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Obbligo di repêchage: onere della prova del datore

Il Tribunale di Milano ha dichiarato illegittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo a causa della violazione dell’obbligo di repêchage. La sentenza ribadisce che spetta esclusivamente al datore di lavoro l’onere di provare, in modo specifico e non generico, l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni all’interno dell’azienda.

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Pubblicato il 13 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di repêchage: quando il licenziamento è illegittimo?

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresenta uno degli argomenti più delicati nel diritto del lavoro, poiché mette in contrapposizione le esigenze organizzative dell’impresa con il diritto del lavoratore alla stabilità del posto. Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha riaffermato un principio cruciale in questa materia: l’obbligo di repêchage. Secondo i giudici, il datore di lavoro ha il preciso onere di dimostrare l’impossibilità di ricollocare il dipendente prima di poter procedere legittimamente al licenziamento. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Corte.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, assunto a tempo indeterminato come manutentore elettrico, era stato adibito a un specifico appalto. A seguito della cessazione di tale appalto, l’azienda gli comunicava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, motivato dalla soppressione del suo posto di lavoro. Nella lettera di licenziamento, la società affermava di non aver potuto individuare possibilità occupazionali alternative, neanche con mansioni di livello inferiore. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo la violazione dell’obbligo di repêchage.

La Decisione del Tribunale di Milano

Il Tribunale ha accolto il ricorso del lavoratore, dichiarando l’illegittimità del licenziamento. Il punto focale della decisione non è stata la legittimità della ragione economica (la cessazione dell’appalto era un fatto pacifico), ma la mancata prova, da parte dell’azienda, di aver adempiuto all’obbligo di repêchage.

Il giudice ha stabilito che l’onere di provare l’impossibilità di una ricollocazione alternativa grava interamente sul datore di lavoro. Tale prova deve essere rigorosa, specifica e circostanziata, e non può limitarsi a generiche affermazioni.

L’Obbligo di Repêchage e l’Onere della Prova Datoriale

La giurisprudenza, come confermato in questa sentenza, è costante nel ritenere che spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse. L’azienda, nel caso di specie, si era limitata a chiedere di provare, tramite testimoni, che “il ricorrente non poteva essere ricollocato” e che “non vi è la possibilità di impiegare unità” con determinate limitazioni fisiche. Queste richieste sono state considerate dal Tribunale come del tutto generiche e dal contenuto valutativo, quindi inammissibili come prova.

Il datore di lavoro avrebbe dovuto, invece, dimostrare in modo puntuale quali fossero le posizioni lavorative disponibili in azienda al momento del licenziamento, descrivere le mansioni relative e spiegare perché il lavoratore licenziato non fosse idoneo a ricoprirle, anche a causa di eventuali limitazioni mediche.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, il giudice ha sottolineato che la società si è limitata a “postulare ciò che avrebbe dovuto puntualmente dimostrare”. L’assenza di deduzioni specifiche e circostanziate sulle posizioni lavorative libere, sulle mansioni richieste e sui profili di eventuale incompatibilità ha reso impossibile per il Tribunale verificare l’effettiva impossibilità di ricollocazione. Questa mancanza probatoria ha portato a concludere che l’impossibilità di repêchage non poteva ritenersi provata. Di conseguenza, il licenziamento è stato giudicato illegittimo per violazione di questo fondamentale obbligo di tutela del lavoratore.

Conclusioni

La sentenza offre importanti implicazioni pratiche. Per i datori di lavoro, emerge chiaramente che non è sufficiente affermare l’inesistenza di posti alternativi. È necessario condurre una verifica interna approfondita e documentarla, per essere in grado di dimostrare in giudizio, con fatti concreti e specifici, di aver fatto tutto il possibile per salvare il posto di lavoro. Per i lavoratori, questa pronuncia rappresenta una conferma della robusta tutela offerta dall’ordinamento: il licenziamento per motivo economico deve essere sempre l’ultima ratio, e l’azienda deve provare di non avere avuto altre scelte.

Chi deve provare l’impossibilità di ricollocare un dipendente in caso di licenziamento per motivo oggettivo?
La sentenza chiarisce che l’onere della prova spetta interamente al datore di lavoro. Egli deve dimostrare in modo specifico e circostanziato di aver cercato una posizione alternativa e che non ne esistevano di compatibili, anche con mansioni inferiori.

Una prova generica sull’assenza di posti di lavoro disponibili è sufficiente per il datore di lavoro?
No, non è sufficiente. Il Tribunale ha ritenuto che affermazioni generiche e capitoli di prova valutativi, come quelli proposti dall’azienda in questo caso, non soddisfano l’onere della prova. Il datore di lavoro deve fornire deduzioni specifiche su ciascuna posizione lavorativa libera e sui motivi di incompatibilità.

Cosa succede se il datore di lavoro non rispetta l’obbligo di repêchage?
Se il datore di lavoro non adempie all’onere di provare l’impossibilità del repêchage, il licenziamento viene dichiarato illegittimo. In questo caso, il rapporto di lavoro è stato dichiarato estinto e l’azienda è stata condannata a pagare al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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