Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 247 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 247 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1106/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1805/2019 depositata il 29/08/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1805/2019 della Corte d’appello di Bari, depositata il 29 agosto 2019.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE a r.l. 2- La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4quater , e 380 bis.1, c.p.c.
La Corte d’appello di Bari ha dichiarato inammissibile, perché tardivo rispetto al termine di trenta giorni ex artt. 325 e 326 c.p.c., l’appello proposto il 21 settembre 2018 da NOME COGNOME contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Bari in data 23 febbraio 2018. Tale sentenza risultava, invero, notificata dalla RAGIONE_SOCIALE all’avvocato NOME COGNOME, primo procuratore costituito di NOME COGNOME, dapprima il 7 marzo 2018 presso la cancelleria del Tribunale di Bari, avendo questi così eletto domicilio nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, e poi il 30 marzo 2018 a mezzo PEC presso il domicilio digitale dello stesso difensore. Secondo la Corte d’appello, i nuovi due avvocati (NOME e NOME COGNOME) che si erano costituiti con memoria del 24 novembre 2015 per l’COGNOME, indicando quale domicilio eletto dall’assistito il loro studio, si erano aggiunti e non avevano sostituito l’avvocato COGNOME.
Il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 83 e 85 c.p.c., nonché dell’art. 330 c.p.c. e dell’art. 82 r.d.l. n. 1578/1933, per avere la Corte d’appello ritenuto la notifica della sentenza effettuata presso il primo difensore avvocato NOME COGNOME idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione. Il ricorrente richiama gli orientamenti giurisprudenziali secondo cui, in caso di più difensori di una medesima parte, il procuratore con studio legale fuori dal distretto
deve presumersi domiciliato presso l’altro difensore con studio nel distretto e comunque la notificazione deve essere effettuata solo nei confronti del difensore intra districtum . Non avrebbe quindi operato il termine breve, avendo la Cooperativa notificato la sentenza al solo primo difensore ed a nessuno dei due codifensori costituitisi in giudizio con diversa procura successiva e con elezione di domicilio intra dis trictum. Quanto alla notificazione presso la cancelleria del Tribunale di Bari, il ricorrente evidenzia che il notificante può ricorrervi solo in caso di inaccessibilità dell’indirizzo PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi per cause imputabili al destinatario. Il ricorrente sostiene ancora che i due codifensori costituitisi successivamente sarebbero subentrati al primo difensore per revoca tacita dello stesso, mancando una diversa manifestazione di volontà.
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16 -sexies , d.l. 179/2012, convertito con modificazioni in l. 221/2012, per come modificato dal d.l. n. 90/2014, convertito in l. n. 114/2014. La notifica a mezzo PEC avvenuta in data 30 marzo 2018 da parte della RAGIONE_SOCIALE presso il domicilio digitale dell’avvocato COGNOME sarebbe stata effettuata, giusta relata agli atti, ad un indirizzo PEC estratto dal pubblico registro INI-PEC e non invece all’indirizzo risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE).
La controricorrente specifica e documenta, in ordine alla seconda censura, che l’indirizzo INI -PEC e l’indirizzo ReGIndE dell’avvocato COGNOME sono assolutamente coincidenti.
I due motivi di ricorso impongono un esame coordinato, in quanto connessi, e sono del tutto infondati.
6.1. E’ ormai costante l’interpretazione di questa Corte secondo cui la nomina, nel corso del giudizio, di un nuovo difensore (nella specie, gli avvocati NOME e NOME COGNOME) non autorizza, di per sé, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo (nella specie, l’avvocato COGNOME) , dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall’art. 1716, comma 2, c.c. (Cass. n. 34800 del 2021; n. 8525 del 2017; n. 9260 del 2005), sicché la notifica della sentenza è correttamente eseguita, in siffatta situazione, presso il primo difensore non sostituito.
In seguito, poi, all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dall’art. 16sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014, è comunque valida, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, necessariamente corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è tenuto ad inserirlo, appunto, sia nei registri INI PEC, di cui al citato art. 6 bis, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia (restando parimenti valida la notificazione effettuata presso un concorrente domicilio fisico eventualmente indicato) (Cass. sez. unite n. 23620 del 2018; n. 33806 del 2021; n. 39970 del 2021).
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, regolandosi secondo soccombenza le spese processuali del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo in favore della controricorrente.
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dalla controricorrente, che liquida in complessivi € 3.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione