Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25066 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25066 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8822/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME (CODICE_FISCALE, presso i quali è domiciliato in modalità elettronica
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
UNITER CONSORZIO STABILE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1851/2023 depositata il 27 ottobre 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2025 dal Presidente NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano Bper Banca RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Roma perché fosse condannata a risarcire loro di un danno patrimoniale ammontante ad euro 466.706,87 oltre accessori, nonché di un danno non patrimoniale in misura di almeno un quarto di quello patrimoniale. La convenuta si costituiva, resistendo. Il Tribunale rigettava con sentenza n. 6390/2018.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3123/2023, dichiarava inammissibile.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, basato su due motivi, da cui Bper Banca si è difesa con controricorso. I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memoria.
Considerato che:
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., vizio di motivazione per omesso esame di fatto discusso e decisivo.
Il giudice d’appello avrebbe “omesso di considerare elementi decisivi, oggetto di discussione”, così che la motivazione risulterebbe “affetta da una totale obliterazione di elementi che
avrebbero condotto ad una diversa decisione”. Ciò perché la corte territoriale si sarebbe limitata “ad affermare apoditticamente che gli appellanti non avevano in alcun modo indicato censure alla sentenza nella parte in cui si era ritenuta la insussistenza del nesso di causalità; circostanza che non corrisponde … alla realtà processuale”. Si richiamano, pertanto, passi dell’atto d’appello che avrebbero invece considerato detto nesso (ricorso, pagine 13-16).
2. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per “motivazione apparente e carente”; denuncia altresì nullità della sentenza, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., per omessa motivazione.
La sentenza d’appello sarebbe “carente di qualsivoglia motivazione avendo omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento”.
Si riportano quale oggetto specifico di censura la parte della sentenza di cui alle pagine 30-31, che costituirebbe motivazione mancante “poiché in alcun modo presenta la spiegazione dell’iter logico-giuridico adottata dal giudice”. Si aggiunge che “su 32 pagine di sentenza ben 30 pagine riportano il <> a più riprese”, così “rendendo difficile la comprensione delle ragioni poste a fondamento della decisione gravata”; e “l’atto di appello è stato dichiarato … inammissibile senza quindi che le ragioni poste a fondamento del gravame siano state esaminate”.
Si invoca, riguardo alla motivazione omessa o insufficiente, S.U. 24148/2013, inserendo pure argomenti sulle “documentate inadempienze antiriciclaggio della RAGIONE_SOCIALE” (ora Bper), che avrebbero comportato “l’ipotesi di responsabilità della Banca per colpa dei dipendenti”, ragion per cui sussisterebbe falsa applicazione dell’articolo 648 bis c.p.
In subordine, si adduce “la formazione del giudicato sui capi della sentenza di primo grado che non siano investiti dai relativi motivi”.
Si conclude, poi, per il riconoscimento di motivazione omessa o in ogni caso apparente, con violazione degli articoli 132, secondo comma, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
3. In primis deve vagliarsi la seconda censura, perché riguarda, nella assolutamente prevalente sua sostanza, la motivazione, denunciata come assente o apparente o anche di difficile comprensibilità, visto l’amplissimo copia/incolla che neppure la parte finale giunge a rendere comprensibile.
Così in effetti è, in quanto la conclusiva parte in cui il giudice d’appello spiegherebbe quel che addirittura renderebbe inammissibile l’appello risiede nelle pagine 30-31, non consentendo di raffrontarla chiaramente con il completo contenuto dei cinque motivi d’appello – che, a prescindere da quanto riportato nel primo motivo del ricorso, riguardano anche una vicenda fattuale assai complessa – riportati nelle pagine 19-30 della sentenza: il primo sinteticamente (pagina 19), gli altri invece oggetto di una riproduzione che appare completa e che comunque è assai ampia. Infatti il secondo motivo viene trascritto da pagina 19 a pagina 24 della sentenza, il terzo da pagina 24 a pagina 26, il quarto da pagina 26 a pagina 28 e il quinto da pagina 28 a pagina 30. Tutto ciò dopo avere inserito, rendendo così ancora più difficoltosa la comprensione e quindi il rapportare dei motivi agli atti precedenti, le pagine 2-4 sui fatti esposti nella sentenza del primo giudice e poi, nelle pagine 4-14, la motivazione della sentenza di quest’ultimo, seguita dalle conclusioni dell’appello, per riversare subito dopo, nelle pagine 15-19, una seconda riproduzione, qui ridotta, della motivazione della sentenza appellata.
È evidente che, così conformata, la motivazione non è realmente tale, perché, lungi dal consentire di comprendere con agevolezza e chiarezza le ragioni della decisione, e quindi lungi dall’evidenziare gli elementi che vi hanno condotto, fuoriuscendo dal paradigma dello scopo della motivazione si trasforma quest’ultima in un ampio
accumulo degli atti precedenti ( ut supra rilevato), che non sono “tradotti” nella specificità necessaria per sorreggere la decisione, al pari di come non è formulata realmente a tale scopo la parte finale (pagine 30-31) della sentenza, che non è più un copia/incolla ma non può autonomamente risolvere dopo una esposizione così inidonea ed inefficace; vale a dire, non si può così comprendere se la parte finale abbia un effetto dirimente oppure, invece, ometta di considerare in modo completo le pretese criticità segnalate nei motivi che avrebbero incidenza.
In sintesi, allora, questa motivazione non rende autonoma la decisione, imponendo al contrario l’acquisizione di una cognizione completa degli atti antecedenti: e in tal modo viola la ratio normativa insita nell’articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c., invocato espressamente dal motivo in esame.
Ne consegue l’accoglimento del secondo motivo, con assorbimento del primo, e quindi la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla stessa Corte d’appello, in diversa sezione e diversa composizione, anche per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbito l’altro, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma il 10 settembre 2025