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Giurisprudenza Civile

Sequestro conservativo: quando il periculum non basta

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato una richiesta di sequestro conservativo su una cospicua somma derivante da una vendita all’asta. Gli eredi di un venditore, pur avendo ottenuto una sentenza (non definitiva) di risoluzione del contratto di vendita, non hanno potuto ottenere la misura cautelare perché non hanno dimostrato il ‘periculum in mora’, ovvero il concreto rischio che la controparte disperdesse il proprio patrimonio in attesa della decisione finale.

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Sospensione sentenza: la disabilità non prova il danno

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato la richiesta di sospensione sentenza di primo grado. L’appellante, condannato in una causa di successione, aveva addotto uno stato di invalidità e insolvenza come ‘periculum in mora’. La Corte ha ritenuto la prova insufficiente, poiché non supportata da documentazione reddituale e patrimoniale, a fronte di una visura immobiliare prodotta dalla controparte che attestava la titolarità di numerosi immobili in capo all’appellante.

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Sospensione sentenza: quando è manifestamente infondata

La Corte d’Appello di Roma ha respinto un’istanza di sospensione sentenza, ritenendo i motivi d’appello, relativi a una servitù di passaggio e alle spese legali, non manifestamente fondati. La Corte ha inoltre stabilito che l’appellante non ha fornito prova di un rischio di danno grave e irreparabile (periculum in mora), requisito essenziale per la concessione della sospensiva.

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Sospensione esecutività sentenza: quando è negata?

Una società, condannata in primo grado al risarcimento danni per la perdita di un parente, ha richiesto in appello la sospensione del pagamento. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta di sospensione esecutività sentenza, non ravvisando né la manifesta fondatezza dell’appello (fumus boni iuris) né il rischio di un danno grave e irreparabile (periculum in mora), data la solidità economica dei creditori.

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Sospensione sentenza appello: quando è negata

Un notaio, condannato in primo grado al risarcimento danni per responsabilità professionale, ha richiesto la sospensione della sentenza in appello. La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’istanza, ritenendo che non sussistessero errori manifesti nella sentenza impugnata e che il rischio di irrecuperabilità della somma, in caso di esito favorevole dell’appello, non fosse stato provato in modo assoluto, avendo la parte creditrice dimostrato la propria solvenza.

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Sospensione efficacia esecutiva: quando è negata?

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato un’istanza di sospensione efficacia esecutiva di una sentenza che ordinava il rilascio di un immobile. La decisione si fonda sulla mancanza di prove evidenti di fondatezza dell’appello (fumus boni juris) e sull’assenza di un danno grave e irreparabile (periculum in mora). Il rischio di trasformazione del bene è stato ritenuto una mera eventualità, e il credito per miglioramenti non è stato considerato motivo valido per la sospensione.

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Sospensione decreto ingiuntivo: limiti in appello

Una società si opponeva a un decreto ingiuntivo per 5 milioni di euro. Perso il primo grado, ha chiesto in appello la sospensione della sentenza. La Corte ha dichiarato la richiesta inammissibile, chiarendo che la sospensione del decreto ingiuntivo non può essere decisa in appello, in quanto il potere del giudice riguarda solo la sentenza impugnata e non il provvedimento monitorio originario.

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Sospensione efficacia esecutiva: quando viene negata?

La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza. La corte ha ritenuto che l’appello non fosse manifestamente fondato e che la parte appellante non avesse provato un danno grave e irreparabile (periculum in mora), né un rischio concreto di insolvenza della controparte. La richiesta di sospensione efficacia esecutiva è stata quindi rigettata.

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Sospensione efficacia esecutiva: quando si nega?

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato un’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza di primo grado. La Corte ha ritenuto insussistenti sia il ‘fumus boni iuris’, dato che l’appellante aveva ottenuto il beneficio fiscale oggetto della consulenza, sia il ‘periculum in mora’, non avendo l’appellante provato il rischio di insolvenza della controparte.

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Giudicato interno: ASL non può contestare i contratti

Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale per il pagamento di prestazioni. La Corte d’Appello ha respinto la domanda sollevando d’ufficio questioni sulla validità dei contratti e sull’accreditamento. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che su questi punti si era formato un ‘giudicato interno’, poiché non erano stati oggetto di specifica contestazione da parte dell’ASL nell’atto di appello, impedendo al giudice di riesaminarli.

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Improcedibilità del ricorso: errore nel deposito atti

La Corte di Cassazione dichiara l’improcedibilità del ricorso di una lavoratrice a causa di un errore formale: il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata. L’ordinanza sottolinea come il rispetto dei requisiti procedurali, come quello previsto dall’art. 369 c.p.c., sia un presupposto indispensabile per l’esame del merito del gravame, rendendo l’errore commesso insuperabile.

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Regolamento competenza: inammissibile se interlocutorio

La Cassazione dichiara inammissibile un regolamento di competenza contro un’ordinanza che rigetta un’eccezione di incompetenza, poiché la decisione ha natura interlocutoria e non definitiva. Inoltre, ribadisce che le cause su contratti di locazione sono di competenza esclusiva del Tribunale, a prescindere dal valore.

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Errore materiale: codice fiscale errato non salva

Un datore di lavoro, condannato a un cospicuo risarcimento per una collaboratrice domestica, ha tentato di invalidare la sentenza a causa di un codice fiscale errato. Sostenendo si trattasse di uno scambio di persona, ha presentato ricorso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, qualificando l’inesattezza come un semplice errore materiale correggibile, che non intacca la validità della decisione, poiché l’identità del datore di lavoro era stata chiaramente accertata durante il processo.

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Indennità dirigente: CCNL CONFAPI e licenziamento

Un dirigente, licenziato per soppressione del posto, contesta l’importo dell’indennità ricevuta, basandosi sul CCNL CONFAPI. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli, la Corte di Cassazione, riconoscendo la novità e l’importanza della questione sull’indennità dirigente, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per una decisione che avrà valore di precedente.

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Esecuzione forzata abusiva: quando è legittima?

Un’azienda ha citato in giudizio un ex dipendente per danni derivanti da una presunta esecuzione forzata abusiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’azienda inammissibile, confermando la legittimità dell’azione del lavoratore. Quest’ultimo, infatti, aveva agito solo dopo la scadenza del termine di pagamento indicato nel precetto e senza aver ricevuto alcuna comunicazione dell’avvenuto, seppur tardivo, pagamento da parte dell’azienda.

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Giurisdizione pubblico impiego: giudice competente?

La Corte di Cassazione conferma la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie successive alla conclusione di un concorso pubblico. Un provvedimento di decadenza per mancata assunzione in servizio non è espressione di potere autoritativo, ma un atto di natura negoziale che rientra nella competenza del giudice del lavoro. La Cassazione chiarisce la regola sulla giurisdizione nel pubblico impiego contrattualizzato.

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Risarcimento danni immobile: la prova del danno concreto

Un acquirente ha scoperto difetti acustici in un immobile che è stato successivamente venduto all’asta. Ha citato in giudizio la compagnia assicuratrice per ottenere un indennizzo. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento danni immobile, confermando che l’attore non è riuscito a dimostrare una perdita finanziaria concreta derivante dal difetto. Il solo costo della riparazione non costituisce una prova sufficiente del danno quando l’immobile è stato alienato.

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Garanzia vizi immobile: la parola del venditore conta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17080/2025, ha confermato la condanna dell’erede del venditore a risarcire gli acquirenti per abusi edilizi non dichiarati. Il caso riguarda l’acquisto di un immobile con un piano sopraelevato abusivo, nonostante nel rogito fosse garantita la piena conformità alla licenza edilizia. La Corte ha ribadito che la garanzia vizi immobile prevale quando l’acquirente fa affidamento sulle dichiarazioni del venditore, a meno che non sia provata la sua conoscenza effettiva del difetto. La semplice disponibilità del bene prima dell’acquisto non è sufficiente a dimostrare tale conoscenza.

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Prescrizione buoni postali: l'onere della prova

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un caso di prescrizione buoni postali. I giudici di merito avevano negato la prescrizione per mancata prova della consegna del foglio informativo al risparmiatore. La Suprema Corte, prima di decidere nel merito, ha ordinato l’acquisizione del fascicolo per verificare la regolarità della notifica del ricorso all’avvocato della controparte, sollevando un vizio procedurale.

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Impugnazione delibera assembleare: i termini decadenza

Un azionista ha citato in giudizio una società per i danni derivanti da un’operazione di aumento di capitale ritenuta ‘iperdiluitiva’. La sua richiesta è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo principale del rigetto è la tardività dell’azione: la domanda di risarcimento danni, legata all’impugnazione della delibera assembleare, deve essere proposta entro il termine di decadenza di 90 giorni previsto dalla legge, termine non rispettato in questo caso.

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