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NASpI e lavoro autonomo: comunicazione obbligatoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2398/2025, ha stabilito che il beneficiario della NASpI deve comunicare all’INPS anche un’attività di lavoro autonomo preesistente, pena la decadenza dal sussidio. L’obbligo non riguarda solo le nuove attività. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso tale obbligo, rinviando il caso alla Corte d’Appello per accertare se il ruolo di socio amministratore costituisse un’effettiva attività lavorativa e non una mera percezione di reddito.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

NASpI e Lavoro Autonomo: l’Obbligo di Comunicazione Vale Anche per Attività Preesistenti

La compatibilità tra la percezione dell’indennità di disoccupazione NASpI e lavoro autonomo è un tema di grande attualità, spesso fonte di dubbi per i lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: l’obbligo di comunicare all’INPS lo svolgimento di un’attività lavorativa autonoma, pena la decadenza dal sussidio, non riguarda solo le nuove attività, ma si estende anche a quelle già esistenti prima della richiesta di disoccupazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla decisione dell’INPS di negare la NASpI a una lavoratrice, la quale, al momento della domanda, svolgeva già un’attività come socia amministratrice di una società in nome collettivo. L’Istituto previdenziale sosteneva che la mancata comunicazione di tale attività comportasse la perdita del diritto all’indennità.

La lavoratrice si era opposta, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello. Secondo la Corte d’Appello di Torino, la norma sulla decadenza (art. 11, d.lgs. n. 22/2015) si sarebbe dovuta applicare solo nel caso di avvio di una nuova attività lavorativa durante il periodo di percezione della NASpI, e non per attività preesistenti. L’INPS ha quindi proposto ricorso in Cassazione per contestare questa interpretazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS, ribaltando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno stabilito che l’interpretazione corretta della legge impone al lavoratore di comunicare all’INPS la contemporaneità tra la percezione della NASpI e lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro autonomo, anche se questa era già in essere prima della cessazione del rapporto di lavoro dipendente che ha dato origine alla disoccupazione.

Tuttavia, la Corte ha introdotto un elemento cruciale. Ha osservato che i giudici precedenti si erano limitati a considerare l’aspetto reddituale (la lavoratrice percepiva redditi come amministratrice), senza indagare se a tale reddito corrispondesse un’effettiva e concreta attività lavorativa. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà ora effettuare questa verifica fondamentale.

Le Motivazioni: un’interpretazione estensiva dell’obbligo su NASpI e lavoro autonomo

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione degli articoli 10 e 11 del D.Lgs. n. 22/2015. La legge stabilisce che il lavoratore che “intraprenda” un’attività lavorativa autonoma durante la percezione della NASpI deve comunicarlo all’INPS entro un mese.

Secondo la Cassazione, il verbo “intraprendere” non deve essere inteso nel senso restrittivo di “iniziare”, ma in quello più ampio di “svolgere” o “applicarsi a un’attività”. Questa interpretazione, definita “estensiva”, è coerente con la finalità della norma: permettere all’INPS di verificare la compatibilità e l’eventuale cumulo dei redditi, a prescindere dal momento in cui l’attività autonoma è iniziata. L’omessa comunicazione di un’attività contemporanea al godimento del sussidio, sia essa nuova o preesistente, rappresenta la fattispecie che fa scattare la decadenza.

La Corte ha inoltre sottolineato che, mentre l’obbligo di comunicazione è un punto fermo, spetta al giudice di merito accertare se la posizione ricoperta (in questo caso, socio amministratore) si traduca in un’effettiva prestazione lavorativa. La mera titolarità di una carica sociale o la percezione di un reddito non sono, di per sé, sufficienti a configurare un’attività lavorativa rilevante ai fini della decadenza, se non accompagnate da un concreto svolgimento di mansioni.

Conclusioni: Cosa Cambia per i Lavoratori?

Questa ordinanza consolida un principio di diritto di massima importanza per chiunque richieda la NASpI pur essendo titolare di una partita IVA o ricoprendo cariche in società.

1. Comunicazione Sempre Obbligatoria: Chiunque svolga un’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale, anche se avviata anni prima, deve comunicarla all’INPS al momento della domanda di NASpI. La mancata comunicazione entro 30 giorni comporta la decadenza dal beneficio.
2. Attività Effettiva vs. Mera Titolarità: La decadenza scatta solo se si svolge un’attività lavorativa effettiva. Se una persona ricopre una carica societaria in modo puramente formale, senza svolgere concretamente alcuna mansione, potrebbe non essere soggetta alla decadenza. Tuttavia, l’onere di dimostrare questa circostanza ricade sul lavoratore.

In conclusione, la massima prudenza è d’obbligo. È sempre consigliabile comunicare all’INPS qualsiasi potenziale fonte di reddito da lavoro autonomo per evitare di incorrere nella perdita totale dell’indennità di disoccupazione.

Chi percepisce la NASpI deve comunicare all’INPS un’attività di lavoro autonomo già esistente prima della disoccupazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di comunicazione all’INPS riguarda sia le nuove attività lavorative autonome sia quelle preesistenti al momento della domanda di NASpI. L’omissione di tale comunicazione comporta la decadenza dal diritto alla prestazione.

Cosa si intende per “intraprendere” un’attività lavorativa ai fini della NASpI?
Secondo l’interpretazione della Corte, il termine “intraprendere” non significa solo “iniziare” un’attività nuova, ma deve essere inteso in senso più ampio come “svolgere” o “applicarsi a un’attività”. Questa interpretazione estensiva include quindi anche la prosecuzione di attività già in essere.

Il ruolo di socio amministratore è sempre considerato un’attività di lavoro autonomo che fa perdere la NASpI se non comunicata?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che ciò che rileva non è la mera percezione di un reddito o la titolarità di una carica, ma lo “svolgimento o meno di effettiva attività lavorativa”. Sarà compito del giudice di merito verificare, caso per caso, se alla carica societaria corrisponda un’attività concreta, abituale e prevalente, che possa essere qualificata come lavoro autonomo ai fini della normativa sulla NASpI.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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