Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26197 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 4161/23 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri ;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli 7 dicembre 2022 n. 5171; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME in proprio e nella qualità di erede del padre NOME COGNOME, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché fosse condannata, ai sensi della legge 13 aprile 1988, n. 117, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da lei subiti in conseguenza degli errori inescusabili asseritamente commessi da alcuni magistrati del Tribunale di Salerno.
La Presidenza del Consiglio dei ministri si costituì chiedendo il rigetto della domanda.
Oggetto:
inammissibilità
per
violazione dell’art. 291
c.p.c..
Il Tribunale di Napoli rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese del giudizio.
La decisione fu impugnata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7 dicembre 2022, ha rigettato l’appello e ha compensato le ulteriori spese del grado.
C ontro la sentenza della Corte d’appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con atto affidato a due motivi.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria 26.7.2024 n. 20989 ha rilevato che il ricorso per cassazione fu notificato all’Avvocatura Distrettuale, invece che all’Avvocatura Generale dello Stato. Fissò alla ricorrente, per conseguenza , termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza (avvenuta il 26.7.2024) per rinnovare la notificazione.
Anche dopo la rinnovazione non vi è stata attività difensiva della Presidenza del Consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va dichiarato inammissibile per inosservanza dell’ordine di rinnovazione della notificazione del ricorso all’Avvocatura Generale dello Stato.
La nuova notifica risulta infatti eseguita all’indirizzo PEC ‘ EMAIL ‘, il quale è l’indirizzo PEC destinato all’invio di ‘ corrispondenza relativa ad attività legale ‘.
L’indirizzo PEC destinato alla ricezione delle notificazioni di atti processuali è invece l’indirizzo ‘ EMAIL , e la notificazione ad un indirizzo diverso da quest’ultimo è nulla, come ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 2, Ordinanza n. 23872 del 5.9.2024, in motivazione; Sez. L, Ordinanza n. 1101 del 16.1.2023; Sez. L, Ordinanza n. 23996 del 2.8.2022).
1.1. Né può ordinarsi la rinnovazione della notifica ex art. 291 c.p.c..
Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato che nel caso di mancata rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione, è possibile l’assegnazione di un ulteriore termine per l’adempimento, in deroga al principio generale di improrogabilità dei termini perentori, enunciato dall’art. 153 cod. proc. civ., solo se l’esito negativo della notifica sia dipeso da un fatto che la parte ‘ non era in condizione di conoscere ed in concreto sottratto ai suoi poteri ‘ ( ex multis , Sez. 1, Sentenza n. 1180 del 20/01/2006; Sez. 2 – , Ordinanza n. 9541 del 07/04/2023).
1.2. Nel caso di specie l’esito infruttuoso della rinnovata notifica non fu incolpevole.
Infatti l ‘esatto indirizzo PEC dell’Avvocatura Generale dello Stato, cui indirizzare le notifiche di atti processuali, risulta dai pubblici registri e dallo stesso sito web dell’Avvocatura Generale, e comunque dovrebbe ritenersi ben noto (anche ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c.) ad un avvocato cassazionista.
Reputa non superfluo la Corte aggiungere che il ricorso non avrebbe avuto miglior sorte, ove se ne fosse potuto esaminare il merito.
Il primo motivo, infatti, sarebbe stato inammissibile ai sensi dell’art. 366, nn.
4 e 6, c.p.c., a causa della non perspicua indicazione delle doglianze ivi proposte.
Infatti il motivo:
a) omette di individuare la motivazione o i punti della motivazione della sentenza impugnata che vorrebbe criticare e, quindi, per ciò solo non è idoneo a svolgere la funzione propria di un motivo di cassazione, giusta il consolidato principio di diritto di cui a Cass. n. 359 del 2005 (ribadito, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, in motivazione);
b) omette di individuare le ragioni della violazione delle norme indicate nell’intestazione, rimanendo su un piano meramente generico, tanto più che nemmeno nella lunga esposizione del fatto (nella quale nemmeno vengono individuate le ragioni della domanda parametrate all’art. 2 della l. n. 117 del
1988, risultano enunciate con argomentazioni idonee ad evidenziarle le pretese violazione e false applicazioni dell’art. 2 cit.);
le argomentazioni che si svolgono risultano evocative, peraltro, di vicende nemmeno individuate nel rispetto dell’art. 366 n. 6 c.p.c..
2.1. Anche il secondo motivo, se fosse stato esaminabile, si sarebbe dovuto dichiarare infondato, giusta i principi correttamente richiamati dalla sentenza impugnata quanto alla violazione dell’art. 50 -bis c.p.c..
La Corte d’appello infatti correttamente applicato il principio di diritto relativo alle conseguenze della denuncia in appello della violazione dell’art. 50 -quater c.p.c., giacché ha riesaminato nuovamente come il giudice di primo grado la vicenda (cfr. Sez. 3 – , Ordinanza n. 9224 del 03/04/2023 : ‘ all’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è applicabile, in forza del rinvio operato dall’art. 50-quater c.p.c., il regime della nullità di cui all’art. 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il relativo vizio (che non comporta la nullità degli atti precedenti) si converte in motivo di impugnazione, senza che quest’ultima produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice, ove il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, essendo egli chiamato a rinnovare la decisione come se fosse nella posizione del giudice di primo grado ‘).
Quanto poi alla circostanza che con il dispositivo, la corte di merito ha rigettato l’appello, mentre, in realtà, l’ha accolto quanto al profilo assorbente della denuncia del vizio di mancanza di decisione collegiale ed essendosi risolto l’accoglimento, come detto, secondo la ricordata giurisprudenza, nella rinnovazione della decisione, ha rigettato la domanda rimotivando e non ha rinnovato le prove e comunque l’istruzione correttamente , si dovrebbe osservare quanto segue.
L’esito finale della lite è stato negativo per la ricorrente, come lo era alla fine del giudizio di primo grado e, dunque, se formalmente la corte avesse ristatuito espressamente sulle spese del giudizio di primo grado, applicando il principio di soccombenza e correlandolo all’esito finale della lite, bene avrebbe potuto porre a carico della ricorrente le spese come liquidate in primo grado,
tenuto conto che non vi era specifica censura sulla liquidazione. La Corte avrebbe dovuto altresì statuire sulle spese di appello e questo lo ha fatto, compensandole, con una statuizione favorevole per la ricorrente.
Ebbene, in tale situazione la violazione dell’obbligo di ri -statuire formalmente sulle spese di primo grado, se apprezzata ai sensi dell’art. 360 -bis n. 2 c.p.c. nella sostanza si rivela, secondo il consolidato principio di cui a Cass. n. 22341 del 2017, priva di decisività, non diversamente dalla violazione dell’obbligo di far luogo formalmente all’accoglimento dell’appello quanto alla censura ex art. 50quater c.p.c. e di seguito al rigetto della domanda.
In questi termini il profilo finale del motivo sarebbe risultato inammissibile, non senza doversi rilevare che nemmeno sono evocate le norme che sarebbero state violate, cioè, in definitiva, l’art. 336, primo comma, (a ragione) e l’art. 91 c.p.c. (a torto).
Non è luogo a provvedere sulle spese, non avendo la Presidenza del consiglio svolto attività difensiva.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 25 marzo 2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)