Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11206 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11206 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12194/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrente- avverso SENTENZA di TRIBUNALE PESARO n. 1048/2019 depositata il 31/12/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/09/2023
dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOME, avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo dei lavori all’impianto idrico eseguiti nell’immobile di proprietà del convenuto. Il giudice di pace di Pesaro, nella contumacia del convenuto, accolse la domanda.
Avverso la sentenza del giudice di pace propose appello NOME COGNOME e dedusse la nullità dell’atto di citazione per inosservanza del termine a comparire; l’appellante chiese, quindi, dichiararsi la nullità della sentenza, in forza del principio della propagazione delle nullità degli atti processuali.
Si costituì COGNOME NOME per resistere al gravame.
Il Tribunale di Pesaro dichiarò inammissibile l’appello per difetto di interesse in quanto l’appellante aveva dedotto unicamente la nullità della sentenza per inosservanza del termine a comparire, senza svolgere alcuna deduzione, né domanda di merito.
Avverso la sentenza del Tribunale, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE NOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 353 e 354 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale di Pesaro erroneamente dichiarato inammissibile il gravame per difetto di interesse mentre, una volta dichiarata la nullità della citazione, avrebbe dovuto decidere la causa nel merito.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonché l’omesso esame di elementi istruttori aventi carattere decisivo, con riferimento alle deduzioni difensive contenute nelle memorie ex art.183, comma VI c.p.c. in cui aveva dedotto allegazioni difensive ed articolato richieste istruttorie.
Secondo parte ricorrente, che articola in modo unitario i due motivi, la sentenza impugnata, pur avendo correttamente ravvisato l’inosservanza del termine a comparire, riconosciuto che l’atto d’appello costituisce sanatoria della nullità dell’atto di citazione e il giudice del gravame di decidere la causa nel merito, previa la rinnovazione degli atti dichiarati nulli, avrebbe errato nel ritenere l’inammissibilità di un gravame che si limiti a censurare il vizio di nullità della sentenza senza svolgere alcuna deduzione né domanda di merito. In particolare, il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto che, non sussistendo un’ipotesi di remissione della causa al primo giudice, avrebbe dovuto decidere la causa nel merito, anche in presenza di un atto di gravame che si limitava a censurare unicamente il vizio di nullità della sentenza.
I motivi che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente sono infondati.
La questione di diritto sottesa al ricorso è stata oggetto della recente pronuncia delle Sezioni Unite che, con sentenza del 26.1.2022 , n.2258, hanno affermato che qualora venga dedotta come motivo di appello la nullità della citazione di primo grado per vizi della vocatio in ius – nella specie, per l’inosservanza dei termini a comparire – non essendosi il convenuto costituito e neppur essendo stata la nullità rilevata d’ufficio ai sensi dell’art.164 c.p.c., il giudice d’appello, non ricorrendo una ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti compiuti in primo grado. Il contumace può chiedere di essere rimesso in termini per compiere attività ormai
precluse a norma dell’art.294 c.p.c., e dunque se dimostra che la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo.
Nell’articolata motivazione, le Sezioni Unite hanno ritenuto di lasciare regolata dall’art.294 c.p.c. la questione degli effetti della rilevazione della nullità della citazione come motivo d’appello, distinguendo fra rinnovazione degli atti nulli compiuti in primo grado, a norma dell’art.354 c.p.c., comma 4 e dell’art.356 c.p.c., e rimessione in termini per le attività segnate da preclusioni condizionata alla dimostrazione della mancata conoscenza del processo.
Quando la nullità della citazione dedotta dall’appellante, rimasto contumace in primo grado, dipende dall’inosservanza dei termini a comparire o dalla mancanza dell’avvertimento previsto dall’art.163 c.p.c., n. 7, la rimessione in termini per le attività che gli sarebbero precluse, ai sensi dell’art.294 c.p.c., resta, di regola, impedita dall’avvenuta conoscenza materiale dell’esistenza del processo, a differenza di quanto accade in ipotesi di omissione o assoluta incertezza del giudice adito. Residuano, ovviamente, le ipotesi limite in cui tale conoscenza materiale del processo in capo al convenuto sia avvenuta in tempo comunque non utile a consentirgli una fruttuosa costituzione.
Le Sezioni Unite osservano che, in virtù di un’interpretazione orientata all’effettività del diritto di difesa e alla ragionevole durata del processo, è da escludere che dalla nullità della citazione, pur non seguendo la rimessione al primo giudice, discenda la necessaria rimessione in termini del contumace appellante, perché ciò, come si avverte anche in dottrina, comporterebbe un “premio” per lo stesso, sebbene egli abbia avuto cognizione del processo ed avrebbe perciò potuto comunque costituirsi sin dalla prima udienza, mentre ha preferito attendere l’intero decorso del giudizio di primo
grado per poi spiegare gravame. In tal senso, potendo dirsi che il mancato esercizio dei poteri processuali soggetti a preclusione da parte del convenuto contumace sia causato da una sua strategia difensiva e non direttamente dalla difformità della citazione dal modello legale, finisce per scindersi anche l’ipotizzata corrispondenza biunivoca tra rinnovazione e rimessione in termini per nullità dell’atto introduttivo.
Ove all’incompleta redazione dell’atto introduttivo con riguardo agli elementi della vocatio in ius ed all’omesso rilievo d’ufficio della nullità della citazione addebitabile al giudice, si facesse seguire una integrale regressione del giudizio per lasciar esercitare al convenuto (il quale pur sapeva del processo pendente ma ha optato di non costituirsi alla prima udienza) tutti i poteri difensivi preclusi che avrebbe potuto svolgere in primo grado, la reazione ordinamentale risulterebbe sproporzionata rispetto alla lesione del diritto di difesa addebitabile all’attore.
Nel caso di specie, NOME COGNOME era rimasto contumace in primo grado, pur avendo conoscenza del processo nonostante l’inosservanza del termine a comparire ed avrebbe potuto chiedere al giudice di appello di essere ammesso a compiere le attività assertive e probatorie, solo allegando e dimostrando che la nullità della citazione gli aveva impedito di avere materiale conoscenza del processo, come stabilito dall’art.294 c.p.c.
Nel caso di specie, l’appellante si è limitato a dedurre la nullità della sentenza impugnata per inosservanza del termine a comparire, senza svolgere, con l’atto d’appello, alcuna deduzione, né domanda di merito.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese di lite vanno integralmente compensate, ai sensi dell’art.92, comma 3 c.p.c., in quanto la sentenza delle Sezioni
Unite N.2258/2022, che ha composto il contrasto giurisprudenziale, è successiva all’introduzione del ricorso per cassazione.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda