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Orario di lavoro medico: limiti alla flessibilità

Un dirigente medico è stato sanzionato per uscite anticipate, nonostante sostenesse di avere diritto a un orario flessibile. La Cassazione, con l’ordinanza n. 31795/2024, ha respinto il ricorso, stabilendo che il datore di lavoro può imporre un orario di lavoro medico rigido quando è giustificato da specifiche esigenze organizzative, come il coordinamento di un reparto critico.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Orario di Lavoro Medico: Quando la Flessibilità Può Essere Limitata?

L’organizzazione del lavoro nel settore sanitario, e in particolare l’orario di lavoro medico, è spesso percepito come flessibile, legato più al raggiungimento di obiettivi che al rispetto di un rigido cartellino. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 31795/2024) getta nuova luce sulla questione, stabilendo che il potere organizzativo del datore di lavoro può legittimamente imporre orari fissi anche ai dirigenti medici, quando lo richiedano specifiche esigenze di servizio. Analizziamo insieme questo importante caso.

La Vicenda: Uscite Anticipate e Sanzione Disciplinare

Un dirigente medico, titolare di una Struttura Semplice e coordinatore delle sale operatorie, veniva sanzionato disciplinarmente dalla propria azienda sanitaria per aver lasciato anticipatamente il servizio in più occasioni. Il medico si difendeva sostenendo che il suo ruolo dirigenziale prevedesse un orario flessibile, di avere un cospicuo credito orario e di aver sempre garantito la continuità del servizio accordandosi con un collega per la sostituzione.

Inoltre, riteneva che l’imposizione di un orario fisso (dalle 8:00 alle 14:00) da parte del suo superiore gerarchico, direttore della Struttura Complessa, fosse una determinazione vessatoria. La Corte d’Appello, pur riducendo l’entità della sanzione, aveva confermato la legittimità del provvedimento disciplinare, spingendo il medico a ricorrere in Cassazione.

Il Potere Organizzativo e l’orario di lavoro medico

Il cuore della controversia risiede nel bilanciamento tra la flessibilità oraria tipica della dirigenza medica e il potere organizzativo del datore di lavoro. Il ricorrente sosteneva che le uscite anticipate fossero compensate da ingressi anticipati e che la flessibilità fosse un regime accordato anche ad altri colleghi. L’azienda sanitaria, invece, puntava sulla violazione di una precisa disposizione di servizio che imponeva la sua presenza in una fascia oraria cruciale per il coordinamento del blocco operatorio.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se un’indicazione di orario rigido potesse essere considerata legittima in un contesto dirigenziale e se la violazione di tale indicazione costituisse un illecito disciplinare.

La Decisione della Cassazione sull’orario di lavoro medico

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del medico, confermando la validità della sanzione. La decisione si fonda su alcuni principi cardine che definiscono i contorni dell’orario di lavoro medico nel pubblico impiego privatizzato.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito diversi punti fondamentali. In primo luogo, l’orario settimanale di 38 ore previsto dal CCNL è da intendersi come un minimo. Eventuali ore eccedenti non generano automaticamente un diritto a straordinario o a una flessibilità autogestita per motivi personali. La flessibilità, infatti, è funzionale al raggiungimento degli obiettivi e alle esigenze del servizio, non a quelle del singolo dirigente.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Cassazione ha affermato che è pienamente ammissibile la fissazione di orari rigidi per determinati ruoli e attività. Il settore dell’anestesia e degli interventi chirurgici, che richiede il coordinamento di diverse professionalità, è stato identificato come un ambito in cui la rigidità oraria non solo è ammissibile, ma spesso inevitabile. La presenza del coordinatore in una fascia oraria definita era essenziale per dirimere ogni questione organizzativa e sanitaria.

Il potere del direttore della Struttura Complessa di impartire disposizioni organizzative al dirigente della Struttura Semplice è stato quindi riconosciuto come legittimo, in quanto espressione del potere di indirizzo e direzione riconosciuto dalla legge (art. 15 del d.lgs. 502/1992). Le uscite anticipate del medico, avvenute per motivi personali e non per esigenze di servizio, hanno quindi integrato un inadempimento contrattuale.

Infine, la Corte ha ribadito che il giudice, nel valutare un illecito disciplinare, ha il potere-dovere di rideterminare la sanzione se la ritiene sproporzionata, anche senza una specifica richiesta dell’amministrazione, in un’ottica di tutela dell’interesse pubblico.

Conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un principio di notevole importanza pratica: la flessibilità dell’orario di lavoro dei dirigenti medici non è un diritto assoluto e incondizionato. Può essere limitata dal potere organizzativo del datore di lavoro, il quale può imporre orari fissi e vincolanti quando ciò sia giustificato da concrete e ragionevoli esigenze di servizio. Per i dirigenti medici, ciò significa che l’autonomia nella gestione del tempo di lavoro deve sempre essere bilanciata con le necessità funzionali della struttura in cui operano, specialmente se ricoprono ruoli di coordinamento in aree ad alta criticità.

L’orario di lavoro di un dirigente medico è sempre flessibile?
No. Sebbene la contrattazione collettiva preveda una flessibilità finalizzata al raggiungimento degli obiettivi, questa non esclude che l’amministrazione possa imporre orari rigidi per specifici ruoli e attività, specialmente in settori critici come quello chirurgico.

Un superiore gerarchico può imporre un orario fisso a un dirigente medico?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il direttore di una Struttura Complessa ha poteri di indirizzo e organizzazione che gli consentono di stabilire un orario di servizio rigido per un dirigente di una Struttura Semplice a lui coordinata, se ciò è necessario per garantire il corretto funzionamento del servizio.

Il giudice può modificare una sanzione disciplinare ritenuta sproporzionata?
Sì. In base all’art. 63 del D.Lgs. 165/2001, il giudice ha il potere e il dovere di rideterminare la sanzione disciplinare se la ritiene sproporzionata, anche in assenza di una specifica richiesta da parte dell’amministrazione, per tutelare gli interessi pubblici violati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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