Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32773 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32773 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE idrico dipendenti passati da enti locali a società di gestione del detto RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6643/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente principale e ricorrente incidentale –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente incidentale e controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE Enna in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l ‘AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Ca ltanissetta n. 311/2019 pubblicata l’8 agosto 2019 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha dedotto, con ricorso depositato il 18 novembre 2015, che:
era dipendente del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE fin dal 16 aprile 1991, con inquadramento nella categoria A, posizione economica A4 e profilo professionale di operatore fontaniere;
in forza dell’art. 2 della Convenzione sottoscritta il 16 maggio 2006 tra il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, gestore del RAGIONE_SOCIALE idrico RAGIONE_SOCIALE nell’ambito RAGIONE_SOCIALE della Provincia di Enna, era stato posto in comando presso quest’ulti ma e incluso nell’elenco del personale comunale soggetto a trasferimento ;
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva domandato già con nota del 15 marzo 2004 se fosse disponibile a transitare ai nuovi enti destinatari della gestione esternalizzata dei servizi in questione, ricevendo risposta negativa;
il comando, in origine fissato al 30 giugno 2006, era stato prorogato al 31 dicembre 2014;
il 24 luglio 2013 NOME aveva notificato un’offerta formale di assunzione, alla quale aveva risposto negativamente;
NOME NOME, dato atto del rifiuto, aveva disposto la cessazione del comando alla data del 31 dicembre 2013;
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, il 6 giugno 2014, aveva deliberato di disporre ex art. 31 d.lgs. n. 165 del 2001, il trasferimento definitivo presso RAGIONE_SOCIALE del personale indicato (fra cui non vi era il ricorrente) dal 1° gennaio 2014, dando atto che si trattava di trasferimento ai sensi dell’art. 2112 c.c.;
in seguito a tale delibera, era rimasto senza lavoro.
Il ricorrente ha chiesto che, previa declaratoria di illegittimità della deliberazione del 6 giugno 2014, fosse dichiarato che era dipendente del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per effetto della facoltà di opzione da lui esercitata ai sensi dell’art. 36, comma 3, della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003, con condanna dello stesso RAGIONE_SOCIALE a reimmetterlo in RAGIONE_SOCIALE nel posto di lavoro in precedenza occupato e risarcimento del danno.
In via subordinata, ha domandato fosse affermato il suo diritto al passaggio diretto e immediato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE, con risarcimento del danno.
Si sono costituiti il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE e sono rimasti contumaci la Presidenza della RAGIONE_SOCIALE siciliana e l’RAGIONE_SOCIALE regionale.
Il Tribunale di Enna, con sentenza n. 197/2017, disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato le domande del ricorrente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e ha accertato il suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE senza soluzione di continuità dal 1° gennaio 2014, con conservazione dei diritti acquisiti e mantenimento dello status giuridico e economico maturato presso l’ente di provenienza, negando il risarcimento del danno.
NOME COGNOME ha proposto appello.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è costituito.
RAGIONE_SOCIALE Enna si è costituito e ha proposto appello incidentale in ordine al suo difetto di legittimazione passiva.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con appello incidentale.
Sono rimasti contumaci la Presidenza della RAGIONE_SOCIALE siciliana e l’RAGIONE_SOCIALE regionale.
La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza n. 311/2019, ha accolto l’appello principale di NOME COGNOME in ordine al mancato risarcimento del danno.
NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
NOME COGNOME, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE si sono difesi con controricorso.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione successivo fondato su due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE si sono difesi con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso e ha presentato ricorso incidentale sulla base di due motivi.
Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che il ricorso di NOME COGNOME, notificato lo stesso giorno di quello della RAGIONE_SOCIALE (8 febbraio 2020), è stato depositato in data successiva (il 2 marzo 2020) rispetto a quello della RAGIONE_SOCIALE (iscritto il 25 febbraio 2020).
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che l’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti d’impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza
dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorso sia stato già notificato ad iniziativa della controparte, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale, sempreché siano stati rispettati i relativi termini. Peraltro, ai fini dell’applicazione del suddetto principio, nel caso in cui i due ricorsi siano stati notificati nella stessa data, l’individuazione, tra essi, del ricorso principale e di quello incidentale, risultando impossibile in base al criterio della data della notifica, deve effettuarsi con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, considerandosi principale il ricorso depositato per primo e, di conseguenza, incidentale quello depositato successivamente (Cass., Sez. L, n. 4088 del 14 giugno 1983).
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., il ricorso di NOME COGNOME va qualificato come incidentale, mentre quello della RAGIONE_SOCIALE è principale .
2) Con il primo motivo la società ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 12 della legge n. 36 del 1994, degli artt. 36 e 37 della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003 e dell’art. 173 della legge n. 152 del 2006 in quanto NOME COGNOME si sarebbe avvalso del diritto di opzione a lui riconosciuto dall’art. 36 della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003 al fine di rimanere in RAGIONE_SOCIALE presso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE su richiesta del medesimo RAGIONE_SOCIALE il quale, con delibera n. 25 del 28 gennaio 2013, avrebbe inserito, nella propria pianta organica, gli operatori fontanieri, qualifica alla quale apparteneva il lavoratore.
In particolare, la corte RAGIONE_SOCIALE, ordinando il passaggio presso il nuovo gestore senza soluzione di continuità, avrebbe privato di valore la manifestazione di volontà resa dal dipendente.
In pratica, ad avviso di parte ricorrente principale, il lavoratore avrebbe avuto diritto al trasferimento, ma avrebbe dovuto manifestare, comunque, un consenso che, invece, sarebbe mancato.
La doglianza è infondata.
nde municipalizzate o consortili a società private che esercitano le medesime funzioni, si applica, ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, la disciplina del trasferimento di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile’.
Questa disposizione è stata abrogata dall’art. 173 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, però, ne ha confermato l’impostazione di fondo, stabilendo che ‘ gislazione regionale adottata ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005
articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile’.
Si tratta di una disciplina che configura una fattispecie legale tipica di passaggio, da ente pubblico a gestore privato, di attività, per il quale è sancito ope legis un travaso diretto e immediato del personale.
La norma è finalizzata, infatti, ad una riorganizzazione complessiva della gestione del RAGIONE_SOCIALE, con esternalizzazione della funzione affidata originariamente ai singoli Comuni, e clausola sociale rivolta alla salvaguardia dei rapporti di lavoro in essere presso i corrispondenti servizi degli enti pubblici di provenienza.
Il passaggio è, quindi, necessitato e l’ente gestore è unicamente vincolato al rispetto della garanzia di continuità di occupazione del personale trasferito, con applicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, della disciplina del trasferimento del ramo d’azienda di cui all’art. 2112 c.c., al quale la prima fa espresso richiamo (per considerazioni similari, con riferimento al passaggio di personale al nuovo gestore del RAGIONE_SOCIALE ex art. 202, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, la regolamentazione del quale è, peraltro, sostanzialmente simile in parte qua , Cass., Sez. L, n. 16941 del 27 giugno 2018).
In quest’ottica, l’utilizzo, nel testo del citato art. 31, dei due termini ‘trasferimento’ o ‘conferimento di attività’, esprime, attraverso la loro ampia valenza semantica, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro applicativo della disposizione ogni vicenda traslativa riguardante ‘un’attività svolta’ dal soggetto pubblico, per cui non è richiesta o presupposta alcuna cessione d’azienda formale, bastando il più semplice trasferimento di ‘un’attività svolta’ fino a quel determinato momento da un soggetto pubblico, indipendentemente dal tipo di strumento tecnico adoperato nella vicenda amministrativa di trasferimento o conferimento, il tutto nell’ottica di una tutela giuslavoristica dei dipendenti pubblici addetti
all’attività trasferita che conduce a prescindere da ogni accertamento sull’assimilabilità della vicenda traslativa ad una cessione di azienda in senso proprio.
Alla luce di questa ricostruzione, il motivo si palesa infondato, essendo l’eventuale assenso o rifiuto del dipendente al passaggio privo di rilievo, trovando la vicenda fonte esclusiva nella legge.
Con il secondo motivo la società ricorrente principale lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 1217, 1218, 1220, 1227 e 1454 c.c. in quanto il rifiuto del lavoratore di fornire la propria prestazione lavorativa avrebbe fatto venire meno ogni sua responsabilità, costituendo eventualmente in mora debendi il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, al quale il dipendente avrebbe offerto, senza successo, le sue energie lavorative.
La condotta del ricorrente incidentale, comunque, avrebbe determinato o concorso ad aggravare il danno, avendo egli non accettato una proposta di impiego remunerativa.
Sarebbe stato violato pure l’art. 36, comma 3, della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003 perché il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, offrendo al lavoratore di restare al suo RAGIONE_SOCIALE, avrebbe rinunciato alla prerogativa legislativa posta a sua tutela di accettare o meno la disponibilità del dipendente.
La prova di ciò sarebbe stata ricavabile dalla missiva del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 15 marzo 2004.
La doglianza è inammissibile, non avendo la parte compreso la ratio della decisione.
Infatti, la corte RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello del lavoratore valorizzando la circostanza che l’offerta lavorativa della società ricorrente era avvenuta prima del trasferimento del primo alle dipendenze della seconda. Sulla base di questo presupposto, ossia l’inizio per legge del rapporto con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal 1° gennaio 2014, il giudice ha reputato ‘fatto assolutamente privo di rilievo giuridico’ l’offerta formale per intimazione del 24 luglio 2013, il che
è assolutamente logico, atteso che il detto lavoratore era divenuto dipendente della menzionata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE successivamente.
Sul punto, la contestazione di parte ricorrente principale è assolutamente generica, consistendo nella mera rappresentazione della decisività del rifiuto del dipendente, nella specie assolutamente da escludere.
Questa considerazione rende non significativa la giurisprudenza di legittimità citata nel ricorso principale (Cass., Sez. L, n. 11835, 11989 e 11990 del 2018), atteso che questa ha riguardato ipotesi nelle quali l’offerta lavorativa rifiutata era giunta dopo che avrebbe dovuto instaurarsi, per legge, il rapporto di lavoro.
Quanto alla circostanza che la condotta del lavoratore avrebbe determinato o concorso ad aggravare il danno, avendo egli non accettato una proposta di impiego remunerativa, si evidenzia che il dipendente non aveva alcun obbligo in questo senso e che, in ogni caso, la corte RAGIONE_SOCIALE ha accertato, con una valutazione di merito qui non più censurabile, che detto rifiuto era stato causato dall’improvvida condotta degli enti coinvolti, ‘che ingenerarono nel dipendente l’erroneo convincimento di potere davvero legittimamente optare per il mantenimento del posto di lavoro presso l’ente locale di provenienza’.
Va esclusa, infine, l’ipotizzata violazione dell’art. 36, comma 3, della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003, in parte perché non risulta prospettata nei gradi precedenti la questione della rinuncia, ad opera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla prerogativa legislativa posta a sua tutela di accettare o meno la disponibilità del dipendente, in parte a fronte dell’efficacia per legge del passaggio, dell’accertamento di merito dell’assenza di una volontà dell’ente locale di tenere con sé il lavoratore e della mancata allegazione del presupposto di esercizio di siffatta volontà, ossia un’apposita contrattazione decentrata.
Con il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale, che possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta
connessione, NOME COGNOME lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., atteso che la prova del consenso dell’ente locale a mantenere al suo RAGIONE_SOCIALE la controparte era stata raggiunta con la dimostrazione della richiesta dell’ente medesimo al lavoratore di esprimere o meno il proprio consenso a restare, come convenuto con le OO.SS. provinciali ed aziendali.
La corte RAGIONE_SOCIALE avrebbe pure male interpretato l’art. 36, comma 3, della legge RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 20 del 2003 e omesso di esaminare il fatto che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nulla aveva mai obiettato alla sua volontà di permanenza.
Le doglianze sono inammissibili, in quanto si sostanziano in una richiesta a questo Collegio di rivalutare le risultanze istruttorie e la condotta delle parti e non si confrontano con la considerazione della Corte d’appello di Caltanissetta per cui l’originario ricorrente non solo non avrebbe provato, ma neppure dedotto l’esistenza dell’accordo de quo e, soprattutto, dell’accordo di contrattazione decentrata che ne era presupposto necessario.
Il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE, essendo collegato al ricorso incidentale di NOME COGNOME, il quale è da considerare inammissibile, è tardivo rispetto alla data di pubblicazione – 8 agosto 2019 – della sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta, in quanto notificato il 22 maggio 2020, e, pertanto, deve essere dichiarato inefficace ex art. 334, comma 2, c.p.c.
Il ricorso principale è rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘Nel pubblico impiego contrattualizzato, l’art. 173 del d.lgs. n. 152 del 2006, stabilendo che il personale il quale, alla data del 31 dicembre 2005
una fattispecie legale tipica di passaggio, da ente pubblico a gestore privato, di attività, per il quale è sancito ope legis un trasferimento diretto e immediato del personale, con riferimento a cui, stante il suo carattere necessitato, non assume rilievo il consenso o meno del lavoratore, mentre l’ente gestore è vincolato al rispetto della garanzia di continuità di occupazione del personale trasferito, con applicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, della disciplina del trasferimento del ramo d’azienda ex art. 2112 c.c.’.
Il ricorso incidentale di NOME COGNOME è dichiarato inammissibile.
Il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE è dichiarato inefficace.
Le spese di lite fra tutte le parti del presente giudizio di legittimità sono compensate ai sensi dell’art. 92 c.p.c., in ragione della novità della questione.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale di NOME COGNOME e inefficace quello della RAGIONE_SOCIALE;
compensa fra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità;
-attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente principale e di NOME
COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione