Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27606 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27606 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
Oggetto: successioni
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9040NUMERO_DOCUMENTO2019R.G., proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentat i e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO , presso l’AVV_NOTAIO .
-RICORRENTE-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 733/2018, pubblicata in data 13.12.2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 24.9.2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso, chiedendo di respingere il ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO.
RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Udine il Comune di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, esponendo che NOME COGNOME, deceduta il 28.9.1967, aveva disposto dei suoi beni con testamento pubblico del 20-7-1967, nominando erede universale NOME COGNOME, di cui gli attori sono eredi legittimi, con obbligo, tra l’altro, di soddisfare il legato con il quale la de cuius aveva lasciato alla RAGIONE_SOCIALE, amministrata e rappresentata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Assistenza, terreni e fabbricati rurali siti in località Ipplis di Premariacco, inclusa la nuda proprietà della villa padronale con le relative pertinenze, gravata da usufrutto a favore di NOME COGNOME, legato che era stato sottoposto al divieto perpetuo di alienazione e al vincolo di destinazione degli immobili a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per ‘Signori e Signore decaduti’.
Hanno altresì dedotto che il Comune, succeduto all’ente di RAGIONE_SOCIALE, non aveva dato corso alla destinazione degli immobili secondo le volontà testamentarie e aveva posto in vendita parte dei cespiti oggetto del lascito.
Hanno chiesto di dichiarare la legittimità della condizione di inalienabilità apposta al legato e l’inopponibilità agli attori di qualsiasi atto di disposizione dei beni, a pena di decadenza del legato, con conseguente retrocessione dei beni; in via subordinata, di fissare il termine per l’adempimento del modus, pena la risoluzione del legato o, qualora fosse stata ritenuta l’illegittimità del vincolo di inalienabilità, di dichiarare la nullità del legato ai sensi degli artt. 626 e 634 c.c., adottando le conseguenti statuizioni restitutorie.
Il Comune di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, regolarmente costituito, ha eccepito la prescrizione delle domande di risoluzione e restituzione dei beni, assumendo di aver usucapito la proprietà degli immobili.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta contumace.
Il Tribunale, con sentenza n. 530/2003, ha respinto le domande, ritenendo che gli immobili fossero stati usucapiti dal Comune.
La pronuncia è stata riformata dalla Corte d’appello di Trieste , che ha dichiarato la risoluzione del legato e ha disposto la retrocessione dei beni , respingendo l’eccezione di usucapione sollevat a dal Comune; la decisione è stata cassata con la sentenza n.25778/2009, che, ritenuto infondato il decimo motivo di ricorso diretto a censurare il rigetto dell’eccezione di usucapione degli immobili, ha accolto l’ottavo motivo con cui era stata contestata l’o messa pronunc ia sull’eccezione di prescrizione, dichiarando assorbite le restanti doglianze.
Riassunta la causa, il giudice del rinvio ha dichiarato la prescrizione della domanda di risoluzione del legato e ha respinto ogni altra richiesta, affermando che l’azione di adempimento del legato non era più esaminabile, essendo stata chiesta la risoluzione e che il vincolo di inalienabilità imposto dalla testatrice non costituiva una disposizione autonoma, nulla ai sensi dell’art. 1379 c.c., ma era preliminare e propedeutica alla destinazione dei cespiti a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, essendo quest’ultimo l’ unico motivo determinante del legato. Anche la pronuncia di rinvio è stata cassata con sentenza n. 15240/2017, in accoglimento del quarto motivo di ricorso – con assorbimento di tutte le altre censure -osservando che la disposizione dell’art.1379 c.c. si applica, essendo espressione di principio di portata generale, anche a pattuizioni contenenti un vincolo di destinazione e comportanti limitazioni incisive del diritto di proprietà al pari del divieto di alienazione, dovendo perciò il giudice del rinvio accertare se tale destinazione avesse co stituito l’unico motivo determinante del legato ai sensi dell’art. 647, terzo comma, c.c ..
La causa, riassunta dagli attuali ricorrente, è stata definita con sentenza n. 733/2018, con cui la Corte di merito ha respinto tutte le domande ancora non definite, regolando le spese.
Riaffermata la natura di vero e proprio onere riguardo al vincolo di destinazione, il giudice di rinvio ha asserito che né dalla prima sentenza di rinvio n. 815/2011, né dalla successiva pronuncia di cassazione poteva ritenersi affermato che la testatrice avesse inteso imporre la destinazione a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE su tutti i beni oggetto del legato, anziché solo sulla Villa in Ipplis.
Il fatto che il testamento prevedesse una pluralità di ulteriori oneri a carico dei legatari (pagamento delle imposte relative ai lasciti a favore della COGNOME, divieto di alienazione dell’intero compendio immobiliare oggetto di legato, pagamento £.100.000 a ciascuno dei coloni capifamiglia, intitolazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ai genitori della testatrice, destinazione della villa di Ipplis a ‘pensionato per Signori e Signore decaduti’ , impegno di favorire per quanto possibile ‘i poveri di Premariacco’ con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE) dimostrava che il vincolo di destinazione non aveva rappresentato l’unico motivo che aveva indotto la testatrice a disporre degli immobili ed anzi la COGNOME aveva dichiarato mel testamento che il legato era stato motivato dall’intento di onorare la memoria dei propri genitori mediante l’intestazione della RAGIONE_SOCIALE.
Di conseguenza , anche a voler ritenere che l’RAGIONE_SOCIALE fosse stato prescelto come destinatario del legato poiché chiamato a svolgere l’ RAGIONE_SOCIALE e cura dei bisognosi, non poteva sostenersi che il vincoli di inalienabilità e la destinazione della villa a scopi benefici avessero costituito il solo motivo determinante della disposizione testamentaria.
La sentenza ha, infine, affermato che la nullità del modus era di ostacolo al l’ adempimento della destinazione e alla risoluzione del legato, osservando inoltre che detta risoluzione non era stata prevista nel testamento e che non era possibile ottenere
l’adempimento , dato il lungo lasso di tempo trascorso dall’apertura della successione.
Per la cassazione della sentenza COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno proposto ricorso in cinque motivi, cui il Comune di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso.
In prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 384 c.p.c., lamentando che il giudice di rinvio, nel ritenere che il vincolo perpetuo di destinazione fosse circoscritto alla Villa in Ipplis, abbia disatteso le premesse in fatto su cui si basava la pronuncia di legittimità n. 15240/2017, che aveva rimesso alla Corte di merito il solo compito di accertare se il modus avesse costituito il motivo unico del legato, tale da cagionare la nullità dell’intera disposizione.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 99,101, 112, 115, 394, comma terzo, c.p.c., per aver la Corte di merito, in violazione del carattere chiuso del giudizio di rinvio, rivalutato circostanze ormai acquisite riguardo alla sussistenza del vincolo di destinazione sull’ intero oggetto del legato, non potendo nuovamente interpretare il contenuto del testamento.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4 c.p.c.. lamentando l’apparenza della motivazione con riferimento alla ritenuta non essenzialità del vincolo di destinazione quale motivo unico della disposizione in favore del Comune.
Si dolgono i ricorrenti che la Corte di merito abbia riconosciuto pari rilievo alle molteplici disposizioni modali previste dal testamento, senza apprezzare la diversa rilevanza di ciascuna di esse, essendo in contrasto con la volontà testamentaria ritenere che i due vincoli – di inalienabilità e di destinazione a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE -fossero reciprocamente autonomi e gravassero su beni diversi. Per contro, né il vitalizio in favore della COGNOME, né l’intestazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ai genitori, né la volontà di beneficiare delle opere benefiche
due diverse categorie di bisognosi (nobili decaduti e poveri di Premariacco) potevano giustificare l’apposizione del modus.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 626, 647, 1379 c.c. 1362 e l’omesso esame di un fatto decisivo, per aver la sentenza escluso che il vincolo di destinazione avesse costituito il motivo unico del legato in violazione delle norme di ermeneutica negoziale che prescrivono che la volontà testamentaria espressa in un modus deve essere individuata tenendo conto del contesto morale, familiare culturale, religioso e della mentalità del testatore, non potendosi estrapolare le espressioni o le parole usate dal de cuius dal contesto complessivo dell’atto mortis causa.
Il giudice di rinvio avrebbe effettuato una valutazione atomistica delle singole clausole, ritenendole ciascuna autonoma dalle altre, così disconoscendo l’evidente collegamento e l’unitarietà del lascito. Occorreva per contro valorizzare la perentorietà del vincolo di inalienabilità quale indizio della essenzialità dell’interesse e della non e ludibile volontà che avesse esecuzione, l’inscindibilità logica tra il vincolo di inalienabilità e quello di destinazione, essendo il primo privo di giustificazione se nza il secondo e quest’ultimo non attuabile, secondo le intenzioni della de cuius, in mancanza dell’altro, nonché l’essenzialità dell’adempimento a carico del legatario evidenziato dalla esclusione dei successibili che avessero impugnato il testamento. Lo stesso intento commemorativo poteva giustificarsi solo collegando il nominativo dei genitori ad un’opera benefica, avendo il giudice infine trascurato che le restanti disposizioni costituivano sub legati o mere raccomandazioni.
E’ preliminare l’esame dei motivi terzo e quarto che risultano non fondati.
Deve anzitutto rilevarsi la genericità delle doglianze, prive di sviluppo argomentativo e dell’illustrazione dei vizi in cui sarebbe incorso il giudice di rinvio nel ritenere che tutte le disposizioni e le prestazioni imposte ai legatari costituissero veri e propri oneri e non mere raccomandazioni, non vincolanti, sicché resta incensurabile la
qualificazione delle singole clausole come veri e propri modus agli effetti dell’art. 647, comma terzo, c.c..
Nell’accertare se la permanente destinazione a scopi benefici degli immobili oggetto del legato avesse costituito il motivo unico o l’unico determinante della disposizione, il giudice di rinvio non è incorso nelle violazioni denunciate.
L’art. 647 c.c., comma terzo, c.c. dispone che l’onere impossibile o illecito si considera non apposto, ma rende nulla la disposizione se ne ha costituito il solo motivo determinante.
Affinché la nullità del modus possa invalidare l’ intero lascito è necessario accertare se esso sia stato ispirato da un motivo senza il quale la volontà testamentaria sarebbe stata diversa e il legato non sarebbe stato disposto.
In presenza di una pluralità di motivi, uno solo di essi può essere considerato determinante ai fini della validità del legato, prevedendo la norma in ogni caso che l’errore sul motivo deve cadere su qu ello che risulti causam dans .
Più in particolare, se di due o più motivi ognuno ha pari efficienza, nessuno dei due isolatamente può essere considerato causam dans. Basta che uno dei due sia lecito o possibile perché la disposizione sia salva.
Se invece, di più motivi, uno solo sia determinante, l’errore su questo travolge la disposizione (cfr., testualmente, Cass. 1380/1955; Cass. 2071/1964; in tema di errore, di recente, Cass. 7056/2023).
Ciò posto, anche a ritenere ormai acquisito e non più confutabile che il vincolo destinazione gravasse non solo sulla villa ma sull’intero compendio, non appare superabile l’accertamento in concreto svolto dal giudice circa il fatto che la disposizione era sorretta anzitutto da una molteplicità di motivi, tra cui lo svolgimento di attività benefiche, di pari rilevanza e che , invece, l’unico motivo tra i tanti che poteva considerarsi preminente e determinante risiedeva nella volontà di NOME COGNOME di ottenere l’intitolazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
alla memoria dei genitori, volontà che, come ha evidenziato la sentenza, era stata esplicitamente manifestata nel testamento.
A tale conclusione il giudice è pervenuto sulla base del dato letterale e di una lettura coordinata delle altre disposizioni, rilevando l’autonomia de gli altri e diversi oneri e la determinante volontà di onorare la memoria degli ascendenti, in ossequio al principio per cui nell’interpretazion e del testamento occorre privilegiare gli elementi intrinseci alla scheda e, solo ove il loro impiego non approdi a risultati appaganti, è possibile far ricorso ad elementi estrinseci (Cass. 10882/2018; Cass. 23393/2017).
La sentenza ha inoltre spiegato che le finalità di RAGIONE_SOCIALE non potevano considerarsi le uniche che avevano indotto a testare e che, invece, l’aver beneficiato del legato proprio la RAGIONE_SOCIALE era coerente con lo scopo primario di onorare la memoria dei genitori, che solo l’Istituto avrebbe potuto realizzare.
Essendo tale motivo sicuramente lecito e determinante, era esclusa l’invalidità del lascito.
L ‘ asserita strumentalità di molti degli oneri (e della stessa intitolazione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) rispetto alla destinazione non trova avallo nella sentenza, né appare autoevidente.
Taluni pesi erano certamente compatibili con finalità estranee agli scopi benefici, ben potendo essere soddisfatti quale che fosse l’ulteriore scopo dell’attribuzione (costituzione dell’ usufrutto, corresponsione di una somma una tantum ai coloni, pagamento delle imposte etc.), non assumendo valenza confermativa della perpetuità del vincolo di destinazione come unica ragione determinante del legato; la clausola che prevedeva la perdita dei diritti successori da parte dei chiamati che avessero impugnato il testamento rivelava invece -come ha spiegato la sentenza l’equivalenza e la pari influenza dei diversi motivi del legato.
Lo scopo di onorare la memoria dei genitori della COGNOME non poteva considerarsi collegata alla destinazione dei beni a finalità benefiche, nel senso di esplicitare e integrare il reale movente della de cuius
(come sostenuto in ricorso), potendo valere come autonoma ragione giustificativa, sul piano soggettivo, del lascito in sé, che la COGNOME avrebbe comunque disposto in favore dell’ente , essendo quella intitolazione rispondente ad un preciso interesse morale della de cuius, rispetto al quale anche la stessa perpetuità della destinazione (e del vincolo di alienabilità) poteva in astratto risultare funzionale.
I motivi di censura, nel professare il carattere unico e determinante del vincolo di destinazione, sconfinano nel perimetro degli accertamenti di merito circa il contenuto della volontà testamentaria, incensurabile in cassazione sotto i profili dedotti in ricorso.
I motivi primo e secondo sono inammissibili poiché dal loro eventuale accoglimento non potrebbe derivare la cassazione della sentenza.
Ribadita la nullità del vincolo di destinazione ed esclusa l’invalidità del legato, è irrilevante stabilire se detto vincolo gravasse sull’intero lascito o solo sulla villa.
Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. 587 e 648 c.c., dei principi in tema di interpretazione degli atti di ultima volontà e di ammissibilità dell’azione di risoluzione e adempimento, per aver il giudice disatteso il significato della clausola che prevedeva la perdita dei diritti successori a danno dei chiamati che avessero impugnato il testamento, a conferma che l’inadempimento del modus avrebbe travolto l’int ero lascito, e sottovalutato la mancata fissazione di un termine per attuare la destinazione, per cui l’ adempimento era possibile sine die, avendo, peraltro, il Comune già manifestato la volontà di non eseguire il testamento.
Il motivo è inammissibile.
Nel respingere la domanda di adempimento del modus e di risoluzione del legato, il giudice ha dato prevalenza alla ormai definitiva nullità integrale dell’onere che imponeva la destinazione, per cui quella destinazione non poteva esser adempiuta, né poteva giustificare la risoluzione del lascito (cfr. sentenza, pag. 17, par. 8).
Tale ratio, non censurata, è assorbente rispetto ad ogni altra considerazione, rendendo non decisive le restanti doglianze.
Il giudice, decidendo su una questione che, benché logicamente pregiudiziale sulle altre, attiene al merito della causa, a differenza di quanto avviene qualora dichiari l’inammissibilità della domanda o il suo difetto di giurisdizione, o competenza, non si priva della “potestas iudicandi”in relazione alle ulteriori questioni di merito, sicché, ove si pronunci anche su di esse, le relative decisioni non configurano “obiter dicta”, ma ulteriori “rationes decidendi”, che la parte ha l’interesse e l’onere d’impugnare, in quanto da sole idonee a sostenere il “decisum”. L’inammissibilità o l’infondatezza del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. 11493/2018; Cass. 15399/2018; Cass. 5102/2024).
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 7500,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%:
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione