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Obbligo di repêchage: limiti alla formazione del lavoratore

Una lavoratrice, licenziata per giustificato motivo oggettivo a seguito della soppressione della sua mansione di centralinista, ha impugnato il licenziamento sostenendo la violazione dell’obbligo di repêchage. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’obbligo di repêchage non si estende a mansioni di livello superiore e non comporta un dovere per il datore di lavoro di fornire una formazione aggiuntiva per adeguare il lavoratore a tali posizioni. La Corte ha inoltre confermato che la valutazione dell’impossibilità di ricollocamento può basarsi anche su presunzioni derivanti dalle mansioni pregresse del dipendente.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di repêchage: la Cassazione chiarisce i limiti della formazione

L’obbligo di repêchage rappresenta un pilastro fondamentale a tutela del posto di lavoro in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Tuttavia, fino a che punto si estende questo dovere del datore di lavoro? È tenuto a formare un dipendente per ricollocarlo in mansioni completamente diverse o di livello superiore? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questi interrogativi, definendo con precisione i confini di tale obbligo.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice, impiegata per anni come centralinista, veniva licenziata per giustificato motivo oggettivo a seguito della soppressione della sua postazione di lavoro. La società datrice di lavoro sosteneva di non poterla ricollocare in altre posizioni disponibili, come quella di segretaria (già coperta) o di addetta allo sportello per pratiche assicurative, in quanto la dipendente non possedeva le competenze professionali necessarie. La lavoratrice impugnava il licenziamento, sostenendo che l’azienda non avesse adeguatamente verificato la possibilità di un suo reimpiego, violando così l’obbligo di repêchage.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Limiti dell’Obbligo di Repêchage

Dopo che la Corte d’Appello aveva dato ragione all’azienda, la lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento. La decisione si fonda su due principi chiave che chiariscono la portata dell’obbligo di ricollocamento.

Le Motivazioni: Presunzioni e Assenza dell’Obbligo Formativo per Mansioni Superiori

La Corte ha articolato le sue motivazioni su due fronti principali, offrendo una guida chiara per i casi futuri.

L’Uso delle Presunzioni per Valutare le Competenze

La lavoratrice lamentava che i giudici di merito non avessero indagato a fondo le sue reali competenze. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato la situazione. I giudici avevano ricostruito le mansioni svolte dalla dipendente (centralinista, smistamento posta, fotocopie, ricevimento clienti), giudicandole elementari. Da questo fatto noto, hanno legittimamente presunto (ossia dedotto logicamente) l’assenza delle competenze tecniche e specialistiche necessarie per il ruolo di addetta allo sportello assicurativo, considerato di livello superiore. L’uso di prove presuntive, basate su precisione, gravità e concordanza, è pienamente ammesso in materia di obbligo di repêchage.

Repêchage, Mansioni Superiori e Obbligo di Formazione

Il punto cruciale della sentenza riguarda il rapporto tra ricollocamento e formazione. La Corte ha ribadito che l’obbligo di repêchage impone al datore di lavoro di verificare la disponibilità di posizioni con mansioni equivalenti o anche inferiori a quelle precedentemente svolte dal lavoratore. In caso di mansioni inferiori, il datore deve persino proporre il demansionamento al dipendente.

Tuttavia, questo obbligo non si estende a posizioni di livello superiore. Di conseguenza, non è ipotizzabile un dovere per l’azienda di fornire al lavoratore un percorso formativo per fargli acquisire le competenze necessarie a ricoprire un ruolo più qualificato. L’obbligo di salvaguardare il posto di lavoro si basa sulle attitudini, il bagaglio professionale e la formazione che il lavoratore possiede al momento del licenziamento, non su quelle che potrebbe acquisire in futuro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Datori di Lavoro e Lavoratori

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: l’obbligo di repêchage è un dovere di verifica e proposta basato sulla situazione esistente, non un obbligo di investimento formativo per creare nuove competenze nel lavoratore. Per i datori di lavoro, ciò significa che la prova dell’impossibilità di ricollocamento è assolta se le uniche posizioni libere richiedono abilità professionali significativamente diverse o superiori a quelle del dipendente. Per i lavoratori, la decisione sottolinea l’importanza di un continuo aggiornamento professionale, poiché il datore di lavoro non è tenuto a sopperire a eventuali lacune formative per evitare un licenziamento per motivi oggettivi.

Un datore di lavoro può usare presunzioni per dimostrare l’impossibilità di ricollocare un dipendente?
Sì, la Corte ha stabilito che la prova dell’impossibilità di ricollocazione può essere fornita anche mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva e indiziaria, purché basate su elementi di precisione, gravità e concordanza, come dedurre la mancanza di competenze specialistiche dalle mansioni elementari precedentemente svolte.

L’obbligo di repêchage impone al datore di lavoro di fornire formazione al dipendente per salvarne il posto?
No, la sentenza chiarisce che l’obbligo del datore di lavoro non include quello di fornire un’ulteriore e diversa formazione per salvaguardare il posto del dipendente. Il repêchage si basa sul bagaglio professionale e sulla formazione che il lavoratore possiede al momento del licenziamento.

L’obbligo di repêchage si estende anche a mansioni di livello superiore?
No, la Corte di Cassazione ha escluso che l’obbligo di repêchage possa riguardare la ricollocazione in una posizione di livello superiore a quella rivestita dal lavoratore. L’obbligo è limitato alla ricerca di posizioni con mansioni equivalenti o inferiori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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