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Molestie sul lavoro: risarcimento per la modella

Una modella ha citato in giudizio uno scultore per molestie sul lavoro, subite durante una sessione di posa. Il Tribunale del Lavoro di Milano ha condannato l’artista a un risarcimento di 57.500 euro per danno non patrimoniale, ritenendo che il contatto fisico imposto alla donna andasse ben oltre le necessità artistiche, configurando un abuso. La decisione ha valorizzato le testimonianze di altre vittime, che hanno rivelato un comportamento seriale da parte dell’artista, e ha stabilito che un generico consenso al contatto fisico non può mai giustificare le molestie sessuali.

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Pubblicato il 14 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Molestie sul Lavoro nel Mondo dell’Arte: Quando il Contatto Fisico Diventa Abuso

Il confine tra necessità artistica e abuso è un tema delicato, specialmente in ambiti lavorativi dove il contatto fisico è previsto. Una recente sentenza del Tribunale di Milano fa luce su un caso di molestie sul lavoro subito da una giovane modella, stabilendo principi chiari sulla validità del consenso e sulla tutela della dignità della persona. Il caso ha visto una modella citare in giudizio uno scultore per averla sottoposta ad abusi sessuali durante una sessione di posa, mascherati da esigenze creative.

I Fatti di Causa

Una giovane attrice e modella ha risposto a un annuncio di lavoro di uno scultore per la realizzazione di un’opera d’arte. L’annuncio menzionava un lavoro “a contatto con il corpo” per indagare il “paesaggio interiore”. Durante il primo incontro nello studio dell’artista, la situazione è degenerata. Dopo un breve colloquio, l’artista ha iniziato a toccare la donna in modo inappropriato, per poi chiudere a chiave la porta dello studio e chiederle di spogliarsi.

La ricorrente, paralizzata dalla paura, ha subito per ore molestie continue: palpeggiamenti, atti sessuali simulati e minacce verbali con un pennello appuntito. L’esperienza l’ha traumatizzata, causandole attacchi di panico e costringendola a intraprendere un percorso di psicoterapia. La donna ha quindi chiesto in giudizio il risarcimento per tutti i danni subiti: professionali, biologici, esistenziali e morali.

La Difesa e la Decisione sulle Molestie sul Lavoro

L’artista convenuto non ha negato i fatti in modo puntuale, ma ha sostenuto che il contatto fisico era stato esplicitamente previsto nell’annuncio e che la modella, accettando l’offerta, avesse prestato il proprio consenso. Secondo la sua difesa, le azioni rientravano nel suo “insindacabile giudizio artistico ed estetico”.

Il Tribunale ha respinto completamente questa linea difensiva. In primo luogo, ha affermato la propria competenza come giudice del lavoro, poiché i fatti si sono svolti all’interno di un rapporto di lavoro appena instaurato. Nel merito, il giudice ha ritenuto la narrazione della vittima pienamente credibile, supportata dalle testimonianze del suo ex-fidanzato e di un’amica, che hanno confermato il suo stato di shock e angoscia subito dopo l’evento.

Ancora più decisive sono state le deposizioni di altre due modelle che, anni prima e senza conoscere la ricorrente, avevano vissuto esperienze quasi identiche con lo stesso scultore. Questa “serialità del comportamento” ha demolito la difesa dell’artista, svelando un modus operandi predatorio basato sull’inesperienza e sulla soggezione psicologica delle giovani vittime.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra contatto fisico funzionale all’opera e abuso. Il giudice ha stabilito che le azioni dello scultore (toccare seno e genitali, strusciarsi sulla vittima, simulare un rapporto sessuale) non avevano alcuna attinenza con la creazione artistica, ma costituivano unicamente un “libidinoso soddisfacimento delle proprie pulsioni sessuali”.

La sentenza chiarisce che il consenso della modella non poteva considerarsi valido. La generica menzione di “contatto fisico” in un annuncio non può legittimare qualsiasi tipo di interazione. La vittima, giovane e inesperta, non era in grado di comprendere la reale natura delle intenzioni dell’artista, il quale ha sfruttato la sua posizione di potere e la sua fama per manipolarla. La sua passività non era assenso, ma una reazione di shock e paura, una “minorata difesa” che annullava qualsiasi capacità di reazione. Il comportamento dell’artista è stato quindi qualificato come illecito, una grave forma di molestia e discriminazione in violazione della dignità e della salute della lavoratrice.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, il Tribunale ha condannato lo scultore a risarcire la ricorrente con una somma di 57.500 euro per il danno non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale), calcolata in via equitativa. È stata invece respinta la domanda di risarcimento per danno professionale, in quanto non adeguatamente provata.

Questa sentenza invia un messaggio potente: nessun contesto lavorativo, neanche quello artistico, può servire da scudo per le molestie sul lavoro. Il consenso deve essere informato, specifico e liberamente revocabile, e non può mai essere presunto da clausole contrattuali generiche. La decisione sottolinea inoltre l’importanza delle testimonianze di altre vittime per provare la sistematicità di un comportamento abusivo, rafforzando la posizione di chi trova il coraggio di denunciare.

Un annuncio di lavoro che prevede il ‘contatto fisico’ giustifica ogni tipo di interazione?
No. La sentenza chiarisce che il contatto fisico deve essere strettamente funzionale all’esecuzione della prestazione lavorativa. Qualsiasi atto che esuberi da tale necessità per soddisfare le pulsioni personali dell’altra parte, come nel caso di specie, costituisce un illecito e una molestia, rendendo nullo qualsiasi presunto consenso.

Quanto è importante la testimonianza di altre vittime in un processo per molestie?
Fondamentale. In questo caso, le dichiarazioni di altre due modelle che avevano subito abusi simili dallo stesso artista sono state decisive. Hanno permesso al giudice di riconoscere un “comportamento seriale”, rafforzando enormemente la credibilità della narrazione della ricorrente e smascherando il modus operandi del convenuto.

Quali danni sono stati risarciti alla vittima di molestie?
Il Tribunale ha liquidato un danno non patrimoniale di 57.500 euro. Questa somma comprende il danno biologico (la lesione all’integrità psico-fisica, come gli attacchi di panico), il danno morale (la sofferenza interiore) e il danno esistenziale (il peggioramento della qualità della vita e delle relazioni). La richiesta di risarcimento per danno alla professionalità è stata invece respinta perché non sufficientemente dimostrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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