Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3057 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3057 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
sul ricorso 21755/2022 proposto da:
COGNOME NOME, elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO dal quale è rappres. e difesa, uni tamente all’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t, rappres. e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE presso la quale elett.te domicilia, in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore;
-intimata- avverso la sentenza n. 149/2022 della Corte d’appello di Ancona, pubblicata in data 8.2.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/11/2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME convenne innanzi al Tribunale di Macerata l’RAGIONE_SOCIALE al fine di far dichiarare la falsità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni contenute nei due avvisi di ricevimento relativi alla notifica avvenuta il 4.1.10 dell’ordinanza ingiuntiva del 2009 emessa dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, ufficio di Camerino, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della citata COGNOME, quale legale rappresentante, per essere state effettuate le due notifiche alla stessa persona attribuendo falsamente alla medesima una qualifica non posseduta (e comunque non idonea alla consegna), ed inoltre falsamente attestando che la notifica alla persona giuridica fosse avvenuta alla INDIRIZZO, ment re l’atto era stato consegnato a persona che si trovava occasionalmente, in Camerino, in INDIRIZZO. Tale azione di falso fu promossa dopo che, impugnata la suddetta ingiunzione, l’RAGIONE_SOCIALE ne aveva eccepito la tardività perché tardivamente proposta.
Il Tribunale respinse la domanda e l’appello fu rigettato dalla Corte territoriale di Ancona, osservando che: non era stata provata la dedotta falsità circa il cd. contenuto intrinseco RAGIONE_SOCIALE relate di notifica contestate (la qualità di NOME COGNOME, figlio dell’appellante, di addetto al ritiro degli atti indirizzati alla RAGIONE_SOCIALEerativa); circa la notifica alla persona fisica, essa era avvenuta presso il domicilio fiscale, ma nelle mani del medesimo COGNOME, la cui relata indicava la consegna al figlio non convivente -previa cancellatura del termine ‘convivente’ accanto all a casella barrata ‘familiare’ – addetto al ritiro; le annotazioni sugli avvisi esprimevano il risultato di un’attività di verifica compiuta dal soggetto che aveva effettuato le notifiche; l’alterazione materiale RAGIONE_SOCIALE relate di notifica non era stata dedotta nella querela di falso; le prove dedotte
RAGIONE_SOCIALE asserite falsità erano costituite da inammissibili dichiarazioni testimoniali rese da soggetto privo di attendibilità, peraltro contrapposte a documenti sottoscritti dallo stesso testimone; l’incompletezza dei dati riportati nel registro di consegna degli atti era del tutto compatibile con la fedele ricostruzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni ed indicazioni ricevute dal consegnatario, riportate nell’avviso di consegna.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, mentre la RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE non svolge difese.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 116 c.p.c., e 2700 c.c., per non aver la Corte d’appello ritenuto provata la circostanza della notifica della suddetta ordinanza ingiuntiva emessa nel 2009, alla RAGIONE_SOCIALE, in Camerino, alla INDIRIZZO, anziché in INDIRIZZO, e per entrambe le notifiche- sia alla persona giuridica che alla persona fisica- nelle mani di persona qualificatasi come figlio del soggetto della destinataria e, dunque, in quanto tale persona non idonea, ritenendo inattendibile il teste COGNOME, considerando altresì che negli avvisi risultava cancellata la dicitura ‘convivente’.
La ricorrente si duole in par ticolare che la Corte d’appello non abbia tenuto conto del fatto che il COGNOME si sia dichiarato figlio della legale rappres. della RAGIONE_SOCIALEerativa, ma non addetto al ritiro degli atti, risultando barrata la casella ‘al servizio del destinatario’, senza alcuna indicazione della natura del servizio nello spazio apposito, nonché del fatto che il registro di consegna indicava la dicitura ‘figlio’ per la notifica alla persona fisica, e nessuna dicitura quanto alla notifica alla persona giuridica.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 7 l. n. 890/82 e 2700, c.c ., per non aver la Corte d’appello considerato che anche per l’operatore postale i soggetti ai quali può consegnare il piego sono individuati con particolare rigore e non sono gli stessi individuati dal l’ufficiale giudiziario secondo i criteri dettati dall’art. 139 c .p.c., non essendo legittima l’utilizzabilità della dicitura di addetto al ritiro degli atti ai sensi del predetto art. 7, in mancanza della indicazione del rapporto in tercorrente con il destinatario dell’atto , sia sull’avviso di consegna, che sul registro di consegna sul quale comunque non risultava l’indicazione di addetto agli atti.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 115 e 245, c.2, c.p.c., 2727 c.c., per aver la Corte territoriale ritenuto inattendibile il teste COGNOME, e irrilevanti gli altri due, essendo peraltro emerso che le relative dichiarazioni testimoniali fossero coerenti con le risultanze documentali, avendo esse dimostrato che il suddetto testimone avesse ricevuto entrambi gli atti presso l’abitazione della madre , e di non essersi recato presso la sede della RAGIONE_SOCIALEerativa, alla quale non lo legava nessun rapporto di servizio.
I tre motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili.
Va osservato, anzitutto, che il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (Cass., n. 34189/22).
Inoltre, in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza RAGIONE_SOCIALE prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione, nonché la scelta RAGIONE_SOCIALE prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass., n. 21187/19).
Nel caso concreto, le varie doglianze tendono a contestare il merito della sentenza impugnata ed a ribaltarne l’interpretazione dei fatti in ordine alla valutazione dell’attendibilità dei vari testi e dei document i acquisiti. Invero, l a Corte d’appello , correttamente, prima ha esplorato i limiti contenutistici della fede privilegiata (l’estrinseco) , e poi ha affermato la corrispondenza di quanto risultante nella relata con ciò che è stato riferito all’agente p ostale, ritenendo il teste non attendibile, con argomentazioni incensurabili in questa sede.
Le spese seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 5.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 novembre 2023.