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Giurisprudenza Civile

Liquidazione giudiziale: i presupposti per l'apertura

Il Tribunale di Torino ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale per un’impresa individuale. La decisione si basa sulla presenza di un debito scaduto superiore a €30.000, sull’incapacità dell’imprenditore di dimostrare il possesso dei requisiti per essere considerato ‘impresa minore’ e sulla conclamata situazione di insolvenza, manifestata dall’impossibilità di far fronte regolarmente ai propri pagamenti. Questa sentenza chiarisce i presupposti fondamentali per l’avvio della procedura di liquidazione giudiziale.

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Usucapione beni immobili: prova e animus possidendi

Due eredi, già comproprietari di una minima quota di alcuni immobili, hanno ottenuto dal Tribunale di Torino il riconoscimento della piena proprietà per la restante parte tramite usucapione. L’ordinanza ha accolto la loro domanda basandosi sulle prove testimoniali che hanno confermato il loro possesso esclusivo, pubblico e ininterrotto per oltre vent’anni, iniziato dal loro defunto padre. La decisione sottolinea l’importanza di dimostrare non solo l’utilizzo materiale del bene, ma anche l’intenzione di possederlo come unici proprietari (animus possidendi), anche in assenza di opposizione da parte degli altri intestatari catastali, rimasti contumaci.

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Occupazione illegittima: la prova della proprietà

Un Comune ha citato in giudizio un’emittente radiofonica per l’occupazione illegittima di un terreno con un impianto di trasmissione. In primo grado la domanda è stata respinta per carenza di prova della proprietà. La Corte d’Appello ha riformato la sentenza, riconoscendo la proprietà del Comune sulla base di visure catastali storiche e perizie. Di conseguenza, ha dichiarato l’occupazione illegittima, ordinato la rimozione dell’impianto e condannato l’emittente al risarcimento del danno per la perdita della possibilità di godimento del bene, liquidato in via equitativa.

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Riscatto leasing tardivo: è valido?

Una società ha tentato di esercitare l’opzione di riscatto di un’autovettura in leasing dopo la scadenza contrattuale, basandosi su comunicazioni con agenzie terze. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, stabilendo che il riscatto leasing tardivo non è valido se la società concedente ha già manifestato la volontà di avvalersi della decadenza e se non è provato che le agenzie terze avessero il potere di rappresentarla e di rinunciare a tale decadenza. La decisione sottolinea la rigidità dei termini contrattuali e l’onere della prova a carico di chi afferma l’esistenza di un potere di rappresentanza.

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Revisione tabelle millesimali: basta la maggioranza

Un condomino impugna la delibera di approvazione delle nuove tabelle millesimali, sostenendo fosse necessaria l’unanimità. La Corte d’Appello di Roma respinge il ricorso, confermando che per la revisione tabelle millesimali, dovuta a un notevole aumento di volumetria di un’unità immobiliare (superiore a 1/5), è sufficiente il voto a maggioranza qualificata, in quanto l’atto ha natura ricognitiva e non negoziale.

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Garanzia cessione quote: la sentenza della Corte

La Corte d’Appello di Roma ha esaminato un caso di garanzia nella cessione di quote societarie. Il venditore è stato condannato a risarcire l’acquirente a causa di una posta di bilancio (“rimanenze”) rivelatasi inesigibile. La Corte ha rigettato l’appello, confermando che la garanzia sulla veridicità del patrimonio netto sociale è stata violata e che nuove eccezioni non possono essere sollevate per la prima volta in appello. La decisione sottolinea l’importanza della due diligence e la validità della garanzia cessione quote.

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Impugnazione lodo arbitrale e ordine pubblico: i limiti

Una sentenza della Corte d’Appello di Roma stabilisce i limiti dell’impugnazione lodo arbitrale per contrarietà all’ordine pubblico. Il caso riguardava un appello contro un lodo che aveva dichiarato un credito prescritto. La Corte ha ritenuto l’appello inammissibile, specificando che le norme sulla prescrizione attengono all’ordine pubblico ‘interno’ e la loro violazione non giustifica l’annullamento del lodo, riservato a violazioni di principi fondamentali (‘ordine pubblico internazionale’).

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Riassunzione del processo: decorrenza del termine

Un investitore fa causa a una banca per presunte irregolarità in operazioni finanziarie. Durante la causa, la banca entra in liquidazione coatta amministrativa. Il Tribunale di primo grado dichiara estinto il processo, ritenendo tardiva la riassunzione del processo da parte dell’investitore. La Corte d’Appello riforma la decisione, stabilendo che il termine per la riassunzione decorre dalla dichiarazione giudiziale dell’interruzione e non dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, la Corte rigetta nel merito le domande dell’investitore, poiché non sussisteva nullità e, nel complesso, il portafoglio di investimenti aveva generato plusvalenze.

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Legittimazione passiva: chi paga i rimborsi sanitari?

Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per rimborsi indebitamente decurtati. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, stabilendo che la struttura non ha provato la legittimazione passiva dell’ASL. Secondo la Corte, spettava alla struttura dimostrare, tramite una delibera regionale, che l’ASL fosse l’ente effettivamente incaricato dei pagamenti, e non la Regione. La mancata prova ha reso la domanda inammissibile.

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Affitto ramo d'azienda: quando è simulazione?

La Corte d’Appello di Roma ha esaminato un caso di presunta simulazione di un contratto di affitto ramo d’azienda, che l’affittuario sosteneva essere una semplice locazione commerciale per ottenere una riduzione del canone. La Corte ha respinto l’appello, stabilendo che la presenza di elementi come l’avviamento, l’uso di autorizzazioni amministrative e di aree comuni qualifica il contratto come affitto d’azienda, giustificando un canone maggiore. La sentenza chiarisce che l’oggetto del contratto, inteso come complesso di beni organizzati per l’esercizio d’impresa, è il criterio decisivo per distinguere le due figure contrattuali.

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Clausola compromissoria nulla: lodo annullato

La Corte d’Appello ha esaminato un’impugnazione contro un lodo arbitrale derivante da un contratto del 1969. La Corte ha accolto l’appello, dichiarando la nullità del lodo arbitrale perché la clausola compromissoria originale era affetta da un vizio insanabile. In particolare, la clausola è stata ritenuta nulla perché, in violazione della legge all’epoca vigente (art. 820 c.p.c.), non specificava il numero degli arbitri né le modalità per la loro nomina. Di conseguenza, l’intero procedimento arbitrale e la relativa decisione sono stati invalidati, con la condanna della parte soccombente al pagamento di tutte le spese legali.

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Legittimazione attiva: appello inammissibile

Una società che agiva in giudizio come incorporante di un’altra non ha fornito la prova di tale fusione. La Corte d’Appello ha dichiarato l’appello inammissibile per difetto di legittimazione attiva, senza esaminare il merito della richiesta di pagamento di canoni di locazione, ritenuta prescritta in primo grado. La decisione sottolinea che chi agisce come successore di un altro soggetto deve provarne la qualità, se contestata.

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Responsabilità del preponente: quando si risponde

La Corte d’Appello di Roma ha stabilito la responsabilità del preponente (una concessionaria) per gli atti illeciti commessi da un suo agente, anche se privo di rappresentanza formale. La sentenza analizza un caso di risoluzione contrattuale per grave inadempimento, derivante dalla presentazione di richieste di incentivi fraudolente. La Corte ha ritenuto che, in base al principio di occasionalità necessaria dell’art. 2049 c.c., la concessionaria risponde dell’operato dell’agente, poiché l’illecito si inseriva nelle finalità aziendali. Di conseguenza, ha confermato la legittimità della risoluzione del contratto e ha condannato la concessionaria a restituire gli incentivi indebitamente percepiti.

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Controlli tecnologici posti in essere dal datore di lavoro

In tema di cd. sistemi difensivi, sono consentiti i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.

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Ritardo pagamento canone: risoluzione del contratto

Una società locatrice ha richiesto la risoluzione di un contratto di locazione per il sistematico ritardo nel pagamento del canone da parte del conduttore. In primo grado, la domanda era stata respinta, attribuendo rilevanza al comportamento collaborativo del conduttore e a una mancanza del locatore. La Corte d’Appello ha riformato la decisione, stabilendo che il ritardo nel pagamento del canone, sebbene per pochi giorni ma reiterato nel tempo, costituisce un inadempimento grave che altera l’equilibrio contrattuale e giustifica la risoluzione del contratto. Le altre richieste economiche del locatore sono state respinte per carenza di prova.

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Nuova costruzione: quando la ristrutturazione viola le distanze

La Corte d’Appello di Roma conferma la condanna di una società ad arretrare un edificio realizzato in violazione delle distanze legali. La sentenza chiarisce che un intervento edilizio, anche se definito ristrutturazione, si qualifica come nuova costruzione se comporta un aumento della volumetria preesistente. In tal caso, l’opera deve rispettare le normative sulle distanze tra edifici. Viene invece respinta la domanda relativa alla servitù di veduta per mancanza di prova del titolo di acquisto del diritto.

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Risoluzione contratto appalto: quando spetta il compenso?

La Corte di Appello di Roma ha confermato la risoluzione di un contratto di permuta di un terreno contro futuri appartamenti, a causa del grave inadempimento della società costruttrice che non ha completato le opere. La sentenza chiarisce che, in caso di risoluzione contratto appalto per colpa dell’appaltatore, questi non ha diritto al compenso per i lavori parzialmente eseguiti se non dimostra che tali lavori abbiano arrecato un’utilità concreta e reale al committente. È stata inoltre rigettata la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento.

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Recesso per gravi motivi: quando è legittimo?

Una società esercitava il recesso per gravi motivi da un contratto di locazione di un magazzino, dopo aver ceduto il ramo d’azienda del supermercato a cui il locale era funzionale. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, stabilendo che la cessione volontaria dell’attività non costituisce un grave motivo oggettivo e imprevedibile richiesto dalla legge, ma una mera scelta di convenienza imprenditoriale. Di conseguenza, il recesso è stato dichiarato illegittimo.

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Tasso Interesse Indeterminato: quando è valido?

La Corte d’Appello ha respinto il ricorso di due clienti contro un istituto di credito, confermando la validità di un contratto di mutuo. I ricorrenti sostenevano che il tasso di interesse fosse indeterminato. La Corte ha stabilito che se il contratto contiene tutti gli elementi per il calcolo matematico della rata (importo, durata, tasso), l’oggetto è determinato e il contratto valido. Di conseguenza, è stato confermato anche l’addebito delle spese legali ai ricorrenti in base al principio della soccombenza.

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Protezione internazionale per fede religiosa: il caso

La Corte d’Appello di Roma ha concesso la protezione internazionale, nella forma dello status di rifugiato, a una cittadina cinese perseguitata nel suo paese d’origine per l’appartenenza alla Chiesa del Dio Onnipotente. La decisione ribalta un precedente diniego, conformandosi a un’ordinanza della Corte di Cassazione. Quest’ultima aveva censurato la precedente valutazione di non credibilità della richiedente e l’omesso esame delle fonti internazionali sulla persecuzione religiosa in Cina. La Corte ha ritenuto il racconto della donna, che include minacce, clandestinità e la fuga dal paese, dettagliato, coerente e riscontrato da numerosi rapporti sui diritti umani che confermano la repressione sistematica attuata dal governo cinese contro i gruppi religiosi non riconosciuti.

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