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Obbligo di repêchage: licenziamento illegittimo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9770/2024, ha stabilito che il licenziamento di alcuni lavoratori di un call center, a seguito di un cambio appalto, è illegittimo se l’azienda non ha adempiuto all’obbligo di repêchage. La Corte ha chiarito che la tutela offerta dalla “clausola sociale” non esclude, ma si aggiunge, a quella generale contro i licenziamenti ingiustificati. Il datore di lavoro uscente rimane tenuto a verificare la possibilità di ricollocare i dipendenti, anche se questi hanno rifiutato il passaggio alla nuova società appaltatrice a condizioni ritenute peggiorative.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di Repêchage: Il Licenziamento è Illegittimo Anche nel Cambio Appalto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: l’obbligo di repêchage a carico del datore di lavoro sussiste anche nelle complesse situazioni di cambio appalto, e non viene meno neanche se il lavoratore rifiuta il passaggio alla nuova azienda. Questa decisione chiarisce che le tutele previste dalle clausole sociali si sommano, e non sostituiscono, le garanzie generali previste dalla legge contro i licenziamenti ingiustificati.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un gruppo di sei lavoratori, impiegati come operatori di call center, licenziati da una grande società di servizi a seguito di un cambio di appalto. La nuova azienda subentrante si era dichiarata disponibile ad assumerli, ma a condizioni economiche e normative ritenute peggiorative dai dipendenti, che hanno quindi rifiutato il trasferimento.

Di conseguenza, la società datrice di lavoro originaria ha proceduto al licenziamento, sostenendo di non avere altre posizioni disponibili per ricollocarli. I lavoratori hanno impugnato il licenziamento, ottenendo in Corte d’Appello l’annullamento del recesso, la reintegra nel posto di lavoro e un risarcimento del danno. L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando la violazione dell’obbligo di repêchage.

La Questione dell’Obbligo di Repêchage e la Clausola Sociale

Il cuore della controversia legale verteva sul rapporto tra due diversi strumenti di tutela del lavoratore:

1. La Clausola Sociale: Prevista dalla legge (L. 11/2016) e dai contratti collettivi (in questo caso, il CCNL Telecomunicazioni), mira a proteggere l’occupazione nei cambi di appalto, favorendo il passaggio dei lavoratori dall’azienda uscente a quella subentrante.
2. L’Obbligo di Repêchage: Un principio generale del diritto del lavoro che impone al datore, prima di intimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di verificare l’esistenza di posizioni lavorative alternative all’interno della propria organizzazione a cui adibire il lavoratore.

L’azienda ricorrente sosteneva che il rifiuto del passaggio alla nuova società da parte dei lavoratori esaurisse le tutele a loro disposizione, liberandola da qualsiasi ulteriore onere di ricollocazione. Secondo questa tesi, la clausola sociale rappresenterebbe una tutela specifica che prevale su quella generale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello e l’illegittimità dei licenziamenti. Gli Ermellini hanno stabilito che la tutela occupazionale prevista per il cambio appalto è una garanzia aggiuntiva e non sostitutiva. Essa non incide sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimato dal proprio datore di lavoro per far valere le tutele generali.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni punti cardine. In primo luogo, ha ribadito che la procedura prevista dalla contrattazione collettiva per il cambio appalto opera sul piano dei rapporti tra le organizzazioni sindacali e datoriali, ma non limita i diritti individuali del lavoratore derivanti dal suo rapporto di lavoro. Pertanto, la possibilità di passare al nuovo appaltatore non esclude il diritto di contestare un licenziamento ritenuto ingiusto.

In secondo luogo, e in modo cruciale, la Cassazione ha sottolineato che l’onere di dimostrare l’impossibilità del repêchage grava interamente sul datore di lavoro. L’azienda non era riuscita a provare in modo concreto l’assenza di posizioni vacanti o la totale infungibilità dei lavoratori licenziati. La Corte territoriale aveva accertato che l’azienda aveva illegittimamente trascurato il livello di professionalità dei dipendenti e le competenze che avrebbero potuto acquisire con un normale periodo di formazione on the job. Di conseguenza, non avendo l’azienda assolto al suo onere probatorio, il licenziamento è stato considerato privo di giustificato motivo oggettivo e quindi illegittimo.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza significativamente la posizione del lavoratore nei casi di cambio appalto. Stabilisce in modo inequivocabile che il rifiuto di un’offerta di assunzione da parte dell’azienda subentrante, specialmente se a condizioni peggiorative, non legittima automaticamente il licenziamento da parte del datore di lavoro originario. Quest’ultimo è sempre tenuto a compiere ogni sforzo ragionevole per la ricollocazione interna del dipendente, dimostrando, in caso di contenzioso, l’oggettiva e assoluta impossibilità di farlo. La sentenza riafferma la centralità dell’obbligo di repêchage come presidio fondamentale contro i licenziamenti per motivi economici.

Cosa succede se un lavoratore rifiuta di essere assunto dalla nuova azienda in un cambio appalto?
Il lavoratore non perde automaticamente il diritto al posto di lavoro presso il datore originario. Quest’ultimo resta vincolato ai suoi obblighi, incluso quello di tentare una ricollocazione interna del dipendente (obbligo di repêchage) prima di poter procedere a un legittimo licenziamento.

La “clausola sociale” prevista per i cambi appalto esclude l’obbligo di repêchage da parte del datore di lavoro originario?
No. Secondo la Cassazione, la clausola sociale rappresenta una tutela aggiuntiva per i lavoratori e non sostituisce né elimina le garanzie generali previste dalla legge contro i licenziamenti ingiustificati, tra cui figura l’obbligo di repêchage.

A chi spetta l’onere di provare l’impossibilità di ricollocare un lavoratore licenziato?
L’onere della prova spetta interamente al datore di lavoro. È l’azienda che deve dimostrare in modo concreto e specifico di aver fatto tutto il possibile per trovare una posizione alternativa per il dipendente e che tale ricollocazione era oggettivamente impossibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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