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Obbligo di lavaggio DPI: la Cassazione conferma

Una società di trasporti è stata condannata a risarcire un dipendente per i costi sostenuti per il lavaggio degli indumenti da lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato che, anche per un magazziniere esposto a rischi in un ambiente promiscuo, tali indumenti si qualificano come Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). La sentenza sottolinea l’obbligo di lavaggio a carico del datore di lavoro per garantire la manutenzione e l’efficienza dei DPI, proteggendo la salute del lavoratore.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo di lavaggio DPI: La Cassazione ribadisce la responsabilità del datore

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza nel diritto del lavoro: la qualificazione degli indumenti da lavoro come Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e il conseguente obbligo di lavaggio a carico del datore di lavoro. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che estende la tutela della salute e sicurezza anche a mansioni apparentemente meno esposte a rischi, confermando il diritto del lavoratore al risarcimento in caso di inadempimento datoriale.

I Fatti di Causa: Dagli indumenti al risarcimento

Il caso ha origine dalla richiesta di un lavoratore, impiegato come magazziniere presso l’officina di manutenzione di una società di trasporti, di ottenere il risarcimento per le spese sostenute per il lavaggio dei propri indumenti da lavoro. L’azienda, pur fornendo l’abbigliamento, aveva omesso di provvedere alla sua pulizia periodica.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno. I giudici di merito hanno ritenuto che gli indumenti forniti avessero natura di DPI, poiché il dipendente, operando in un ambiente unico e promiscuo con i manutentori, era esposto al contatto con sostanze imbrattanti e potenzialmente nocive. Di conseguenza, il datore di lavoro era tenuto non solo a fornirli, ma anche a garantirne la piena efficienza, inclusa la pulizia.

La qualificazione degli indumenti come DPI e l’obbligo di lavaggio

Il punto centrale della controversia è la definizione stessa di DPI. Secondo la società, i semplici indumenti di un magazziniere non potevano essere equiparati ai presidi di sicurezza specifici, mancando la prova di una reale funzione protettiva. Tuttavia, la Cassazione ha respinto questa visione restrittiva, allineandosi a un consolidato filone giurisprudenziale.

L’esposizione al rischio anche per il magazziniere

La Corte ha valorizzato l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito: il lavoratore, pur essendo formalmente un magazziniere, operava in un ambiente dove era esposto agli stessi rischi dei colleghi manutentori. L’ambiente unico e promiscuo rendeva irrilevante la distinzione formale delle mansioni. Questa esposizione al rischio è il presupposto fondamentale per far scattare la tutela prevista dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio dell’obbligo di lavaggio

La Suprema Corte ha dichiarato infondati i motivi di ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito che la nozione di DPI non è limitata ad attrezzature con specifiche certificazioni tecniche, ma si estende a “qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza”.

L’inadempimento datoriale e il danno patrimoniale

Una volta stabilito che gli indumenti erano DPI, l’obbligo di lavaggio rientrava pienamente nel dovere di manutenzione a carico del datore di lavoro (art. 77, D.Lgs. 81/2008). L’inadempimento di tale obbligo ha causato un danno patrimoniale al lavoratore, costretto a provvedere personalmente alla pulizia. La Corte ha ritenuto corretta la liquidazione equitativa del danno, poiché, una volta provata l’esistenza del pregiudizio, il giudice può determinarne l’ammontare sulla base di un criterio di giustizia, anche in assenza di una prova analitica dei costi.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione estensiva e funzionale della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in linea con l’art. 2087 c.c. e le direttive europee. Il principio cardine è che la tutela del lavoratore deve essere effettiva e non meramente formale. La Corte ha sottolineato che l’obbligo di prevenzione del datore di lavoro impone l’adozione di tutte le misure necessarie a garantire la salute dei dipendenti. La manutenzione dei DPI, comprensiva del lavaggio, è una di queste misure essenziali, specialmente quando gli indumenti possono venire a contatto con agenti chimici o biologici. Ritenere il lavaggio un onere del lavoratore significherebbe vanificare parte della funzione protettiva del DPI, che deve essere sempre in stato di piena efficienza. La Corte ha inoltre specificato che l’onere di provare di aver adempiuto all’obbligo di manutenzione grava sul datore di lavoro, e in mancanza di tale prova, il danno subito dal lavoratore è considerato certo e risarcibile.

Conclusioni: Le implicazioni pratiche per datori di lavoro e lavoratori

La sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Per i datori di lavoro, emerge chiaramente che l’obbligo di lavaggio non può essere eluso sulla base di una distinzione formale delle mansioni. È necessario valutare l’esposizione al rischio nell’ambiente di lavoro concreto. Se un lavoratore opera in un’area dove può entrare in contatto con sostanze nocive, i suoi indumenti da lavoro assumono la funzione di DPI e la loro manutenzione, pulizia inclusa, è un preciso dovere aziendale. Per i lavoratori, questa pronuncia rafforza il diritto a ricevere strumenti di protezione pienamente efficienti e a non dover sopportare i costi per la loro manutenzione. In caso di inadempimento da parte dell’azienda, viene confermata la possibilità di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito.

Dei semplici indumenti da lavoro possono essere considerati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi attrezzatura, compresi gli indumenti, che possa costituire in concreto una barriera protettiva contro rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore, deve essere considerata DPI. Non è necessario che siano indumenti con certificazioni tecniche specifiche.

Il datore di lavoro è sempre tenuto a provvedere al lavaggio degli indumenti da lavoro qualificati come DPI?
Sì. La sentenza conferma che l’obbligo di manutenzione dei DPI, a carico del datore di lavoro, include anche il lavaggio. Questo obbligo è finalizzato a conservare l’efficienza protettiva degli indumenti e a garantire le condizioni di igiene e sicurezza, soprattutto quando c’è esposizione a sostanze imbrattanti o nocive.

Un lavoratore ha diritto al risarcimento se provvede in autonomia al lavaggio dei DPI?
Sì. Se il datore di lavoro non adempie all’obbligo di lavaggio, il lavoratore subisce un danno patrimoniale corrispondente alle spese sostenute. La sentenza ha confermato che tale danno può essere liquidato dal giudice, anche in via equitativa, una volta accertato l’inadempimento del datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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