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Onere della prova querela di falso: chi deve provare?

Un cittadino ha contestato un’esecuzione forzata presentando una querela di falso, sostenendo che la firma sulla notifica dell’avviso di vendita non fosse sua. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio fondamentale: nell’ambito di una querela di falso, l’onere della prova grava interamente su chi contesta l’autenticità del documento. Poiché l’attore non è riuscito a dimostrare in modo inequivocabile la falsità della sottoscrizione, il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha sottolineato che l’insufficienza o l’incertezza della prova va a svantaggio di chi ha avviato l’azione legale.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di Falso: Chi Deve Provare la Falsità di una Firma?

Nell’ambito delle procedure legali, la validità di un documento può essere un elemento cruciale. Ma cosa succede quando una parte sostiene che la propria firma su un atto sia stata falsificata? La procedura per accertarlo è la querela di falso, un’azione complessa che solleva una domanda fondamentale: a chi spetta l’onere della prova nella querela di falso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, confermando un principio consolidato e di grande importanza pratica.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’esecuzione forzata avviata da una società di riscossione nei confronti di un debitore. Quest’ultimo, dopo aver perso l’opposizione all’esecuzione, ha intrapreso un’azione autonoma, una querela di falso, per contestare la procedura. Nello specifico, egli sosteneva che la firma apposta in calce alla notificazione dell’avviso di vendita, a lui attribuita, non fosse autentica.

Tuttavia, la sua domanda è stata respinta sia in primo grado sia in appello. Entrambi i tribunali hanno ritenuto che il debitore non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare la falsità della sottoscrizione. Non contento, il debitore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta errata applicazione delle norme sull’onere della prova e una scorretta valutazione delle consulenze tecniche d’ufficio svolte nel corso del giudizio.

La Decisione e l’Onere della Prova nella Querela di Falso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire con fermezza le regole che governano l’onere della prova nella querela di falso. Il principio cardine, espresso nell’art. 2697 del Codice Civile, stabilisce che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Applicando questa regola generale al caso specifico, la Corte ha affermato senza mezzi termini che, nel giudizio di falso, l’onere di dimostrare la falsità del documento grava interamente sull’attore, ovvero su colui che ha proposto la querela. Non è compito della controparte dimostrare l’autenticità dell’atto, ma è l’attore che deve fornire prove concrete, chiare e inequivocabili della sua falsificazione.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali.

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. La valutazione delle prove, come le conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio sulla genuinità di una firma, è un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito (tribunale e corte d’appello). La Cassazione non può riesaminare tali valutazioni, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, la Corte ha riaffermato che l’incertezza, l’ambiguità o la semplice insufficienza della prova ricadono interamente sulla parte che aveva l’onere di fornirla. Se, al termine dell’istruttoria, non si raggiunge la piena prova della falsità, la domanda deve essere respinta. Nel caso di specie, il fatto che il debitore non sia riuscito a dimostrare in modo convincente la falsificazione della firma ha comportato, correttamente, il rigetto della sua querela. La Corte ha citato un suo precedente (Cass. n. 2126/19) per sottolineare come questo principio sia consolidato e applicabile in modo generale.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: chi intende avviare una querela di falso deve essere consapevole del gravoso onere probatorio che lo attende. Non è sufficiente sollevare un dubbio sulla genuinità di un documento; è necessario essere in possesso di elementi di prova solidi e convincenti per dimostrarne la falsità. In assenza di una prova piena e certa, la domanda è destinata al fallimento, con la conseguente condanna al pagamento delle spese legali. La decisione riafferma la stabilità dei rapporti giuridici, proteggendo l’affidamento sulla validità dei documenti fino a prova contraria, una prova che deve essere fornita in modo rigoroso da chi contesta.

A chi spetta l’onere della prova in un giudizio di querela di falso?
L’onere di dimostrare la falsità di un documento grava interamente sull’attore, cioè sulla parte che ha iniziato il giudizio di falso contestando l’autenticità del documento stesso.

Cosa accade se la prova della falsità è insufficiente o incerta?
Se la prova della falsità risulta insufficiente, incerta o ambigua, la domanda di querela di falso viene rigettata. L’incertezza probatoria va a svantaggio della parte che aveva l’onere di provare il fatto, cioè l’attore.

La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione sulla falsità o autenticità di una firma fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove, come la condivisibilità di una consulenza d’ufficio o il giudizio sull’autenticità di una firma. Tali valutazioni sono questioni di fatto riservate al giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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