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NASpI e nuovo lavoro: conta la durata effettiva

Un lavoratore in NASpI accetta un contratto di 12 mesi ma viene licenziato dopo 5 mesi. L’ente previdenziale revoca il sussidio, ma la Corte di Cassazione interviene stabilendo un principio chiave: ai fini della compatibilità tra NASpI e nuovo lavoro, si deve considerare la durata effettiva del rapporto e non quella pattuita. Se il lavoro cessa prima dei sei mesi, la prestazione va solo sospesa e non revocata.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

NASpI e Nuovo Lavoro: Conta la Durata Effettiva o Quella Contrattuale? La Cassazione Risponde

La gestione della NASpI e nuovo lavoro rappresenta un dubbio comune per molti lavoratori che, pur percependo l’indennità di disoccupazione, trovano una nuova opportunità professionale a tempo determinato. La domanda cruciale è: cosa succede se il nuovo contratto, previsto per durare più di sei mesi, si interrompe prima? Si perde definitivamente il diritto alla NASpI o la prestazione viene solo sospesa? Con la sentenza n. 19638 del 2025, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, privilegiando la realtà dei fatti rispetto alle previsioni contrattuali.

I Fatti del Caso: Un Licenziamento in Periodo di Prova

Il caso esaminato riguarda un lavoratore che, dopo essere stato licenziato, aveva ottenuto il riconoscimento della NASpI. Successivamente, aveva iniziato un nuovo rapporto di lavoro subordinato con un contratto a tempo determinato della durata di 12 mesi. Tuttavia, il rapporto si era interrotto dopo soli 5 mesi a causa del mancato superamento del periodo di prova.

L’ente previdenziale, basandosi sulla durata contrattuale iniziale superiore a sei mesi, aveva dichiarato la decadenza del lavoratore dal diritto alla prestazione, negandone il ripristino. Il lavoratore ha impugnato tale decisione, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello.

La Questione Giuridica: Sospensione o Decadenza della NASpI?

Il cuore della controversia verteva sull’interpretazione dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 22/2015. Questa norma stabilisce che il percettore di NASpI che instaura un rapporto di lavoro subordinato di durata superiore a sei mesi decade dalla prestazione. Se la durata non è superiore a sei mesi, la prestazione è semplicemente sospesa d’ufficio per la durata del rapporto.
L’ente previdenziale sosteneva che la decadenza scattasse automaticamente alla firma di un contratto con durata prevista superiore ai sei mesi. Il lavoratore, invece, riteneva che dovesse contare la durata effettiva dell’impiego.

La Decisione della Corte: La Prevalenza della Durata Effettiva nel rapporto NASpI e nuovo lavoro

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’ente previdenziale, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che, ai fini della decadenza o sospensione della NASpI, occorre guardare alla durata concreta ed effettiva del rapporto di lavoro e non alla durata astrattamente pattuita nel contratto.

Poiché nel caso di specie il lavoro si era interrotto prima dei sei mesi, il lavoratore non era decaduto dal suo diritto, che doveva quindi essere solo sospeso per il periodo di occupazione e poi ripristinato.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una interpretazione logica e teleologica della norma. La finalità della NASpI è quella di fornire un sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria, secondo un principio di solidarietà sociale. Un’interpretazione che punisce il lavoratore con la perdita definitiva del sussidio per un evento involontario come il licenziamento in prova sarebbe contraria a questa finalità.
I giudici hanno sottolineato che la legge, parlando di “durata del rapporto di lavoro”, intende riferirsi al periodo in cui l’attività lavorativa è stata effettivamente svolta. La decadenza è una “sanzione” che va applicata solo quando si verificano concretamente le condizioni previste dalla legge, ovvero un’occupazione stabile superiore a sei mesi. Valorizzare la durata effettiva permette di tutelare il beneficiario, evitando di onerarlo della presentazione di una nuova domanda soggetta a termini di decadenza, in linea con i principi di semplificazione e buon andamento dell’azione amministrativa.

Le Conclusioni

Questa sentenza stabilisce un principio di grande importanza pratica. I lavoratori che percepiscono la NASpI possono accettare un nuovo lavoro a tempo determinato con maggiore serenità, sapendo che un’interruzione anticipata e involontaria del rapporto, se avviene entro i primi sei mesi, non comporterà la perdita definitiva del sussidio. La prestazione verrà semplicemente sospesa e potrà essere riattivata alla cessazione del nuovo impiego. La Corte ribadisce che la tutela previdenziale deve adattarsi alla realtà concreta dei rapporti di lavoro, proteggendo il lavoratore nelle fasi di transizione occupazionale.

Se accetto un lavoro a tempo determinato di un anno mentre percepisco la NASpI, perdo subito il sussidio?
No. La prestazione non si perde immediatamente. Secondo la Corte di Cassazione, la prestazione viene sospesa. Se il rapporto di lavoro cessa involontariamente prima che siano trascorsi sei mesi, si ha diritto al ripristino della NASpI per il periodo residuo.

Cosa succede alla mia NASpI se vengo licenziato durante il periodo di prova prima che siano passati sei mesi?
In questo caso, il diritto alla NASpI non decade. L’indennità, che era stata sospesa all’inizio del nuovo lavoro, viene ripristinata. La cessazione anticipata e involontaria del rapporto fa sì che si consideri la durata effettiva dell’impiego, che essendo inferiore a sei mesi comporta solo la sospensione.

Ai fini della decadenza dalla NASpI, è più importante la durata scritta sul contratto o quanto ho lavorato effettivamente?
È più importante la durata effettiva del rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione ha chiarito che la decadenza dalla prestazione si verifica solo se l’attività lavorativa subordinata supera concretamente i sei mesi, a prescindere dalla durata più lunga originariamente prevista nel contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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