Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13735 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13735 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
sul ricorso 2815/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, unipersonale, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata per quest’atto dalla RAGIONE_SOCIALE con procura notarile del 31.8.18- elett.te domic. presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME– in proprio e nella qualità di legale rappres. della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione-; COGNOME NOME;
-intimati -, avverso la sentenza n. 2132/2019 della Corte d’appello di Catanzaro pubblicata in data 7.11.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori della RAGIONE_SOCIALE, proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, richiesto dalla Banca MPS s.p.a. ed emesso nei loro confronti dal Tribunale di Crotone per la somma di euro 1.320.000.
Con sentenza del RAGIONE_SOCIALE il Tribunale revocava il decreto opposto, non ritenendo provato il credito della banca, rilevando la nullità di diverse clausole dei contratti sottoscritti dal debitore principale e rigettando la domanda restitutoria degli opponenti.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Banca MPS, mentre gli appellati si costituivano eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello in quanto tardivo e , comunque, deducendone l’infondatezza.
Con sentenza del 7.11.19, la Corte territoriale dichiarava inammissibile l’appello osservando che: la sentenza im pugnata era stata pubblicata l’ 1.3.18 e notificata alla banca appellante il 6.3.18; una prima notifica dell’appello era stata tentata il 4.4.18, cui aveva fatto seguito la restituzione dei plichi il 18.4.RAGIONE_SOCIALE per omessa notifica dovuta al trasferimento del procuratore destinatario; tale notifica veniva poi eseguita, con posta elettronica certificata, il 26.4.18.
Al riguardo, l’appellante aveva assunto che il procedimento di notifica non aveva subito interruzioni e poteva dirsi sanato dal verificarsi di due condizioni: l’impossibilità di venire a conoscenza del nuovo domicilio del procuratore degli appellati, trasferito medio tempore ; il contenimento dei tempi in cui la notifica era successivamente avvenuta. Riteneva, viceversa, il giudice territoriale che non sussistesse nella specie alcuna delle condizione, come desumibile dalla
citata giurisprudenza di legittimità, per dirsi sanata la tardività della notifica; in particolare, non si era verificata l’impossibilità dell’accertamento del domicilio del difensore, iscritto al foro del circondario del Tribunale presso cui si era svolto il procedimento di notifica (ciò a prescindere dal rilievo che il nuovo recapito risultava nella relata di notifica della sentenza effettu ata dall’appellante); né la nuova notifica era stata tempestiva, risultando superato della metà il termine breve previsto; ciò era peraltro dipeso direttamente dalla condotta dell’appellante che avrebbe potuto effettuare la nuova notifica nella stessa data del 18.4.18, anziché, come avvenuto il 26.4.18.
RAGIONE_SOCIALE, sRAGIONE_SOCIALE, e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE, ricorre in cassazione con unico motivo. Non si sono costituiti gli intimati.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia violazione degli artt. 330, 141, 325 c.p.c. per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’appello non tempestivo e, dunque, inammissibile, assumendo che, invece, il termine di gg. 15 – considerato quale limite massimo del tempo necessario per riprendere e completare il procedimento notificatorio relativo alle impugnazioni e pacificamente fissato in misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto d’impugnazione ex art. 325 c.p.c. – decorresse dal momento in cui il notificante aveva appreso la notizia dell’esito negativo della notificazione, cioè dal momento in cui, dopo l’attestazione d’irreperibilità del destinatario, i plichi erano stati restituiti al mittente.
Al riguardo, la ricorrente assumeva, in particolare, che: i due plichi, notificati separatamente, non erano stati consegnati ai destinatari, con attestazione d’irreperibilità in date 9.4. e 17.4.18, e trasmessi al mittente il 18.4.18, data da indicare, appunto, quale termine iniziale per la ripresa del procedimento di notificazione; l’istanza per la
rinotifica, del 18.4.18, era stata accolta solo il 2.5.18, ragione per la quale l’appellante – in attesa di tale provvedimento – aveva provveduto alla rinotifica il 26.4.18 con pec, vista l’ imminente scadenza del termine per ripr endere tale procedimento; la Corte d’appello aveva dunque errato nel ritenere superato il suddetto termine massimo di 15 gg., senza però nulla specificare in ordine alla relativa data iniziale.
Il ricorso è infondato.
In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
Al riguardo, secondo l’orientamento richiamato , si pongono due problemi, in successione logica tra loro. Il primo è quello della imputabilità dell’errore sul domicilio, distinguendosi a tal fine due ipotesi, a seconda che il procuratore eserciti o meno la sua attività professionale, nel circondario del Tribunale in cui si svolge la controversia.
Nel caso di difensore che svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui egli sia professionalmente assegnato, è onere della parte interessata ad eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l’indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, ancorché eventualmente corrispondente a indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da
comunicazione nell’ambito del giudizio del successivo mutamento (In tal senso, Cass., SU, n. 14594/16, nonché Cass., SU., n. 17352/2009). Quindi, se la mancata notifica non è imputabile alla parte che l’ha richiesta, il procedimento notificatorio continua a ritenersi iniziato nel momento in cui è stata richiesta la notifica.
Questa continuità, però, sussiste solo in presenza di alcune condizioni. La prima riguarda l’iniziativa. E’ la parte istante che, preso atto della non riuscita della notifica a causa della modifica del domicilio, deve attivarsi per individuare il nuovo domicilio e completare il procedimento notificatorio; e deve fare ciò in piena autonomia.
Nell’ampia motivazione della sentenza n.17352/2009 le Sezioni unite hanno spiegato, correggendo una precedente decisione, che la ripresa del procedimento notificatorio è rimessa alla parte istante e che deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perché questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perché non sarebbe “neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata” (principio ribadito da Cass., 11 settembre 2013, n. 20830 e Cass., 25 settembre 2015, n. 19060).
L’attività della parte interessata a completare la notificazione deve essere, altresì, attivata con “immediatezza” appena appresa la notizia dell’esito negativo della notificazione e deve svolgersi con “tempestività” ossia non deve superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (ancora, Sez. Un., 17352/2009, cit., nonché, di seguito, Cass., n. 19059/17 che ha escluso che possano
costituire circostanze idonee a consentire il superamento del detto limite temporale sia il deposito di una istanza per ottenere la riapertura dei termini, trattandosi di una scelta di parte che non esclude la necessità di riprendere tempestivamente il procedimento notificatorio, sia il fatto che la parte destinataria della notifica avesse indicato un indirizzo errato in un precedente atto di precetto notificato alla controparte, poiché tale circostanza può rilevare ai fini della imputabilità dell’errore, ma non anche ai fini della verifica della tempestività della ripresa del procedimento notificatorio).
Ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l’errore originario sia imputabile al notificante oppure no: nel primo caso, l’impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio – che la parte deve provare di aver avviato nell’immediatezza dell’appresa notizia circa l’esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice – ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l’intervenuto spirare del termine per impugnare (Cass., n. 34272/23).
Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto inammissibile l’appello, per l’insussistenza delle condizioni richieste per sanar e la tardività: l’impossibilità dell’accertamento del domicilio del difensore, esercitante ed iscritto al foro del circondario del Tribunale presso cui si è svolto il processo; la tempestività, risultando superato il termine breve assegnato per la ripresa del procedimento di notifica.
Anche in disparte dalla correttezza o meno dell’accertamento di questa seconda condizione, è decisivo, in ordine alla prima condizione, che la Corte territoriale abbia rilevato che il difensore trasferitosi fosse ‘esercitante ed iscritto al foro del circondario del Tribunale cui si è svolto il processo’, sì che il nuovo domicilio sarebbe stata agevolmente riscontrabile con l’uso dell’ordinaria diligenza, e ciò ‘anche a prescindere dal rilievo che il nuovo recapito risultava nella relata di notifica della sentenza fatta all’appellante’ .
Pertanto, deve concludersi che correttamente il decidente abbia ritenuto che la mancata notifica fosse da imputare al difensore dell’appellante, con la conseguente inammissibilità dell’appello.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della I Sezione civile il 19 marzo