convenuto; b) un’ampiezza territoriale estesa a tutto il territorio nazionale; c) una durata annuale del P.N.C.; d) la previsione di una penale pari al 100% degli importi ricevuti; – quanto pattuito ex ante (pari al 30% della retribuzione fissa annua lorda, moltiplicata per 13, così per un importo complessivo lordo di 28.003,40 euro) non appare proporzionato rispetto all ‘ abnorme sacrificio richiesto all’ex dipendente . Preme ribadire infatti come dopo 17 anni di impiego presso , abbia sviluppato la propria consolidata professionalità proprio nel
settore in cui opera la ricorrente di talché inibirgli in tutta Italia l’esercizio delle attività di ‘ progettazione, produzione, commercio, importazione e esportazione di prodotti prefabbricati ‘ assume un’ampiezza tale da comprimere l ‘ esplicazione della concreta professionalità del lavoratore, sì da comprometterne ogni correlata potenzialità reddituale .
Pertanto, in ragione di quanto esposto e argomentato, in via preliminare e assorbente, il Tribunale accerta e dichiara la nullità del patto di prova sottoscritto tra le parti in data 1 agosto 2023, con conseguente rigetto della domanda inibitoria svolta da parte ricorrente.
Stante l’insussistenza del requisito del fumus boni iuris , risulta superflua ogni disamina in punto di periculum in mora .
Con riferimento poi alla domanda tesa a ottenere, da parte del convenuto, ‘ l’immediata cancellazione/distruzione dei dati di proprietà esclusiva della Ricorrente ed illegittimamente sottratti dall’Azienda di cui al Doc. 6 ed ancora in suo possesso’ osserva il Tribunale come la ricorrente non abbia offerto concreti elementi in grado di dimostrare che l’ex dipendente si sia effettivamente appropriato né del documento in questione né dei dati in esso contenuti. In disparte la circostanza per cui si tratta di informazioni cui il convenuto aveva in ogni caso legittimo accesso durante la vigenza del rapporto, preme rilevare come tale documento sia stato rinvenuto sul PC aziendale, legittimamente in uso al resistente durante la vigenza del rapporto di lavoro, senza alcuna prova che lo stesso lo abbia duplicato su chiavetta USB o su altro supporto ovvero che lo abbia trasmesso tramite mail. Non può pertanto accogliersi la domanda svolta sul punto da parte ricorrente.
Quanto, infine, alla richiesta di ordinare al convenuto ‘ la cancellazione dal suo profilo LinkedIn della parte in cui esso si qualifica ancora come ‘Responsabile produzione , il fumus della pretesa attiene non tanto alla dedotta violazione del P.N.C. quanto piuttosto a una corretta rappresentazione della attuale realtà lavorativa del convenuto, volta a non ingenerare possibili fraintendimenti circa l ‘ attuale impiego di e la sua riconducibilità alla società ricorrente. Sul punto, in disparte ogni indagine rispetto alla mera potenzialità del periculum dedotto, il Tribunale prende atto della disponibilità manifestata dal convenuto nella propria comparsa di costituzione, in cui lo stesso si è impegnato a modificare tale dicitura indicando, su richiesta di controparte, di aver operato per la ricorrente sino al 16 giugno 2025 e di aver successivamente avviato un rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale ordina quindi al convenuto di provvedere in tal senso entro e non oltre dieci giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza.
Essendosi determinato il rigetto della domanda inibitoria sul rilievo officioso della nullità del P.N.C., le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
-accerta e dichiara la nullità del patto di prova sottoscritto tra le parti in data 1 agosto 2023;
ordina al convenuto di provvedere, entro e non oltre dieci giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza, alla modifica del proprio profilo LinkedIn, indicando di aver operato per la ricorrente sino al 16.06.2025 e di aver successivamente avviato un rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE;
rigetta per il resto;
compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Brescia il 6/11/2025
Si comunichi.
La Giudice
NOME COGNOME