Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 22071 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22071 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 20812-2019 proposto da
DI COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA COGNOMEINDIRIZZO
-ricorrente –
contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio legale COGNOMERAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO COGNOME NOME INDIRIZZO, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 99 del 2019 del la CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 2 maggio 2019 (R.G.N. 325/2018).
R.G.N. 20812/2019
COGNOME
Rep.
P.U. 9/4/2025
giurisdizione Cassa geometri. Obbligo di versare la contribuzione. Presupposti. Lavoro subordinato.
Udita la relazione della causa, svolta in udienza dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il PUBBLICO MINISTERO, in persona della SOSTITUTA PROCURATRICE GENERALE NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito, per il ricorrente, l’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Uditi, per la controricorrente, gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno ribadito le conclusioni del controricorso.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 99 del 2019, depositata il 2 maggio 2019, la Corte d’appello di Brescia ha accolto il gravame della Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti (denominata, d’ora innanzi, Cassa geometri) e, in riforma dell a pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda del geometra NOME COGNOME volta a contestare la fondatezza delle pretese contributive della Cassa geometri.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che l’art. 5 dello Statuto della Cassa geometri, approvato con decreto ministeriale 27 febbraio 2003, impone l’iscrizione alla Cassa di tutti i geometri che esercitano la libera professione, anche senza carattere di continuità ed esclusività. Tale atto di delegificazione, nel definire il sistema degli obblighi contributivi inerenti al nuovo assetto privatizzato, non ha esteso l’obbligo d’iscrizione a nuove categorie di professionisti diversi dai geometri iscritti all’albo che esercitano la libera professione, ma si è limitato a specificare quali siano le modalità rilevanti dell’esercizio della professione. Le previsioni adottate dalla Cassa geometri sono estrinsecazione della sua autonomia organizzativa, gestionale e contabile, riconosciuta dal decreto
legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e non infrangono alcun principio costituzionale.
Nel caso di specie, il professionista non ha fornito la prova contraria secondo le modalità previste dalla delibera n. 2 del 2003, che impone di presentare un’autocertificazione e di trasmettere, anno per anno, la dichiarazione fiscale attestante la mancanza di redditi professionali. La successiva delibera n. 123 del 2009 ha eliminato l’obbligo di invio della dichiarazione fiscale e ha condizionato l’esclusione d e ll’iscrizione alla Cassa alla sussistenza dei seguenti requisiti: l’inquadramento nel ruolo professionale previsto dal contratto collettivo nazionale e la pertinenza dell’attività , svolta nell’esclusivo interesse del datore di lavoro , alle mansioni proprie del ruolo previsto dalla contrattazione collettiva; la presentazione, ad opera del dipendente, di una dichiarazione del datore di lavoro, nella quale si attesti che, nello svolgimento delle sue mansioni, il dipendente non esercita attività tecnico professionale riconducibile a quella di geometra.
In particolare, il geometra COGNOME, pur avendo esercitato nell’esclusivo interesse del datore di lavoro un’attività professionale riconducibile a quella di geometra, presentando pratiche edilizie come direttore dei lavori e come progettista, non ha dimostrato l’inquadr amento nel ruolo professionale previsto dal contratto collettivo nazionale applicabile al rapporto di lavoro. Solo al ricorrere di tale presupposto, «è possibile sostenere che l’attività lavorativa svolta in qualità di geometra non costituisce esercizio della libera professione; infatti, se l’attività professionale del geometra dipendente è svolta al di fuori di un inquadramento contrattuale che preveda espressamente lo svolgimento di tali mansioni, ne risulta che l’attività professionale è esercitata al di fuori delle competenze proprie della qualifica di inquadramento posseduta e, in sostanza, non si distingue da quella prestata per un soggetto terzo» (pagine 14 e 15 della pronuncia d’appello).
Una diversa interpretazione consentirebbe a qualsiasi datore di lavoro di assumere un dipendente iscritto all’albo per lo svolgimento dell’attività professionale di geometra, «situazione che, a parte possibili profili di concorrenza sleale, risulta pregiudizievole per il principio solidaristico che sta alla base della tutela previdenziale garantita dalla CIPAG alla categoria» (pagina 15 della sentenza impugnata).
-Il geometra NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, sulla base di tre motivi.
-La Cassa geometri resiste con controricorso.
-La causa, dopo l’infruttuosa trattazione camerale del 28 gennaio 2025, è stata rimessa alla pubblica udienza.
-Il Pubblico Ministero, prima dell’udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di rigettare il ricorso.
-In prossimità dell’udienza, la parte controricorrente ha depositato memoria.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori delle parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 22, commi 1, 2 e 6, della legge 20 ottobre 1982, n. 773, dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dell’ar t. 1, comma 33, lettera a ), numero 4), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, degli artt. 1, commi 3 e 4, 2, commi 1 e 2, e 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’art. 23 Cost.
La Corte d’appello di Brescia avrebbe errato nel reputare legittime le previsioni regolamentari della Cassa geometri, che avrebbero arbitrariamente derogato ai requisiti per l’iscrizione alla Cassa,
individuati dalla legge n. 773 del 1982 nell’esercizio continuativo dell’attività professionale.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1994, dell’art. 5, comma 1, dello Statuto della Cassa, delle delibere n. 2 del 2003 e n. 123 del 2009 della medesima Cassa.
La sentenza d’appello meriterebbe comunque censura per aver conferito valore a un mero comunicato, in contrasto con l’art. 5 dello Statuto della Cassa, che affiderebbe a una delibera del Consiglio d’amministrazione, sottoposta all’approvazione dei Minister i vigilanti, la determinazione delle modalità con cui l’iscritto all’albo può fornire la prova contraria. La delibera n. 2 del 2003, modificata dalla delibera n. 123 del 2009, si limiterebbe a obbligare il geometra a presentare una autocertificazione di no n esercizio dell’attività professionale senza vincolo di subordinazione, senza porre le ulteriori condizioni indicate soltanto in un comunicato sprovvisto di ogni efficacia vincolante.
3. -Con la terza critica, il ricorrente censura, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1418 e 1324 cod. civ., degli artt. 2094 e 2222 cod. civ., dell’art. 2, comma 3, del decreto le gislativo 2 febbraio 2006, n. 30, degli artt. 3 e 39, primo comma, Cost. e, riguardo all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.
La Corte d’appello di Brescia avrebbe erroneamente escluso «la possibilità per il ricorrente di dimostrare il mancato esercizio della libera professione, quindi il compimento degli atti professionali contestati in forma di lavoro subordinato anziché di lavoro autonomo» (pagina 25 del ricorso per cassazione), quando difetti il formale inquadramento del professionista nel ruolo professionale previsto dal contratto collettivo nazionale.
In tal modo, la sentenza impugnata valorizzerebbe una presunzione assoluta, priva di ogni base legale e incentrata su fatti indipendenti dalla volontà del geometra: l’applicazione, da parte del datore di lavoro, di un contratto collettivo che preveda un ruolo professionale di geometra. Ne deriverebbero ingiustificate disparità di trattamento. L’accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro sarebbe così demandato alle previsioni regolamentari della Cassa geometri, senza alcuna correlazione con la specificità della singola vicenda.
Né la Corte di merito avrebbe spiegato per quale ragione, in assenza di formale inquadramento nel ruolo professionale del contratto collettivo nazionale, l’attività svolta dal geometra dipendente debba essere qualificata come prestazione di lavoro autonomo.
4. -Le censure proposte si prestano a un esame congiunto, in quanto investono, sotto profili tra loro connessi, il tema dei limiti dell’autonomia regolamentare della Cassa geometri, nel determinare i presupposti degli obblighi contributivi e quelli specula ri dell’esenzione, con precipuo riguardo al contestuale svolgimento di un’attività di lavoro subordinato.
Al fine d’inquadrare le questioni devolute a questa Corte, giova delineare, nei suoi snodi essenziali, l’evoluzione della normativa e della giurisprudenza.
5. -L’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ha delegato il Governo a emanare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, «uno o più decreti legislativi diretti a riordinare o sopprimere enti pubblici di previdenza e assistenza», vincolati al rispetto, fra gli altri, dei seguenti princìpi e criteri direttivi: la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza che non usufruiscono di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, nelle forme d ell’associazione o della fondazione, « con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e
contabile, ferme restandone le finalità istitutive e l ‘ obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti» (art. 1, comma 33, lettera a , numero 4).
Nell’attuazione della delega, è stato emanato il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, che, all’art. 1, comma 1, e a decorrere dal primo gennaio 1995 ha trasformato gli enti indicati nell’allegato A e, fra questi, anche la Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri, «in associazioni o in fondazioni con deliberazione dei competenti organi di ciascuno di essi, adottata a maggioranza qualificata dei due terzi dei propri componenti, a condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario».
Tale privatizzazione «è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell ‘ ambito della pubblica amministrazione. Alla razionalizzazione organizzativa ed alle fusioni ed incorporazioni, che tale direttiva implica, si sottraggono gli enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell ‘ associazione o della fondazione» (Corte costituzionale, sentenza n. 15 del 1999, punto 2.2. del Considerato in diritto ).
L’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1994 dispone che g li enti trasformati continuino a sussistere come enti senza scopo di lucro, assumendo «la personalità giuridica di diritto privato, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile e secondo le disposizioni di cui al presente decreto» e «rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni».
In virtù dell’art. 1, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 509 del 1994, gli enti trasformati «continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e
professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione».
Nella sentenza n. 248 del 1997, la Corte costituzionale ha evidenziato, a tale riguardo, che gli enti trasformati permangono «come centro d ‘ imputazione dei rapporti e soprattutto come soggetto preposto a svolgere le attività previdenziali ed assistenziali in atto. All ‘ autonomia organizzativa, amministrativa e contabile riconosciuta ai singoli enti in ragione della loro mutata veste giuridica fanno riscontro un articolato sistema di poteri ministeriali di controllo sui bilanci e d ‘ intervento sugli organi di amministrazione, nonché una generale funzione di controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti. Particolare attenzione ha poi posto il legislatore al fine di prevenire situazioni di crisi finanziaria e dunque di garantire l ‘ erogazione delle prestazioni: è stato così sancito il vincolo d ‘ una riserva legale a copertura per almeno cinque anni delle pensioni in essere (art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 509 del 1994) e, più recentemente in sede di riforma del sistema pensionistico generale, è stata prevista l ‘ obbligatorietà della predisposizione di un bilancio tecnico attuariale per un arco previsionale di almeno quindici anni (art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335). Il già citato comma 4 dell ‘ art. 2 consente inoltre, nel caso di disavanzo economico finanziario, la nomina di un commissario straordinario che adotti i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione; e solo ove sia accertata l ‘ impossibilità di tale operazione, dopo un triennio dalla suddetta nomina, è previsto l ‘i ntervento di un commissario liquidatore con i poteri attribuiti dalle norme in materia di liquidazione coatta amministrativa. 2.3. -Dal quadro così tracciato emerge che la suddetta trasformazione ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell ‘ attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi:
l ‘ obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell ‘ inalterato fine previdenziale» (punti 2.2. e 2.3. del Considerato in diritto ).
L’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 509 del 1994 riconosce alle associazioni e alle fondazioni «autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell ‘ attività svolta».
L’autonomia gestionale deve pur sempre allinearsi all’obiettivo dell’equilibrio di bilancio della gestione economico -finanziaria (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1994).
L’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 509 del 1994 stabilisce che la vigilanza sugli enti privatizzati sia esercitata «dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero del tesoro, nonché dagli altri Ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati ai sensi dell ‘ art. 1, comma 1».
Tale vigilanza si esplica approvando « a ) lo statuto e i regolamenti, nonché le relative integrazioni o modificazioni; b ) le delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti» (art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1994).
All ‘ atto della trasformazione in associazione o fondazione dell ‘ ente privatizzato, continuerà ad operare la disciplina della contribuzione previdenziale prevista in materia dai singoli ordinamenti (art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 509 del 1994) e, anche da questo punto di vista, si coglie la continuità tra gli enti trasformati e i nuovi enti derivanti dalla trasformazione, depositari delle medesime funzioni pubblicistiche.
6. -Alle associazioni e alle fondazioni «è stato attribuito il potere regolamentare di disciplinare il regime dei contributi e delle prestazioni di rispettiva competenza, ma sempre nel perimetro determinato dalla
normativa primaria» (Cass., sez. lav., 4 marzo 2016, n. 4296, punto 3 dei Motivi della decisione ).
Ne scaturisce «una sostanziale delegificazione -affidata dalla legge alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati, entro i limiti ad essa imposti (vedi, per tutte, Cass. n. 29829 del 19 dicembre 2008, sia pure con riferimento a delegificazione affidata all ‘ autonomia collettiva, nel rapporto di impiego pubblico privatizzato) -per la disciplina, tra l ‘ altro, del rapporto contributivo -ferma restando, tuttavia, l ‘ obbligatorietà della contribuzione -e del rapporto previdenziale -concernente le prestazioni a carico degli stessi enti -anche in deroga a disposizioni di legge precedenti. Al pari delle disposizioni di legge nelle stesse materie, tuttavia, gli atti di delegificazione -adottati dagli enti, entro i limiti della propria autonomia -sono soggetti, altresì, a limiti costituzionali (vedi, per tutte, Cass. n. 11792 del 7 giugno 2005 ed, ivi, ampi richiami di giurisprudenza della Corte costituzionale). Coerentemente, il sindacato giurisdizionale -su tali atti di delegificazione -ne investe il rispetto, da un lato, dei limiti imposti alla autonomia degli enti -dal quale dipende la loro idoneità a realizzare l ‘ effetto perseguito, di abrogare, appunto, o derogare disposizioni di legge (vedi Corte cost. 1° dicembre 2006, n. 401, sia pure con riferimento a delegificazione affidata a disposizioni regolamentari) -e, dall ‘ altro, dei limiti costituzionali, in funzione della (eventuale) caducazione degli atti medesimi (art. 1418 e 1324 c.c.), per contrasto con norme imperative (vedi Cass. n. 15135/04, sia pure con riferimento a delegificazione affidata all ‘ autonomia collettiva, nel rapporto di impiego pubblico privatizzato). Lo stesso sindacato giurisdizionale -circa il rispetto dei limiti imposti all ‘ autonomia degli enti, appunto, e dei limiti costituzionali -investe (anche) gli atti di delegificazione, posti in essere dagli enti sulla base della legislazione successiva» (Cass., sez. lav., 16 novembre 2009, n. 24202, punto 2.4. dei Motivi della decisione ).
Ha valore meramente descrittivo il riferimento alla delegificazione, che, a rigore, deve rispettare i crismi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400: è la legge della Repubblica, nelle materie non coperte da una riserva assoluta di legge sancita dalla Costituzione, ad autorizzare «l ‘ esercizio della potestà regolamentare del Governo», determinando «le norme generali regolatrici della materia» e disponendo «l ‘ abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall ‘ entrata in vigore delle norme regolamentari»; il regolamento di delegificazione è adottato «on decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia».
Di delegificazione discorre anche la Corte costituzionale, riguardo agli atti adottati dalla Cassa forense, e a questa stregua ne esclude la sindacabilità, sul presupposto che «la giurisdizione del giudice costituzionale è limitata alla cognizione dell’illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, ai sensi dell’art. 134 Cost. e non si estende a norme di natura regolamentare, come i regolamenti di ‘delegificazione’ (sentenza n. 427 del 2000) ; che, con riferimento alle fonti di valore regolamentare, adottate in sede di ‘delegificazione’, la garanzia costituzionale è normalmente da ricercare, volta a volta, a seconda dei casi, o nella questione di legittimità costituzionale sulla legge abilitante il Governo all’adozione del regola mento, ove il vizio sia ad essa riconducibile, per avere, in ipotesi, posto princìpi incostituzionali o per aver omesso di porre princìpi in materie che costituzionalmente li richiedono; o nel controllo di legittimità sul regolamento, nell’ambito dei poter i spettanti ai giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed esclusivo del regolamento stesso (sentenza n. 427 del 2000)» (ordinanza n. 254 del 2016).
Nella sentenza n. 67 del 2018, la Corte costituzionale, sempre con riferimento alla previdenza forense, non ha evocato il paradigma della delegificazione in senso formale e, in termini più onnicomprensivi, ha
adombrato l’abbandono di un sistema interamente disciplinato dalla legge, con l’apertura all’autonomia regolamentare e con l’arretramento della legge. Ne scaturisce un sistema composito, di fonte a un tempo legale e regolamentare: alla normativa primaria di categoria si affianca quella della Cassa, «di natura privatistica» (punto 3.1. del Considerato in diritto ).
7. -L’orientamento oramai consolidato di questa Corte « esclude che abbiano contenuto normativo e/o regolamentare in senso proprio, ex art. 1 delle Preleggi, fra l ‘ altro, i regolamenti e gli statuti delle persone giuridiche di diritto privato, quale è quello in oggetto. Si tratta, infatti, di atti cui va attribuita natura negoziale privatistica in quanto emanati da un Ente privato, senza che tale natura possa considerarsi contraddetta né dall ‘ eventuale approvazione con decreto ministeriale, né dall ‘ obbligo di iscrizione imposto all ‘ Ente dal comma 3 dell ‘ art. 1 del d.lgs. n. 509 del 1994 né dalla prevista necessità che gli atti statutari e regolamentari, a mente del successivo art. 3, comma 2, dello stesso d.lgs. n. 509, siano approvati del Ministero vigilante (vedi, per tutte: Cass. 26 settembre 2012, n. 16381 che si è pronunciata con riguardo al regolamento di attuazione dello statuto dell ‘ ENPACL -Ente Nazionale di Assistenza e Previdenza dei Consulenti del Lavoro; Cass. 7 giugno 2005, n. 11792)» (sentenza n. 4296 del 2016, cit., punto 3 dei Motivi di decisione ).
Ne deriva che «il sindacato di legittimità è confinato all ‘ evenienza che venga dedotta una qualche violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c.» (Cass., sez. lav., 2 dicembre 2020, n. 27541).
8. -Le odierne censure s’iscrivono in questo quadro quanto mai frastagliato, che impone all’interprete di delimitare la latitudine della potestà degli enti privatizzati, in un concorso, non sempre agevole da dipanare, di fonti primarie e di previsioni regolamentari (Corte costituzionale, sentenza n. 67 del 2018, cit.).
Tale intreccio rende talvolta ardua la ricognizione dei limiti sanciti dalla normativa di rango legislativo e dai princìpi fondamentali che regolano la materia.
Di questa complessità reca traccia la stessa evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, che ha vagliato con esiti alterni le previsioni regolamentari della Cassa geometri.
Dapprima questa Corte ha ravvisato un’antinomia tra l’iscrizione obbligatoria alla Cassa per i geometri iscritti all’albo che esercitino, anche senza carattere di continuità, l’attività professionale (art. 5 dello Statuto) e la disposizione dell’art. 22, secondo comma, della legge n. 773 del 1982, in forza della quale l’i scrizione alla Cassa è facoltativa per i geometri iscritti a forme di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione, in conseguenza di diversa attività da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione all ‘a lbo professionale (Cass., sez. lav., 22 febbraio 2019, n. 5375).
A diverse conclusioni questa Corte è approdata con la sentenza 19 febbraio 2021, n. 4568, valorizzando, quale parametro di legittimità della previsione regolamentare, l’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Nel testo originario, tale previsione imponeva di considerare la stabilità delle gestioni previdenziali di cui al d.lgs. n. 509 del 1994 in un arco temporale non inferiore a quindici anni e, a tale scopo, consentiva agli enti previdenziali privatizzati di adottare «provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principi del ‘ pro rata ‘ in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti».
Con le modifiche apportate dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la verifica dell’equilibrio finanziario è stata estesa a un arco temporale di trent’anni e agli enti è stato attribuito il
potere di adottare «i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell ‘ equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni».
Più ampio, dunque, è il novero dei provvedimenti, prima descritti puntualmente nel loro oggetto. L’unico limite oggi risiede nella finalità di salvaguardare l’equilibrio finanziario di lungo termine e nell’esigenza di tener presente, senza rispettare più in modo rigido, il principio del pro rata e di uniformarsi a criteri di gradualità e di equità tra le generazioni.
L’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, con previsione che si qualifica come d’interpretazione autentica, ha poi confermato la legittimità e l’efficacia de gli atti e delle «deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296», a patto che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine.
La previsione della Cassa geometri, inquadrata in queste diverse coordinate, si rivela conforme a legge: essa non modifica la platea degli obbligati, «in quanto l’ iscrizione alla cassa riguarda pur sempre i geometri iscritti all ‘ albo professionale che esercitano la libera professione, mentre è solo mutato l ‘ accertamento delle modalità di esercizio della libera professione, che rileva ai fini contributivi anche se priva dei caratteri di continuità ed esclusività» (sentenza n. 4568 del 2021, cit. punto 7 dei Motivi della decisione ).
In questa prospettiva, «l’ iscrizione all ‘ albo professionale è condizione sufficiente al fine dell ‘ obbligatorietà della iscrizione alla cassa, e l ‘ ipotetica natura occasionale dell ‘ esercizio della professione è
irrilevante ai fini dell ‘ obbligatorietà dell ‘ iscrizione e del pagamento della contribuzione minima» (punto 10 dei Motivi della decisione ).
Sulla base di queste premesse, si è affermato che «Nell ‘ esercizio del potere regolamentare la Cassa a decorrere al 2003 ha ribadito l ‘ automatismo di iscrizione di cui alla legge del 1967 e specificato che l ‘ obbligo di contribuzione minima sussiste nel caso di attività effettiva, ancorché saltuaria ed occasionale. Per i soggetti tenuti all ‘ iscrizione alla Cassa, dunque, non rileva la mancata produzione effettiva di reddito professionale, essendo comunque dovuto un contributo minimo, e ciò in ogni caso ed anche nell ‘ ipotesi di dichiarazioni fiscali negative. 12. Il sistema regolamentare della Cassa, dunque, non ha esteso l ‘ obbligo di iscrizione a nuove categorie di soggetti, ma si è limitato a definire, nell ‘ ambito del nuovo assetto, il sistema degli obblighi contributivi, peraltro in linea con i principi di cui alla legge 335 del 1995 che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l ‘ equilibrio finanziario di lungo termine degli enti. 13. Ne deriva la legittimità delle norme relative all ‘ iscrizione alla cassa degli iscritti all ‘ albo e al pagamento dei contributi minimi a prescindere dal reddito, essendo tali norme la legittima espressione di esercizio dell ‘ autonomia regolamentare della Cassa all ‘ esito della sua privatizzazione».
9. -Tali princìpi sono stati ribaditi da Cass., sez. lav., 28 settembre 2022, n. 28188, che ha negato alla mera iscrizione ad altra gestione INPS una valenza di per sé ostativa «all ‘ insorgere degli obblighi nei confronti della previdenza di categoria, posto che una contribuzione alla Cassa è astrattamente compatibile con la contestuale iscrizione a un ‘ assicurazione generale, tanto più in presenza di contestuale iscrizione all ‘ albo. Invero, dal momento in cui un geometra, liberamente, sceglie di essere iscritto all ‘ albo, anche per attività occasionale, assume obblighi di solidarietà a favore dei colleghi, obblighi ai quali non può sottrarsi, e che importano il pagamento di una contribuzione minima; l ‘ iscrizione all ‘ albo professionale è condizione
sufficiente al fine dell ‘ obbligatorietà della iscrizione alla Cassa, e l ‘i potetica natura occasionale dell ‘ esercizio della professione è irrilevante ai fini dell ‘ obbligatorietà dell ‘ iscrizione e del pagamento della contribuzione minima».
Né risulta violato il divieto di doppia contribuzione, in quanto «pur essendo il geometra già assicurato quale dipendente, trattasi di esercizio di attività distinte, l ‘ una prestata nell ‘ ambito del rapporto di lavoro subordinato e l ‘ altra, invece, quale libera professione. Dall ‘ obbligo di iscrizione alla Cassa -previsto dallo Statuto della stessa con disposizione, come si è detto, legittima -deriva, inoltre, l ‘ applicazione delle norme regolamentari della stessa, che stabiliscono le condizioni per le quali è possibile derogare alla presunzione di attività professionale da parte degli iscritti all ‘ albo; l ‘ esistenza di altra attività esclusiva con obbligo contributivo generale può incidere sugli obblighi contributivi alla Cassa, invero, solo nei limiti delle condizioni fissate dalla Cassa, potendo in tal modo la Cassa svolgere i controlli opportuni in ordine alle attività svolte ed ai redditi prodotti».
10. -Di recente, nel confermare l’orientamento descritto, questa Corte ha osservato come «la potestà di imporre un contributo obbligatorio a carico degli iscritti all’albo che non svolgono attività professionale continuativa, unitamente a quella di individuare i presupposti di fatto per il riconoscimento del requisito della continuatività medesima, fosse già prevista nella legge regolatrice dell’attività della Cassa ricorrente e che la trasformazione del contributo di solidarietà in contributo (soggettivo) minimo sia coerente vuoi con l’attribuzione della potestà di adottare tutte le determinazioni necessarie ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine, vuoi col principio generale di universalizzazione delle tutele previdenziali fissato dall’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995 (di portata chiaramente antitetica a quello che ispirava l’art. 22, l. n. 773/1982), secondo cui a ciascuna della attività lavorative e/o professionali esercitate da una
persona fisica deve corrispondere una specifica copertura assicurativa (cfr. in tal senso Cass. n. 28188 del 2022, cit., in motivazione)» (Cass., sez. lav., 22 novembre 2024, n. 30191).
11. -Sulle questioni prospettate dal ricorrente, lo stato dell’arte si può dunque così compendiare, alla luce delle affermazioni rese in molteplici occasioni da questa Corte: «in tema di Cassa dei geometri liberi professionisti, ai fini dell ‘ obbligatorietà dell ‘ iscrizione e del pagamento della contribuzione minima, è condizione sufficiente l ‘ iscrizione all ‘ albo professionale, essendo, invece, irrilevante la natura occasionale dell ‘ esercizio della professione e la mancata produzione di reddito, dovendo peraltro escludersi che la mera iscrizione ad altra gestione INPS sia di per sé ostativa all ‘ insorgere degli obblighi nei confronti della previdenza di categoria. Dall ‘ obbligo di iscrizione alla Cassa – previsto dallo Statuto della stessa con disposizione ritenuta da questa Corte del tutto legittima – deriva, inoltre, l ‘ applicazione delle norme regolamentari della stessa, che stabiliscono le condizioni per le quali è possibile derogare alla presunzione di attività professionale da parte degli iscritti all ‘ albo; l ‘ esistenza di altra attività esclusiva, con obbligo contributivo generale, può incidere sugli obblighi contributivi alla Cassa, invero, solo nei limiti delle condizioni fissate dalla Cassa, potendo in tal modo la Cassa svolgere i controlli opportuni in ordine alle attività svolte e ai redditi prodotti. Le dette condizioni, sulla base della Delib. n. 2 del 2003 del Cda della Cassa, prevedevano l ‘ obbligo di presentare l ‘ autocertificazione recante dichiarazione del geometra di non esercitare attività professionale senza vincolo di subordinazione, in forma autonoma societaria o associata, anche in via occasionale e di non essere titolare di partita IVA; sulla base della successiva Delib. n. 123 del 2009, l ‘ iscrizione dei geometri dipendenti presso terzi può essere esclusa in presenza di inquadramento nel ruolo professionale previsto dal CCNL, sempre che l ‘atti vità – svolta nel solo ed esclusivo interesse del datore di lavoro – rientri nelle mansioni proprie del ruolo
contrattuale, ovvero di dichiarazione datoriale che attesti che il dipendente non svolga attività tecnico professionale riconducibile a quella di geometra. Deve, peraltro, precisarsi che la prova delle condizioni previste dalla delibera deve essere fornita con le modalità dalla stessa previste, in quanto solo in tal modo la Cassa può attivare i controlli necessari, in concreto, per verificare l ‘ effettività della situazione dichiarata dal professionista» (Corte di cassazione, sezione lavoro, 6 giugno 2023, n. 15840).
12. -La ratio decidendi della sentenza impugnata s’incentra sulla mancata dimostrazione dell’inquadramento del geometra dipendente nel ruolo professionale previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Ad avviso dei giudici d’appello, tale elemento è sufficiente a far so rgere l’obbligo contributivo, non rilevando, in senso contrario, che l’attività sia stata svolta nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.
A favore di tali conclusioni militerebbero il principio solidaristico, che permea la previdenza di categoria, e l’esigenza di scongiurare il rischio della concorrenza sleale a danno dei liberi professionisti.
13. -Ai rilievi, svolti dai giudici d’appello e condivisi dal Pubblico Ministero e dalla controricorrente, anche sulla scorta dei princìpi di autonomia regolamentare, enunciati in molteplici occasioni da questa Corte, il ricorso oppone argomentazioni meritevoli di approfondimento.
Le critiche involgono, in particolare, il tema dei limiti dell’autonomia degli enti e l’interrelazione tra la tutela previdenziale di categoria e quella dell’assicurazione generale obbligatoria.
In ragione della pluralità delle fattispecie, in cui le questioni si possono riproporre, e delle implicazioni sistematiche dei profili devoluti, pare opportuno percorrere la strada dell’interlocuzione con le Sezioni Unite.
14. -La fonte primaria (art. 22 della legge n. 773 del 1982) è inequivocabile nell’ancorare l’obbligo contributivo all’esercizio dell’attività libero professionale da parte del geometra iscritto all’albo.
Tale esercizio non cessa di configurarsi come presupposto indefettibile, pur configurato in termini di saltuarietà e di non esclusività in virtù delle modifiche apportate dall’art. 5 dello Statuto e dai successivi interventi dell’autonomia regolamentare.
Le difficoltà applicative insorgono, allorché il professionista iscritto all’albo svolga attività di lavoratore subordinato nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.
L’art. 22, secondo comma, della legge n. 773 del 1982 prevede che l’iscrizione alla Cassa geometri sia solo facoltativa « per gli iscritti agli albi dei geometri che esercitano la libera professione con carattere di continuità, se iscritti a forma di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione in conseguenza di diversa attività da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione all ‘ albo professionale».
15. -Questa Corte, nell’interpretazione evolutiva della disciplina vigente, ora demandata anche alla fonte regolamentare, ha escluso che de iure condito il mero dato dell’iscrizione ad altra forma di previdenza obbligatoria sia di per sé preclusivo del sorgere degli obblighi contributivi verso la Cassa geometri.
A tali conclusioni, nondimeno, questa Corte è giunta sulla scorta di due rilievi: anzitutto, si tratta di attività diverse, l’una svolta come lavoratore subordinato e l’altra svolta come lavoratore autonomo (sentenza n. 28188 del 2022, cit.); tale estensione della tutela corrisponde al principio di universalizzazione, che presiede alle riforme del sistema previdenziale attuate di recente (ordinanza n. 30191 del 2024).
16. -Nessuna di tali ragioni, tuttavia, si attaglia al caso di specie e vale a corroborare la vincolatività delle previsioni della Cassa, nei termini adombrati anche nelle pronunce di questa Corte, che a tali previsioni assegnano il ruolo di esclusivo parametro di riferimento per il sorgere dell’obbligo contributivo o per l’eventuale esenzione.
Nel caso di specie, non coesistono un’attività svolta in forza del vincolo di subordinazione e un’attività distinta, legata a un rapporto di lavoro autonomo.
Il professionista svolge in via esclusiva, e nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, una attività di lavoro subordinato riconducibile alla professione di geometra.
Non è possibile, dunque, tracciare una linea di discrimine tra le due attività. È di evidenza palmare che solo la distinzione tra le due attività dia conto del richiamo al principio di universalizzazione delle tutele (art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995), in virtù del quale ad ogni attività lavorativa e/o professionale deve corrispondere una specifica copertura assicurativa, così da porre rimedio alle lacune di tutela. Lacune che, nel caso di specie, non sussistono, a fronte della copertura assicu rativa garantita per l’unica attività svolta.
17. -È ben vero che, per la giurisprudenza costituzionale, la ‘doppia contribuzione’ di per sé non infrange l’art. 38 Cost., in quanto incrementa il grado di copertura dell’assicurato (sentenza n. 88 del 1995, punto 9 del Considerato in diritto ), e rinviene la sua non implausibile ragione giustificatrice «nel rafforzamento della tutela previdenziale degli obbligati al doppio contributo (possibili beneficiari futuri di una doppia pensione) e, insieme, nella solidarietà endocategoriale che il legislatore si è preoccupato di non far venire improvvisamente meno, onde assicurare l ‘ idonea provvista di mezzi: considerazione, quest ‘ ultima, tanto più valida ora, in un sistema dichiaratamente autofinanziato» (sentenza n. 248 del 1997, cit. punto 2.3. del Considerato in diritto ).
Nondimeno, è pur sempre la legge che deve modulare, in ragione delle preminenti esigenze pubblicistiche, presupposti applicativi e limiti di tale obbligo concorrente.
Nel caso di specie, dalla fonte primaria, che assurge pur sempre a paradigma ineludibile di riferimento, si evince che l’attività attratta
nell’orbita dell’assicurazione generale obbligatoria dev’essere diversa dall’attività che la previdenza di categoria valorizza, pur se oramai sprovvista dei caratteri della continuità e dell’esclusività.
La stessa giurisprudenza di questa Corte, senza revocare in dubbio l’astratta rilevanza di un divieto di doppia contribuzione, ne esclude in concreto la violazione, in virtù della diversità che intercorre tra le attività di volta in volta prestate.
18. -Nel caso paradigmatico sottoposto all’odierno scrutinio, non vi è alcuna distinzione tra le attività che il professionista ha prestato.
Nel quadro dell’unitaria attività che viene in rilievo, non si può enucleare un segmento riconducibile alla subordinazione e un altro che ha i tratti distintivi dell’autonomia e perciò soggiace alla pretesa contributiva della Cassa.
Si ravvisa, pertanto, un rapporto di lavoro subordinato, che, a fini meramente previdenziali, è qualificato d’imperio dalle fonti negoziali della Cassa come autonomo, sulla scorta di criteri che prescindono dall’accertamento dell’effettiv o atteggiarsi di tale rapporto.
Tale qualificazione è legata a un requisito dai contorni nebulosi, che non si riscontrano nell’attuale dinamica negoziale: l’inquadramento nel ruolo professionale di geometra, previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro.
Tale requisito evoca la diversa realtà del ruolo professionale previsto dall’art. 15 della legge 20 marzo 1975, n. 70, per il personale dipendente degli enti del ‘parastato’, fra i quali la legge citata annoverava anche la Cassa geometri.
Al ruolo professionale, in base all’ultimo comma della previsione citata, appartengono i dipendenti che, nell’esercizio dell’attività svolta nell’ambito dei compiti istituzionali dell’ente cui appartengono, si assumono, a norma di legge, una personale responsabilità di natura professionale e per svolgere le loro mansioni devono essere iscritti in albi professionali.
Né il richiamo eccentrico all’inquadramento nel ruolo professionale può acquisire maggiore consistenza alla luce dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 8 febbraio 2006, n. 30: l’esercizio dell’attività professionale in forma di lavoro dipendente si svolge secondo specifiche disposizioni normative che assicurino l’autonomia del professionista.
L’imposizione di un obbligo contributivo verso la Cassa per la medesima attività già sottoposta all’assicurazione generale obbligatoria non si può ricondurre alle specifiche disposizioni normative che salvaguardano l’autonomia del professionista , in quanto non vieta lo svolgimento dell’attività di lavoro subordinato, non persegue alcuna finalità di salvaguardia dell’autonomia e valorizza un elemento del tutto estrinseco, disancorato dall’attuale contesto negoziale.
Non hanno fondamento, pertanto, una ratio antielusiva e una prospettiva lato sensu sanzionatoria, in un sistema che comunque è volto a soddisfare i bisogni tutelati dall’art. 38 Cost. e presuppone lo svolgimento dell’attività libero professionale quale requisito indefettibile per il sorgere dei corrispondenti obblighi.
Né il principio solidaristico, enfatizzato dalla sentenza d’appello, può giustificare un’indiscriminata estensione degli obblighi, al di là del perimetro che ancora traccia la normativa primaria, pur nella sua apertura all’integrazione delle autonome previ sioni della Cassa.
Non giova invocare, infine , l’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, che sancisce un preciso vincolo teleologico e impone l’attenta verifica tanto della rispondenza del provvedimento all’obiettivo di salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine quanto della proporzionalità dei mezzi prescelti, senza offrire un crisma di legittimità a qualsiasi provvedimento genericamente connesso a esigenze di risparmio.
La particolare conformazione dell’obbligo contributivo, nel caso in cui non vi sia una duplice attività, esige una ricostruzione di più ampio
respiro del sistema in cui l’autonomia della Cassa ha avuto modo di esplicarsi e dell’osservanza dei limiti immanenti a tale sistema.
19. -Alla stregua di tali considerazioni, si rimette la controversia alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite , ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ .
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione