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Obbligo comunicazione NASpI: il ruolo di presidente

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di comunicazione NASpI non si applica alla carica di presidente di una società cooperativa preesistente alla domanda di disoccupazione. Tale ruolo, per la sua natura di immedesimazione organica con l’ente, non rientra nelle definizioni di lavoro autonomo o subordinato che comportano la decadenza dal sussidio in caso di omessa comunicazione. L’ente previdenziale non può quindi negare l’indennità basandosi su questa specifica omissione.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Obbligo comunicazione NASpI: quando la carica di presidente non fa perdere il sussidio

L’obbligo di comunicazione NASpI rappresenta un punto cruciale per chi percepisce l’indennità di disoccupazione e svolge contemporaneamente altre attività. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, specificando che la carica di presidente di una società cooperativa, se preesistente alla richiesta del sussidio, non rientra tra le attività da comunicare obbligatoriamente all’ente previdenziale, evitando così la decadenza dal beneficio. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti di causa

Un lavoratore, dopo aver perso il suo impiego, presentava domanda per ottenere l’indennità di disoccupazione NASpI. L’ente previdenziale respingeva la richiesta, sostenendo che il lavoratore avesse violato l’obbligo di comunicazione. Nello specifico, l’ente contestava la mancata dichiarazione, entro 30 giorni dalla domanda, dei redditi derivanti dalla sua carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società cooperativa, ruolo che già ricopriva in precedenza.

La decisione dei giudici di merito

Il Tribunale di primo grado dava ragione all’ente previdenziale, ritenendo che il lavoratore avesse omesso di comunicare i redditi da lavoro autonomo e che ciò comportasse la decadenza dal diritto alla NASpI.
La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la sanzione della decadenza si applica solo in caso di omessa comunicazione di un’attività lavorativa iniziata ex novo dopo la presentazione della domanda di NASpI, e non per quelle già in essere in precedenza.

L’obbligo di comunicazione NASpI e l’interpretazione della Cassazione

L’ente previdenziale ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione delle norme che regolano la NASpI (D.Lgs. 22/2015). Sosteneva che il richiedente fosse tenuto a comunicare qualsiasi fonte di reddito potenziale, anche se preesistente, per permettere le verifiche di compatibilità con il sussidio.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo un’interpretazione dirimente della normativa.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha chiarito la portata dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 22/2015. La giurisprudenza consolidata afferma che l’obbligo di comunicare all’ente le attività di lavoro autonomo o d’impresa sussiste sia per quelle intraprese ex novo, sia per quelle già esistenti ma svolte con un impegno maggiore dopo la perdita del lavoro dipendente.

Tuttavia, il punto centrale della decisione risiede nella natura della carica ricoperta dal lavoratore. La Corte ha stabilito che l’incarico di presidente e componente del consiglio di amministrazione di una società cooperativa non può essere assimilato né a un rapporto di lavoro subordinato, né a un’attività di lavoro autonomo ai fini della normativa sulla NASpI. Questo perché prevale il principio dell’immedesimazione organica: l’amministratore agisce come organo della società, e la sua attività si imputa direttamente all’ente stesso, mancando il requisito della coordinazione tipico di altre forme di lavoro.

Di conseguenza, l’omessa comunicazione di tale incarico non può comportare la decadenza dalla prestazione. La norma che prevede la decadenza è una norma eccezionale e, come tale, non può essere applicata per analogia a situazioni non espressamente previste, come vietato dall’art. 14 delle preleggi al codice civile. Estendere la sanzione a un’ipotesi non contemplata, come quella della carica di amministratore, costituirebbe un’applicazione analogica non consentita.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha concluso che, non essendo stata accertata alcuna attività lavorativa autonoma o di impresa individuale svolta dal lavoratore (al di là del reddito derivante dalla carica), non sussisteva alcun obbligo di comunicazione. Rigettare la domanda di NASpI sulla base di questa omissione significherebbe applicare una sanzione al di fuori del perimetro normativo.
Questa ordinanza traccia una linea netta di demarcazione: la carica di amministratore di una società, in sé e per sé, non è una di quelle attività lavorative la cui mancata comunicazione fa scattare la sanzione della decadenza dalla NASpI. Un principio di grande importanza pratica per tutti coloro che si trovano in situazioni analoghe.

Chi riceve la NASpI deve comunicare all’ente previdenziale se ricopre la carica di presidente di una cooperativa preesistente alla domanda?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’incarico di presidente di una società cooperativa non rientra tra le attività di lavoro autonomo o d’impresa la cui omessa comunicazione comporta la decadenza dal diritto alla NASpI, in virtù del principio di immedesimazione organica.

L’obbligo di comunicazione per la NASpI riguarda solo le attività lavorative iniziate dopo la domanda di disoccupazione?
No, la giurisprudenza chiarisce che l’obbligo riguarda sia le attività intraprese ex novo, sia quelle già in essere ma svolte con maggiori energie e per un maggior tempo rispetto al pregresso. Tuttavia, la carica di amministratore di società non rientra in queste categorie.

Perché la carica di presidente di una cooperativa non è considerata lavoro autonomo ai fini della decadenza dalla NASpI?
Perché, secondo la Corte, in questo ruolo prevale l’immedesimazione organica tra la persona fisica e l’ente. L’attività dell’amministratore è imputata direttamente alla società e manca il requisito della coordinazione, distinguendola così dai rapporti di co.co.co. o di lavoro autonomo rilevanti ai fini della normativa sulla NASpI.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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