Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6933 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6933 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24035-2022 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 146/2022 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/04/2022 R.G.N. 468NUMERO_DOCUMENTO2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
Oggetto
Prestazioni previdenziali
R.G.N. 24035/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/11/2023
CC
che, con sentenza depositata il 5.4.2022, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME volta alla corresponsione della prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (c.d. NASpI), rifiutatagli dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in sede amministrativa per non avere egli comunicato nei trenta giorni dalla data della domanda la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una RAGIONE_SOCIALE cooperativa nonché il reddito da essa presuntivamente derivante; che avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che NOME COGNOME ha resistito con controricorso; che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 29.11.2023, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 2, 10, comma 1, e 11, lett. b) e c) , d.lgs. n. 22/2015, con riferimento all’art. 50, T.U. n. 917/1986, agli artt. 2389 e 2516 c.c. e all’art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la decadenza prevista dall’art. 10, cit., non potesse estendersi alla mancata comunicazione dello svolgimento di un’attività fiscalmente assimilata a quella di lavoro dipendente nonché del reddito da essa derivante; che, al riguardo, va premesso che l’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 22/2015, stabilisce, per quanto qui rileva, che ‘il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, dalla qua le ricava un reddito , deve
informare l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne’, mentre il successivo art. 11 commina, al comma 1, lett. c) , la ‘decadenza dalla fruizione della NASpI’ nel caso di ‘inizio di un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale RAGIONE_SOCIALE provvedere alla comunicazione di cui all’articolo 10, comma 1, primo periodo’;
che dal tenore testuale dell’art. 10, cit., risulta che la fattispecie cui si correla la decadenza è rappresentata dall’omessa comunicazione all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e lo svolgiment o dell’attività lavorativa autonoma da cui possa derivare un reddito, non essendo al contrario necessario che tale attività sia stata intrapresa in epoca successiva all’inizio del periodo di percezione della NASpI;
che non osta a tale interpretazione la circostanza che l’art. 10, comma 1, ricolleghi l’obbligo di comunicazione al fatto che l’assicurato ‘intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale’, ben potendosi il verbo ‘intraprendere’ intendersi non solo nel senso letterale di ‘iniziare’, ma anche in quello di ‘applicarsi con maggiori energie e per un maggior tempo che per il passato’ (così, seppure in fattispecie differente, già Cass. n. 5951 del 2001);
che tale interpretazione appare avvalorata, sul piano sistematico, dalla decadenza prevista dall’art. 11, comma 1, lett. b) , d.lgs. n. 22/2015, in caso di ‘inizio di un’attività lavorativa subordinata RAGIONE_SOCIALE provvedere alle comunicazioni di cui all’articolo 9, commi 2 e 3′, ove si osservi che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, cit., ‘il lavoratore
titolare di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale che cessi da uno dei detti rapporti ha diritto i percepire la NASpI a condizione che comunichi all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE entro trenta giorni dalla domanda di prestazione il reddito annuo previsto’;
che, ciò posto, deve tuttavia escludersi che le anzidette disposizioni possano trovare applicazione al caso di specie, in cui -come acclarato dai giudici di merito -l’odierno controricorrente ha dimostrato di non aver intrapreso alcuna attività di lavoro autonomo o imprenditoriale, comprovando di essere titolare unicamente delle cariche sociali di presidente e consigliere del consiglio di amministrazione di una RAGIONE_SOCIALE cooperativa;
che, al riguardo, va ribadito che -come già rimarcato dai giudici territoriali -questa Corte di legittimità ha ormai consolidato l’orientamento secondo cui l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una RAGIONE_SOCIALE per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’asRAGIONE_SOCIALE del requisito della coordinazione, non può ritenersi compreso né tra i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. né, a fortiori , tra quelli di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., salvo diverso accertamento del giudice di merito (Cass. S.U. n. 1545 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 285 del 2019 e 345 del 2020);
che a non diverse conclusioni induce la previsione di cui all’art. 50, comma 1°, lett. c-bis) , T.U. n. 917/1986, secondo cui, per quanto rileva in questa sede, sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente ‘le somme e i
valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ed altri RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘, atteso che come dianzi s’è visto -la previ sione dell’art. 10, comma 1°, d.lgs. n. 22/2015, ricollega l’obbligo di comunicazione previsto a pena di decadenza allo svolgimento di una ‘attività lavorativa autonoma o di impresa individuale’ (oltre che al reddito da essa derivabile), che è proprio ciò che, nella specie, è stato accertato non sussistere;
che argomentare diversamente equivarrebbe ad estendere la fattispecie della decadenza ad una ipotesi che, non potendo rientrare neanche per implicito nella previsione dell’art. 10, cit., si collocherebbe del tutto al di fuori del perimetro della disposizione normativa, ciò che non è consRAGIONE_SOCIALEto dal disposto dell’art. 14 prel. c.c., che espressamente vieta il ricorso all’analogia per le norme eccezionali, quali quelle che dispongono una decadenza (in tal senso cfr., tra le tante, Cass. n. 6500 del 2003);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, compensandosi tuttavia le spese del giudizio di legittimità in considerazione della novità e complessità della questione;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del