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Giurisprudenza Civile

Divieto di espulsione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Giudice di Pace che convalidava un decreto di espulsione a carico di un cittadino straniero con una richiesta di protezione internazionale pendente. La Suprema Corte ha ribadito il principio del divieto di espulsione in pendenza del procedimento, come sancito dalla legge, cassando la decisione e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Eccezione di inadempimento: onere della prova

La Corte di Cassazione chiarisce che, in caso di eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare, spetta al professionista creditore dimostrare di aver eseguito correttamente la propria prestazione. La Corte ha rigettato il ricorso di un professionista che richiedeva il pagamento per perizie immobiliari ritenute inesatte, confermando che l’onere della prova dell’esatto adempimento grava su chi agisce per il pagamento.

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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo

In un caso davanti alla Corte di Cassazione, la parte che aveva presentato appello ha deciso di ritirarlo. Questa rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, ha portato la Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio. Le spese legali sono state compensate tra le parti, come concordato nell’atto di rinuncia.

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Rinvio dell'udienza: la Cassazione decide così

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha disposto il rinvio dell’udienza relativa a un ricorso tra uno studio professionale e una società in fallimento. La decisione di posticipare la trattazione è stata motivata dalla necessità di esaminare il caso congiuntamente ad altri ricorsi pendenti che vertono sulle medesime questioni giuridiche, al fine di garantire uniformità di giudizio.

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Compenso professionale concordato: quando è unico?

Un professionista chiede il pagamento per un incarico legato a un concordato preventivo. La Cassazione conferma la decisione di merito che ha ridotto il compenso professionale concordato, ritenendo che due incarichi formalmente separati costituissero in realtà un unico mandato, già in gran parte retribuito.

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Ricorso: il termine breve per impugnare e i rischi

La Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile un ricorso a causa di un errore formale del ricorrente. Quest’ultimo, pur avendo menzionato nel suo atto di aver ricevuto la notifica della sentenza d’appello, non ha poi depositato la copia notificata nei termini di legge. La Corte ha ribadito che la dichiarazione di avvenuta notifica fa scattare il termine breve per impugnare e impone al ricorrente l’onere di produrre la relativa prova, pena l’improcedibilità del ricorso. La decisione sottolinea il principio di autoresponsabilità delle parti nel processo civile.

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Risarcimento frode sportiva: onere della prova

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di risarcimento frode sportiva derivante da un noto scandalo calcistico. La Corte ha rigettato le richieste di due società, una per un vizio procedurale di tardiva riassunzione del giudizio, l’altra per non aver provato il nesso di causalità tra la frode e la retrocessione subita. L’ordinanza chiarisce che spetta al danneggiato dimostrare che, senza l’illecito, l’esito del campionato sarebbe stato diverso, e ribadisce l’inammissibilità della richiesta di danni da parte del socio per un pregiudizio diretto alla società (danno riflesso).

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Responsabilità esecutore lavori: chi paga i danni?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la persona che esegue materialmente lavori di ristrutturazione causando danni a terzi è direttamente responsabile, anche se non è il proprietario dell’immobile. In questo caso, un uomo aveva causato il cedimento di un solaio eseguendo lavori nell’appartamento di proprietà della moglie. La Corte ha rigettato la sua difesa basata sulla mancanza di titolarità dell’immobile, confermando la sua piena responsabilità esecutore lavori in quanto autore materiale del danno.

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Risarcimento danno reputazione: no a prove in re ipsa

La Corte di Cassazione conferma la condanna per due condomini che avevano accusato l’amministratore di appropriazione indebita in un ricorso. Si stabilisce che il risarcimento danno reputazione non è automatico (non è ‘in re ipsa’), ma può essere provato tramite presunzioni basate sulla gravità dell’accusa, la sua diffusione e il ruolo professionale della vittima. L’accusa, sebbene basata su un’operazione contabile reale, è stata ritenuta diffamatoria perché presentata in modo strumentale e allusivo, eccedendo le necessità difensive.

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Errore di fatto: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6122/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, sottolineando la distinzione tra un vero errore di fatto e il tentativo di riproporre censure di merito. Il caso riguardava un’opposizione in una procedura esecutiva immobiliare. La Corte ha chiarito che la revocazione è ammissibile solo per una svista materiale su atti processuali, non per contestare la valutazione giuridica della Corte stessa.

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Clausola di salvaguardia: sì ai docenti precari

Una docente, precedentemente impiegata con contratti a tempo determinato e poi assunta a tempo indeterminato, ha richiesto l’applicazione della “clausola di salvaguardia” prevista dal CCNL del 2011, che tutelava il trattamento retributivo preesistente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando il carattere discriminatorio dell’esclusione dei docenti precari da tale beneficio. La Corte ha specificato che un eventuale regime più favorevole nella ricostruzione di carriera non può giustificare una discriminazione stipendiale basata sulla natura del contratto di lavoro.

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Personale docente: no alla discriminazione retributiva

La Corte di Cassazione conferma il principio di non discriminazione per il personale docente assunto a tempo determinato e poi immesso in ruolo. È illegittima la norma contrattuale che esclude i precari dalla ‘clausola di salvaguardia’ retributiva, anche se hanno beneficiato di una ricostruzione di carriera favorevole. La discriminazione va valutata sulla singola condizione di impiego e non con una comparazione globale dei trattamenti.

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Licenziamento disciplinare: quando inizia il termine?

La Corte di Cassazione conferma un licenziamento disciplinare, chiarendo due principi chiave. Primo: il datore di lavoro è l’ente che stipula il contratto, non quello che lo finanzia. Secondo: il termine per concludere il procedimento disciplinare decorre non dalla mera notizia del fatto, ma dall’acquisizione di tutti gli elementi necessari a una valutazione completa della condotta del dipendente.

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Licenziamento disciplinare: quando scatta il termine?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6136/2025, ha rigettato il ricorso di un dirigente pubblico contro il suo licenziamento disciplinare. La Corte ha stabilito che il termine per avviare l’azione disciplinare (dies a quo) non decorre da una mera segnalazione interna, ma dal momento in cui l’amministrazione ha un quadro completo dei fatti a seguito degli accertamenti necessari. Inoltre, ha confermato che l’archiviazione di un procedimento penale non influisce sulla legittimità del licenziamento disciplinare basato su illeciti amministrativo-contabili.

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Manleva assicurativa: quando scatta la seconda polizza?

La Corte di Cassazione chiarisce le condizioni per l’attivazione di una polizza assicurativa ‘a secondo rischio’. In un caso di responsabilità medica, la Corte ha respinto il ricorso di una dottoressa che chiedeva di essere tenuta indenne dalla propria assicurazione, poiché non era stato dimostrato il superamento del massimale della polizza primaria dell’azienda sanitaria. La decisione sottolinea l’importanza di provare le condizioni contrattuali per ottenere la manleva assicurativa.

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Licenziamento per assenze ingiustificate: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per assenze ingiustificate di una dipendente pubblica. La sentenza stabilisce che, ai fini della valutazione della proporzionalità della sanzione, il giudice può considerare l’intera condotta del lavoratore, inclusa la mancata adesione a un piano di recupero per assenze precedenti, anche se non formalmente contestate. Tale comportamento complessivo è stato ritenuto idoneo a ledere in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro.

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Natura demaniale dei suoli: chi decide? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di diverse amministrazioni pubbliche in una controversia sulla proprietà di alcuni terreni costieri. È stata confermata la giurisdizione del giudice ordinario civile per accertare la natura demaniale dei suoli, in quanto questione relativa a diritti soggettivi, anche se connessa a una richiesta di risarcimento per occupazione illegittima, potenzialmente di competenza amministrativa. La Corte ha stabilito che la domanda di accertamento della proprietà privata implica necessariamente la contestazione della demanialità, senza costituire una modifica inammissibile della domanda.

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Licenziamento disciplinare: quando inizia il termine?

Una dipendente pubblica impugna il proprio licenziamento disciplinare per falsa attestazione della presenza, sostenendo la tardività della contestazione. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che il termine per l’azione disciplinare decorre non dal mero sospetto, ma dal momento in cui l’amministrazione acquisisce piena conoscenza dei fatti, in questo caso tramite l’accesso al fascicolo penale. La Corte ha ritenuto che solo in quel momento l’ente avesse tutti gli elementi per una contestazione fondata, confermando la legittimità del licenziamento.

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Scorrimento graduatoria: chi decide? La Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito la questione della giurisdizione in materia di scorrimento graduatoria nel pubblico impiego. Il caso riguardava alcuni candidati risultati idonei in un concorso pubblico che, anziché essere assunti, vedevano l’ente locale indire nuove procedure selettive interne. La Suprema Corte ha stabilito che la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, e non a quello ordinario, quando la pretesa all’assunzione non si basa su un semplice diritto allo scorrimento, ma consegue alla contestazione delle scelte discrezionali e di macro-organizzazione della Pubblica Amministrazione, come l’indizione di nuovi concorsi. Tale contestazione investe l’esercizio del potere pubblico, tutelando una posizione di interesse legittimo.

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Perdita di chance: prova necessaria per il risarcimento

Una dipendente pubblica, a seguito dell’annullamento di una sua valutazione negativa, ha richiesto un risarcimento per la mancata progressione economica. I tribunali di merito hanno respinto la domanda per mancanza di prove concrete sulla perdita di chance. La Corte di Cassazione ha confermato tali decisioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza sottolinea che l’illegittimità di un atto non comporta un risarcimento automatico: è onere del lavoratore dimostrare, con prove concrete, di aver perso una reale e significativa opportunità di avanzamento.

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