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NASpI e carica sociale: obbligo di comunicazione?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6933/2024, ha stabilito che il percettore di NASpI che ricopre una carica sociale (es. amministratore) non è tenuto a comunicarlo all’INPS, pena la decadenza dal beneficio. Tale obbligo, infatti, sussiste solo in caso di svolgimento di un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale. La Corte chiarisce che il rapporto societario non rientra in queste categorie, e l’assimilazione fiscale del reddito è irrilevante per la decadenza dalla prestazione legata a NASpI e carica sociale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

NASpI e Carica Sociale: Obbligo di Comunicazione Solo per Lavoro Autonomo

L’interrogativo sulla compatibilità tra la percezione dell’indennità di disoccupazione NASpI e carica sociale è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che l’obbligo di comunicazione all’INPS, la cui omissione comporta la perdita del sussidio, non si applica indiscriminatamente a chi ricopre ruoli in società. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

Il Caso: Diniego della NASpI per Mancata Comunicazione

Un lavoratore, dopo aver perso il proprio impiego, ha richiesto l’indennità NASpI. L’INPS ha respinto la domanda, contestando al richiedente di non aver comunicato, entro il termine di trenta giorni, di ricoprire la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società cooperativa e il relativo reddito presunto. Secondo l’Istituto, tale omissione avrebbe comportato la decadenza automatica dal diritto alla prestazione.

Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, e sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, riconoscendo il suo diritto alla NASpI. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione su ricorso dell’INPS.

La Decisione della Cassazione: la natura dell’attività è decisiva per la NASpI e carica sociale

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’INPS, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della controversia ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 22/2015, che impone al percettore di NASpI di comunicare l’avvio di “un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale”.

Differenza tra Ruolo Societario e Lavoro Autonomo

I giudici hanno chiarito che la carica di amministratore o consigliere di una società non costituisce di per sé né un’attività di lavoro autonomo né un’attività di impresa individuale. Si tratta, invece, di un rapporto di tipo societario, caratterizzato da un'”immedesimazione organica” tra la persona fisica e l’ente. In altre parole, l’amministratore agisce come organo della società, e non come un prestatore d’opera esterno.

L’Irrilevanza dell’Assimilazione Fiscale

L’INPS sosteneva che, poiché i compensi degli amministratori sono fiscalmente assimilati ai redditi da lavoro dipendente (ai sensi dell’art. 50 del T.U. n. 917/1986), dovesse applicarsi per estensione anche l’obbligo di comunicazione. La Corte ha respinto questa tesi, sottolineando che l’assimilazione fiscale non modifica la natura giuridica dell’attività svolta. La norma sulla decadenza dalla NASpI è chiara nel limitare il suo campo di applicazione alle sole attività di lavoro autonomo o d’impresa.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un principio cardine dell’ordinamento giuridico: le norme che prevedono una decadenza sono di natura eccezionale e, come tali, non possono essere applicate per analogia a casi non espressamente previsti. L’art. 14 delle preleggi al codice civile vieta infatti l’interpretazione estensiva delle norme eccezionali.

Poiché la legge richiede la comunicazione solo per lo svolgimento di “attività lavorativa autonoma o di impresa individuale”, estendere tale obbligo anche a chi ricopre una carica societaria significherebbe applicare analogicamente una sanzione (la decadenza dal sussidio) al di fuori dei casi tassativamente indicati dal legislatore. Il lavoratore, avendo dimostrato di essere unicamente titolare di cariche sociali e di non aver intrapreso alcuna attività autonoma, non era soggetto a tale obbligo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un’importante tutela per i lavoratori che, pur trovandosi in stato di disoccupazione, ricoprono cariche in società, spesso a titolo gratuito o con compensi minimi. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Nessun Obbligo Automatico: Chi percepisce la NASpI e contemporaneamente è amministratore di una società non è tenuto a comunicarlo all’INPS, se questa è la sua unica attività ulteriore.
2. Focus sulla Natura dell’Attività: Ciò che conta ai fini della decadenza è la natura dell’attività svolta, non la sua qualificazione fiscale.
3. Tutela contro Interpretazioni Estensive: La decisione riafferma il principio di stretta interpretazione delle norme che impongono sanzioni o decadenze, proteggendo il cittadino da applicazioni punitive non espressamente previste dalla legge.

Chi percepisce la NASpI ed è amministratore di società deve sempre comunicarlo all’INPS?
No. Secondo la sentenza, l’obbligo di comunicazione previsto a pena di decadenza sorge solo se si intraprende un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale. La semplice titolarità di una carica sociale, come quella di presidente o consigliere di amministrazione, non rientra in queste categorie e quindi non deve essere comunicata ai fini della decadenza.

Perché la Corte ha escluso l’obbligo di comunicazione in questo caso?
La Corte lo ha escluso perché la norma che impone la comunicazione (art. 10, D.Lgs. n. 22/2015) si riferisce specificamente all’avvio di un'”attività lavorativa autonoma o di impresa individuale”. Il rapporto dell’amministratore con la società è di tipo societario, basato sull’immedesimazione organica, e non è assimilabile al lavoro autonomo. Le norme che prevedono una decadenza non possono essere applicate per analogia a casi non espressamente previsti.

L’assimilazione fiscale del reddito da amministratore a quello da lavoro dipendente ha qualche rilevanza ai fini della decadenza dalla NASpI?
No. La Corte ha stabilito che l’assimilazione ai fini fiscali del compenso dell’amministratore ai redditi da lavoro dipendente è irrilevante per decidere sull’obbligo di comunicazione e sulla conseguente decadenza dalla NASpI. Ciò che conta è la natura giuridica dell’attività svolta, non il suo trattamento fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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