Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2402 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2402 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6507-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME;
– intimata –
avverso la sentenza n. 397/2023 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 21/09/2023 R.G.N. 442/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 6507/2024
COGNOME
Rep.
Ud.14/11/2024
CC
RILEVATO CHE
INPS impugna la sentenza n. 397/2023 della Corte d’appello di Lecce che, in riforma della pronuncia del Tribunale di Taranto, ha dichiarato il diritto di NOME NOME a percepire la NASPI in relazione a rapporto di lavoro subordinato cessato in data 31.05.2015.
COGNOME NOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 novembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Inps propone un unico motivo di ricorso, per violazione degli artt. 10 ed 11 del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22, art. 12 delle disposizioni preliminari al cod. civ., art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto che l’assicurato non decada dalla fruizione della prestazione allorché comunichi tardivamente lo svolgimento di attività lavorativa autonoma, ed il relativo reddito presunto, anche qualora si tratti di attività preesistente rispetto al periodo di percezione della indennità, richiamando a sostegno le recenti Cass. n. 846/2024 e n. 1053/2024.
L’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 22/2015, stabilisce, per quanto qui rileva, che ‘il lavoratore che, durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, dalla quale ricava un reddito , deve
informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne’, mentre il successivo art. 11 commina, al comma 1, lett. c), la ‘decadenza dalla fruizione della NASpI’ nel caso di ‘inizio di un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale senza provvedere alla comunicazione di cui all’articolo 10, comma 1, primo periodo’.
Nell’interpretare il combinato disposto di tali disposizioni, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che «la fattispecie cui si correla la decadenza è rappresentata dall’omessa comunicazione all’INPS della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e lo svolgimento dell’attività lavorativa autonoma da cui possa derivare un reddito, non essendo al contrario necessario che tale attività sia stata intrapresa in epoca successiva all’inizio del periodo di percezione della NASpI e dovendo semmai in tal caso correlarsi il decorso del termine di decadenza alla proposizione della domanda amministrativa volta a conseguire la prestazione (Cass. nn. 846 e 1053 del 2024)» (Cass. n. 22924/2024).
Peraltro, alla luce della motivazione della sentenza impugnata, il ricorso è inammissibile poiché il motivo non si confronta interamente con il decisum .
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge, infatti, che la Corte leccese ancora la decisione non tanto e non solo al profilo che è qui stato censurato ma soprattutto al fatto che, nella specie, non vi era stato effettivo svolgimento di alcuna attività, tanto meno produttrice di reddito.
La Corte, infatti, dopo aver affermato che «l’art. 10 fa specifico riferimento al caso di inizio di un’attività di lavoro autonomo quando già il lavoratore percepisce la Naspi», aggiunge testualmente: «si duole l’appellante dell’erronea applicazione
dell’art. 10 citato non ritenendo operante il regime della decadenza per non aver mai intrapreso l’attività lavorativa autonoma o d’impresa individuale, pur essendo titolare di partita Iva, ma del tutto inattiva, percependo redditi derivanti esclusivamente dal rapporto di lavoro subordinato innanzi indicato (cfr. certificato rilasciato dal responsabile del centro per l’impiego attestante lo stato di disoccupazione dal 2013 e documentazione attestante che la società di cui risultava amministratrice unica era inattiva dal 2010, in atti)».
Su tale presupposto i Giudici di appello argomentano che «la mera titolarità di partita Iva non può ritenersi sufficiente ad escludere l’erogazione dell’indennità richiesta, occorrendo, invece, l’effettivo svolgimento di attività lavorativa autonoma o d’im presa, presupposto indispensabile per la comunicazione dei redditi….
Nel caso concreto, l’appellante era titolare di partita IVA per essere amministratrice unica di una società che risulta inattiva dal 2010 e comunicava all’INPS l’assenza di reddito con autocertificazione in occasione della domanda amministrativa di pagamento.
Né l’Inps, sul quale ricadeva il relativo onere, ha dimostrato che alla formale titolarità di partita IVA si sia accompagnato l’effettivo svolgimento di attività di lavoro autonomo da parte dell’appellante nell’arco temporale di riferimento».
Nella specie, non è stato oggetto di censura il percorso argomentativo della sentenza impugnata laddove motiva l’accoglimento della domanda valorizzando il fatto che nessuna attività di lavoro autonomo risultava effettivamente intrapresa, neppure in epoca antecedente alla domanda, essendo la ricorrente mera titolare di partita IVA e amministratrice di società da anni inattiva e non avendo l’INPS fornito prova che
al dato formale della titolarità si fosse accompagnato il dato sostanziale dell’effettivo svolgimento di attività di lavoro autonomo, richiesto dalla norma.
Ciò è, del resto, conforme a quanto osservato anche nei precedenti citati dall’Istituto, ove viene valorizzato l’elemento della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e lo svolgimento di attività lavorativa da cui possa derivare un reddito.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese del presente giudizio, stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata.
Si dà atto sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 novembre