Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17703 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 17703 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
SENTENZA
sul ricorso 19133-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 515/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/06/2023 R.G.N. 185/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza NOME
del 09/04/2025 dalla Consigliera Dott. COGNOME
R.G.N. 19133/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 09/04/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Milano, con la sentenza nr. 515 del 2023, decidendo sull’impugnazione proposta dall’odierna ricorrente, ha confermato la pronuncia del Tribunale che aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso dell’Inps per il «recupero dei contributi da eccedenza del massimale ex art. 2, comma 18, della legge n. 335/1995» sul rilievo che, in relazione agli anni in contestazione, il dipendente della RAGIONE_SOCIALE, per il quale era stato rilevato il minore versamento, non aveva formulato direttamente all’INPS l’opzione di cui all’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 2023 che, invece, inerente al rapporto previdenziale tra lavoratore e Ente previdenziale, doveva essere espressamente effettuata dal primo al secondo e non poteva essere surrogata dalla comunicazione Uniemens del datore di lavoro. In difetto di un valido esercizio del diritto di opzione, non era applicabile il massimale contributivo di cui all’art. 2, comma 18, della legge nr. 335 del 1995.
Per la cassazione della decisione, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE con tre motivi, successivamente illustrati con memoria. Ha resistito, con controricorso, l’INPS. Il PG ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc. civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995, per avere la sentenza impugnata ritenuto che il diritto del lavoratore sia condizionato da un adempimento formale di validità. Si assume l’insussistenza di previsione e di adempimenti specifici per la scelta. Si assume, altresì, la violazione dell’art. 23 Cost.
Con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc. civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 44, comma 9, della legge nr. 269 del 2003, conv. in legge nr. 326 del 2003, alla luce dell’interpretazione dell’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995 nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 2115 cod. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto le denunce obbligatorie del datore di lavoro, intermediario ex lege , ininfluente adempimento ai fini dell’efficace notizia dell’opzione del lavoratore e della correttezza contributiva. Si ritiene che la condotta dell’Inps sia contraria a buona fede e contra factum proprium.
Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc. civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325 e 1350 cod. civ. con violazione del principio di libertà delle forme degli atti e degli artt. 1367, 1419, 1420 e 1446 cod. civ., con violazione del principio di conservazione degli atti, per avere la sentenza interpretato ultra legem la disciplina dell’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995 nel senso dell’esigenza di adempimenti formali, quali condizioni di validità del diritto di opzione. Irragionevolezza dell’applicazione formale della legge e violazione dell’art.3 Cost. Inoffensività e non lesività delle condotte poste in essere dal lavoratore e dal datore di lavoro.
I motivi, tra loro connessi, si prestano ad una trattazione congiunta.
Nel complesso, essi pongono la questione delle modalità di esercizio del diritto di opzione di cui all’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995, in ragione delle ricadute che, per effetto dello stesso, vengono a determinarsi nel rapporto contributivo tra le parti in causa.
È noto che la legge n. 335 del 1995, art. 1, nell’introdurre dal 1° gennaio 1996 il nuovo sistema di calcolo contributivo della pensione, ha preso in esame, ai commi 12 e 13, la posizione dei lavoratori che già avevano una anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995.
In particolare, il comma 12 disciplina la posizione dei lavoratori (iscritti nell’assicurazione generale obbligatoria e nelle forme sostitutive ed esclusive della stessa) che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni: per detti lavoratori il calcolo del trattamento pensionistico avviene secondo il principio del pro rata, con la distinzione di due quote, in modo che le anzianità contributive maturate al 31.12.1995 restino liquidate con il sistema retributivo.
Il successivo comma 13 considera, invece, i lavoratori con anzianità contributiva alla data del 31.12.1995 di almeno 18 anni e dispone che la pensione resti in tal caso liquidata interamente con il sistema retributivo.
Il comma 23 del medesimo articolo 1, qui rilevante, al secondo periodo, ha introdotto la facoltà dei lavoratori di cui ai precedenti commi 12 e 13 -e cioè i lavoratori la cui pensione sia liquidata con il sistema retributivo, pro rata (comma 12) o interamente (comma 13)- di optare per la liquidazione della intera pensione con il sistema contributivo «a condizione che abbiano maturato un’anzianità contributiva
pari o superiore a quindici anni di cui almeno cinque nel sistema medesimo».
L’ articolo 2, comma 1, del d.l. 28 settembre 2001, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2001, n. 417, ha in seguito interpretato autenticamente il predetto periodo, stabilendo che esso: «si interpreta nel senso che l’opzione ivi prevista è concessa limitatamente ai lavoratori di cui al comma 12 del predetto articolo 1 che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a quindici anni, di cui almeno cinque nel sistema contributivo».
L’opzione, poi, quanto alle ricadute sul piano dell’obbligo contributivo gravante sul datore di lavoro, è disciplinata dall’art. 2, comma 18, della legge nr. 335 che, nella parte di interesse, stabilisce quanto segue: « per coloro che esercitano l’opzione per il sistema contributivo, ai sensi del comma 23 dell’art. 1, è stabilito un massimale annuo della base contributiva e pensionabile , con effetto sui periodi contributivi successivi alla data di esercizio dell’opzione».
8. Pacifico che il lavoratore (in relazione alla cui posizione è insorta controversia) avesse, in astratto, i requisiti utili per formulare la scelta del sistema di calcolo interamente contributivo, ai fini della liquidazione del futuro trattamento pensionistico, l’unica questione devoluta al Collegio riguarda la validità dell’opzione, come in concreto esercitata, con dichiarazione di volontà indirizzata al datore di lavoro e, da quest’ultimo, inoltrata all’INPS, mediante comunicazione Uniemens.
L’assunto della società ricorrente, che ne propugna la validità, non è condivisibile.
È vero che le norme richiamate, nel disciplinare l’istituto, fanno riferimento unicamente ad un’opzione da parte del
lavoratore, senza ulteriori indicazioni circa le modalità attraverso le quali la stessa debba essere formulata.
E tuttavia, forma e modi dell’opzione sono connaturali alla natura e agli effetti propri dell’atto in questione.
L’opzione di cui all’art. 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995 è un negozio unilaterale, necessariamente recettizio, idoneo a determinare la scelta del sistema di calcolo del futuro trattamento pensionistico. Con l’opzione, l’interessato manifesta la volontà di preferire, quale criterio per la liquidazione della pensione, le regole del sistema contributivo. Essa, dunque, integra un diritto potestativo del lavoratore, al cui valido esercizio la legge ricollega effetti sul rapporto previdenziale, tra lavoratore assicurato ed ente assicurativo, e, in via conseguenziale, su quello contributivo, tra datore di lavoro ed ente assicuratore, per la corrispondente previsione di un massimale.
La portata della scelta, i riflessi, anche di natura pubblicistica, e le connesse esigenze di certezza impongono allora di ritenere che la manifestazione di volontà sia espressa in forma scritta dal lavoratore e indirizzata all’Ente previdenziale, nella cui sfera giuridica, secondo le regole di cui all’art. 1334 c.c., è destinata a produrre i suoi effetti.
Si tratta di oneri proporzionati alla rilevanza dell’atto, funzionali allo stesso e compatibili – quanto alla necessità di forma scritta – con una deroga al generale principio di libertà delle forme degli atti.
Ne consegue, pertanto, che le indicate modalità di forma non sono surrogabili dalla comunicazione mensile datoriale dei flussi cd. Uniemens, dovendosi al contempo precisare che ogni diversa questione -concernente, per esempio, la sussistenza di un potere rappresentativo conferito dall’interessato al datore di lavoro- resta del tutto estranea dalla presente fattispecie.
Il ricorso va, quindi, respinto in applicazione del seguente principio di diritto:
«La volontà di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo, ex art 1, comma 23, della legge nr. 335 del 1995, va espressa con dichiarazione scritta, indirizzata dall’interessato all’Ente previdenziale. La comunicazione mensile Uniemens del datore di lavoro non è idonea a surrogare detta manifestazione di volontà».
La novità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.
La Consigliera est. La Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME