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Motivazione apparente: Cassazione annulla convalida

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto di convalida del trattenimento di un cittadino straniero, ritenendo la motivazione del Giudice di pace del tutto apparente. La decisione si fonda sul principio che una motivazione basata su formule generiche e stereotipate non rispetta il “minimo costituzionale” imposto dalla legge, rendendo il provvedimento nullo. L’accoglimento di questo motivo ha reso superfluo l’esame delle altre censure relative alla presunta illegittimità del decreto di espulsione presupposto.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione apparente: perché la Cassazione annulla la convalida del trattenimento

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 5956/2024, ribadisce un principio fondamentale dello Stato di diritto: ogni decisione che limita la libertà personale deve essere sorretta da una motivazione reale e non di facciata. Il caso in esame riguarda la convalida del trattenimento di un cittadino straniero, annullata proprio a causa di una motivazione apparente da parte del Giudice di pace, che si era limitato a utilizzare formule di stile senza entrare nel merito delle questioni sollevate.

I Fatti del Caso: Il ricorso contro la convalida del trattenimento

Un cittadino straniero veniva raggiunto da un decreto di espulsione emesso dal Prefetto e, contestualmente, da un provvedimento del Questore che ne disponeva il trattenimento presso un Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR). Come previsto dalla legge, tale provvedimento restrittivo della libertà personale veniva sottoposto alla convalida del Giudice di pace.

Il Giudice di pace di Torino convalidava il trattenimento, affermando genericamente che non emergevano “profili di manifesta illegittimità del decreto d’espulsione” e che sussistevano i presupposti per il trattenimento. Contro questa decisione, il cittadino straniero proponeva ricorso in Cassazione, lamentando due principali violazioni:

1. La totale assenza o, appunto, la motivazione apparente del decreto di convalida.
2. L’illegittimità del decreto di espulsione stesso, atto presupposto della convalida, in quanto si basava sull’erroneo convincimento che lo straniero si fosse sottratto ai controlli di frontiera, mentre i suoi dati erano stati regolarmente registrati al momento dell’ingresso.

La Decisione della Cassazione e la Motivazione Apparente

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto al secondo. Il cuore della decisione risiede nella nozione di motivazione apparente, che si verifica quando il ragionamento del giudice è talmente generico, stereotipato o tautologico da non poter essere considerato una vera e propria giustificazione della decisione presa.

La violazione del “Minimo Costituzionale”

La Cassazione ha ricordato che, a seguito delle riforme processuali, il suo sindacato sulla motivazione è limitato alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione. Questo minimo è violato quando la motivazione è:

* Totalmente mancante.
* Meramente apparente.

Nel caso specifico, le frasi utilizzate dal Giudice di pace sono state qualificate come “espressioni generiche e stereotipate”, incapaci di dare conto delle ragioni specifiche che hanno portato alla convalida. In sostanza, il giudice non ha spiegato perché, nel caso concreto, il decreto di espulsione fosse legittimo e perché il trattenimento fosse necessario, limitandosi a una formula vuota che potrebbe adattarsi a qualsiasi caso analogo.

Le motivazioni

La Corte ha stabilito che limitarsi a negare l’esistenza di una “manifesta illegittimità” senza esaminare le specifiche doglianze della difesa equivale a non motivare. Questo vizio è talmente grave da comportare la nullità del provvedimento. Di conseguenza, accogliendo il primo motivo, la Corte ha cassato il decreto impugnato. Poiché non erano necessarie ulteriori indagini di fatto, la cassazione è avvenuta “senza rinvio”, chiudendo così la vicenda processuale.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante per tutti gli operatori del diritto. La motivazione dei provvedimenti, specialmente quelli che incidono sulla libertà personale, non è un mero adempimento formale. Deve essere effettiva, concreta e percepibile, permettendo al cittadino di comprendere le ragioni della decisione e di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Una motivazione apparente non è una motivazione e, come tale, non può reggere al vaglio di legittimità, confermando la centralità delle garanzie costituzionali anche nei procedimenti in materia di immigrazione.

Quando la motivazione di un provvedimento del giudice è considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è ‘apparente’ quando si avvale di espressioni generiche e stereotipate che, pur esistendo formalmente, non spiegano le ragioni concrete della decisione e non rispettano il ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 della Costituzione.

Cosa comporta l’accoglimento di un ricorso per motivazione apparente?
L’accoglimento di un ricorso per questo vizio porta alla cassazione, cioè all’annullamento, del provvedimento impugnato. Nel caso specifico, la Corte ha annullato il decreto senza rinviare il caso a un altro giudice, poiché non erano necessarie ulteriori indagini sui fatti.

Perché il secondo motivo di ricorso, relativo all’illegittimità dell’espulsione, non è stato esaminato?
Il secondo motivo è stato ‘assorbito’. Questo significa che, una volta accolto il primo motivo sulla motivazione, che era logicamente prioritario e sufficiente a determinare l’annullamento del decreto, è diventato superfluo esaminare le altre censure sollevate dal ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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