LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Obbligo di repêchage: onere della prova sul datore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2739/2024, ha accolto il ricorso di una lavoratrice licenziata per giustificato motivo oggettivo a seguito dell’automazione delle sue mansioni di centralinista. La Corte ha ribadito che l’obbligo di repêchage impone al datore di lavoro l’onere esclusivo di provare l’impossibilità di ricollocare il dipendente, anche in mansioni inferiori, senza che sul lavoratore gravi alcun onere di indicare possibili posti alternativi. La sentenza della Corte d’Appello è stata cassata con rinvio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di Repêchage: La Cassazione Ribadisce che l’Onere della Prova è Sempre del Datore di Lavoro

L’innovazione tecnologica e le riorganizzazioni aziendali possono portare alla soppressione di posti di lavoro, ma il licenziamento deve sempre essere l’ultima risorsa. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2739 del 30 gennaio 2024, interviene su un caso emblematico, rafforzando i principi a tutela del lavoratore e chiarendo in modo definitivo i contorni dell’obbligo di repêchage. Questa decisione sottolinea che spetta esclusivamente al datore di lavoro dimostrare l’impossibilità di ricollocare il dipendente, anche in mansioni inferiori, prima di poter procedere legittimamente al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore dei servizi aveva licenziato una dipendente con mansioni di centralinista a seguito dell’introduzione di un sistema automatico di risposta telefonica. Secondo l’azienda, tale innovazione aveva reso superflua la posizione lavorativa della dipendente, le cui ulteriori mansioni erano state giudicate meramente residuali e occasionali. La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento, ma la Corte d’Appello aveva dato ragione all’azienda, ritenendo legittima la soppressione del posto di lavoro e provata l’impossibilità di un ricollocamento.

L’Obbligo di Repêchage e l’Onere della Prova

Il cuore della controversia, giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, riguardava la corretta applicazione dell’obbligo di repêchage. La lavoratrice lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente ripartito l’onere della prova, imponendole di fatto un onere di allegazione non dovuto, ossia quello di indicare lei stessa i posti di lavoro in cui avrebbe potuto essere ricollocata.
La Suprema Corte ha accolto questa doglianza, smontando la tesi del giudice di secondo grado. Ha infatti ribadito un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’onere di allegare e provare l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni grava esclusivamente sul datore di lavoro. Non è compito del dipendente suggerire soluzioni alternative al proprio licenziamento; è l’azienda che deve dimostrare di aver esplorato ogni possibile opzione per salvaguardare il posto di lavoro.

L’Estensione del Repêchage alle Mansioni Inferiori

Un altro punto cruciale affrontato dalla Cassazione è stata l’estensione dell’obbligo di repêchage. La Corte d’Appello aveva limitato la propria analisi alla ricerca di mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte dalla lavoratrice. La Cassazione ha censurato anche questo approccio, definendolo restrittivo e non conforme all’orientamento costante.
Il principio, affermato sin dalla storica sentenza delle Sezioni Unite n. 7755/1998, è che l’interesse al mantenimento del posto di lavoro prevale su quello alla salvaguardia della professionalità acquisita. Pertanto, il datore di lavoro, prima di licenziare, ha il dovere di verificare la disponibilità non solo di posizioni equivalenti, ma anche di mansioni di livello inferiore. Qualora esistano tali posizioni, l’azienda è tenuta a proporre al lavoratore il demansionamento come alternativa al licenziamento. Sarà poi il lavoratore a decidere se accettare la nuova collocazione o meno. Solo in caso di rifiuto o di comprovata assenza di qualsiasi posizione vacante, il recesso sarà legittimo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi di ricorso relativi alla violazione dell’obbligo di repêchage. Ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse errato su due fronti: primo, imponendo alla lavoratrice un onere di allegazione circa l’esistenza di posti di lavoro alternativi, in contrasto con la giurisprudenza consolidata che pone tale onere interamente a carico del datore di lavoro. Secondo, trascurando di verificare se l’azienda avesse esplorato la possibilità di ricollocare la dipendente in mansioni inferiori. I giudici di legittimità hanno sottolineato che l’indagine sulla possibilità di ricollocamento deve essere estesa anche a compiti di livello più basso, in attuazione dei principi di correttezza e buona fede che devono governare il rapporto di lavoro. La sentenza impugnata è stata quindi cassata perché non si è attenuta a questi principi fondamentali.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 2739/2024 rappresenta un’importante conferma a tutela dei lavoratori di fronte ai licenziamenti per motivi organizzativi. Per i datori di lavoro, il messaggio è chiaro: prima di procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è necessario effettuare una scrupolosa e documentabile verifica interna per accertare l’impossibilità di ricollocare il dipendente. Questa ricerca non può essere superficiale ma deve includere tutte le posizioni disponibili in azienda, anche quelle che comporterebbero un demansionamento. La prova di aver adempiuto a tale obbligo in modo completo e rigoroso è l’unica via per legittimare il recesso dal rapporto di lavoro.

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, chi deve dimostrare l’impossibilità di ricollocare il lavoratore?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di allegare e provare l’impossibilità di ricollocamento (obbligo di repêchage) grava interamente e unicamente sul datore di lavoro.

L’obbligo di repêchage si applica solo a mansioni di pari livello?
No. La Corte ha ribadito che l’obbligo si estende anche alle mansioni di livello inferiore. Il datore di lavoro deve prospettare al lavoratore la possibilità di un demansionamento come alternativa al licenziamento, per salvaguardare il posto di lavoro.

Il lavoratore ha il dovere di indicare al datore di lavoro dove potrebbe essere ricollocato?
No. La sentenza chiarisce che sul lavoratore non incombe alcun onere di allegazione dei posti assegnabili. È responsabilità esclusiva del datore di lavoro ricercare attivamente e dimostrare l’assenza di posizioni alternative in azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati