Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4198 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 233/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in LECCE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE LECCE n. 9803/2022 depositata il 12/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si tratta di un ricorso dinanzi al Tribunale di Lecce avverso il diniego di ammissione al patrocinio a spese dello Stato di NOME COGNOME, diniego disposto dal TAR per la Puglia con decreto e confermato con sentenza del 2022. Il giudizio cui la richiesta si correlava aveva ad oggetto l’impugnazione del provvedimento emesso dallo sportello u nico per l’ immigrazione presso la Prefettura di Lecce, con il quale era stata rifiutata la domanda di emersione da lavoro irregolare e la domanda di rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Era stato negato il patrocinio in quanto il ricorso principale era stato ritenuto manifestamente infondato. In primo grado, il TAR per la Puglia aveva rigettato l’istanza cautelare, ritenendo infondato il ricorso. Il Consiglio di Stato aveva accolto il reclamo cautelare, riconoscendo prevalente l’interesse rappresentato dall’appellante, ma demandando ogni ulteriore valutazione alla sede di merito. Il Tribunale di Lecce ha rigettato, richiamando l’art. 136 d.p.r. 115/2002, che valorizza come elemento per escludere il beneficio il fatto di agire in giudizio con mala fede o colpa grave.
Ricorre in cassazione la parte privata con due motivi, illustrati da memoria. Resiste il Ministero con controricorso. Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione nel senso della manifesta inammissibilità o infondatezza. Il ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Del collegio fa legittimamente parte, in qualità di Presidente, il Consigliere Dr. NOME COGNOME che ha redatto la proposta di definizione. Infatti, secondo Cass. SU 9611/2024: « Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non
versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa » .
– Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 136 co. 2 e 170 del d.p.r. 115/2002. Si sostiene che il Tribunale di Lecce avrebbe dovuto valutare se il diniego o la revoca del patrocinio a spese dello Stato fossero stati disposti nel rispetto dei crite ri previsti dall’art. 136 co. 2, in particolare esaminando se la domanda fosse manifestamente infondata o se la parte avesse agito con mala fede o colpa grave. Si afferma che il Tribunale ha omesso tale verifica e non ha tenuto conto dell’accoglimento dell’appello cautelare da parte del Consiglio di Stato, il quale dimostrerebbe la non manifesta infondatezza della domanda. La mancata considerazione di tale elemento costituirebbe una violazione della norma sopra citata.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., in relazione alla motivazione inesistente o meramente apparente dell’ordinanza impugnata. Si afferma che il Tribunale si è limitato a riportare una massima giurisprudenziale senza esplicitare le ragioni per cui essa dovrebbe applicarsi al caso concreto. Non sono state chiarite le motivazioni per le quali la domanda sarebbe stata considerata pretestuosa o manifestamente infondata, né sono stati evidenziati gli elementi che giustificherebbero il richiamo alla giurisprudenza menzionata. Si sottolinea che il Tribunale avrebbe omesso di indicare le « ragioni finora esposte » cui ha fatto riferimento nella motivazione, rendendo il provvedimento impugnato nullo per difetto assoluto di motivazione.
I due motivi sono da esaminare congiuntamente per connessione. Essi sono rigettati.
L’argomento fondamentale fatto valere dal ricorrente si appoggia all’accoglimento dell’istanza cautelare da parte del Consiglio di Stato che ha rilevato « debba ritenersi prevalente l’interesse rappresentato da parte appellante ». Nella parte censurata dai motivi di ricorso il Tribunale di Lecce ha ritenuto che tale accoglimento non sia « una pronuncia di merito rispetto alla sussistenza del fumus bonis iuris, avendo lo stesso organo demandato la valutazione delle dedotte questioni «nella più opportuna sede di merito ». Al di là della formulazione non del tutto limpida, il Tribunale ha inteso dire che l’accoglimento dell’istanza cautelare da parte del Consiglio di Stato nel caso di specie è focalizzato sulla sussistenza di un periculum in mora , prevalente su ogni altra considerazione. Tale valutazione non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità. Infatti, essa presuppone il corretto riconoscimento dell’autonomia strutturale e funzionale del procedimento cautelare rispetto alla causa di merito. È quest’ultima che costituisce l’oggetto del giudizio di manifesta infondatezza che ha condotto al diniego del patrocinio a spese dello Stato. La controprova consta in atti: il primo grado di giudizio si è concluso con esito negativo per il ricorrente, all’esito di una cognizione che conferma le pregresse valutazioni di manifesta infondatezza della domanda introduttiva del giudizio per il quale è stata chiesta l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 1.500, oltre alle spese prenotate a debito. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 1.500 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 2.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.