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Mobilità volontaria: il calcolo dello stipendio

Una dipendente pubblica, trasferita tramite mobilità volontaria da un’università a un’agenzia statale, ha contestato il calcolo del suo nuovo stipendio. I giudici di merito avevano ritenuto corretto il calcolo dell’amministrazione di destinazione, che includeva una specifica indennità interna per dimostrare l’assenza di un peggioramento economico. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, stabilendo che il confronto tra la vecchia e la nuova retribuzione, ai fini della determinazione dell’assegno ad personam, deve avvenire tra voci omogenee. Non è corretto utilizzare un’indennità accessoria prevista solo nel nuovo ente per neutralizzare una diminuzione della retribuzione base. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mobilità Volontaria e Stipendio: La Cassazione Fa Chiarezza sul Calcolo

La mobilità volontaria nel pubblico impiego è uno strumento fondamentale per la riorganizzazione delle amministrazioni e per le aspirazioni professionali dei dipendenti. Tuttavia, il passaggio da un ente all’altro può sollevare complesse questioni sul trattamento economico. Con l’ordinanza n. 13318/2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale per garantire che il lavoratore non subisca un ingiusto peggioramento retributivo, specificando come deve essere effettuato il confronto tra i due stipendi.

I Fatti di Causa

Una dipendente pubblica in servizio presso un’università statale si trasferiva, tramite mobilità volontaria, presso un’agenzia governativa. Una volta nel nuovo ruolo, contestava l’illegittimità del trattamento economico ricevuto, sostenendo che fosse deteriore rispetto al precedente. Chiedeva quindi il pagamento delle differenze retributive e un corretto inquadramento.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la sua domanda. Secondo i giudici di merito, il trattamento economico complessivo garantito dalla nuova amministrazione era addirittura superiore a quello precedente. Questa valutazione, però, teneva conto di un’indennità di amministrazione specifica dell’ente di destinazione, un emolumento non presente nell’ente di provenienza. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando che il confronto fosse stato effettuato tra dati non omogenei.

L’Analisi della Corte sulla Mobilità Volontaria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della dipendente, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti. Il nodo centrale della questione riguarda l’applicazione del principio del divieto di reformatio in peius, secondo cui il dipendente trasferito non deve subire una diminuzione del trattamento economico acquisito. Per garantire tale diritto, la legge prevede l’istituzione di un assegno ad personam riassorbibile, volto a colmare eventuali differenze.

Il punto cruciale, secondo la Suprema Corte, è come effettuare correttamente il confronto per determinare se spetti o meno tale assegno. Non è sufficiente sommare tutte le voci della nuova busta paga e confrontare il totale con la vecchia. Il confronto deve avvenire tra categorie di retribuzione omogenee.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che la comparazione deve essere strutturata correttamente. Si deve confrontare il trattamento fondamentale (stipendio tabellare, tredicesima, ecc.) goduto nell’ente di provenienza con il trattamento fondamentale previsto nell’ente di destinazione. Eventuali voci accessorie fisse e continuative, come specifiche indennità legate al profilo professionale, devono essere confrontate con voci analoghe, se esistenti.

Nel caso specifico, l’errore dei giudici di merito è stato quello di includere nel calcolo della retribuzione di destinazione l’indennità di amministrazione, una voce prevista solo dal contratto collettivo del nuovo ente. Questo ha portato a un risultato fuorviante: l’aggiunta di questa indennità ha fatto apparire il nuovo stipendio come congruo, mascherando però una potenziale diminuzione del trattamento economico base. In altre parole, un’indennità specifica del nuovo lavoro non può essere usata per ‘neutralizzare’ il diritto del lavoratore a mantenere il suo precedente livello retributivo fondamentale attraverso l’assegno ad personam.

La ratio della mobilità volontaria è favorire una migliore distribuzione del personale nella Pubblica Amministrazione. Questo obiettivo viene raggiunto anche garantendo al dipendente la conservazione del trattamento economico acquisito, ferma restando la percezione delle indennità accessorie proprie della nuova posizione.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio di equità e correttezza fondamentale per la gestione della mobilità volontaria. Il calcolo per la determinazione dell’assegno ad personam non può essere una mera somma algebrica, ma deve basarsi su un confronto tra voci retributive omogenee. Le indennità accessorie specifiche dell’amministrazione di destinazione non possono essere utilizzate per annullare il diritto del lavoratore a vedere preservato il proprio trattamento economico fondamentale. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Quando un dipendente pubblico si trasferisce con mobilità volontaria, come si calcola il nuovo stipendio per evitare una diminuzione?
Il confronto non deve basarsi sul totale complessivo, ma deve avvenire tra voci retributive omogenee. Si confronta il trattamento economico fondamentale (come stipendio tabellare e tredicesima) della vecchia amministrazione con quello della nuova. Solo sulla base di questo confronto si determina l’eventuale diritto a un assegno ad personam per colmare la differenza.

L’indennità di amministrazione, prevista solo nell’ente di destinazione, può essere usata per compensare una retribuzione base inferiore?
No. Secondo la Corte, il riconoscimento di voci di retribuzione accessoria (come l’indennità di amministrazione) previste solo presso l’amministrazione di destinazione non esclude la necessità di confrontare i trattamenti economici di base per calcolare l’eventuale assegno ad personam. Usarla per compensare una diminuzione della retribuzione base sarebbe errato.

Qual è lo scopo dell’assegno ad personam nella mobilità volontaria?
L’assegno ad personam ha lo scopo di garantire il divieto di ‘reformatio in peius’, ossia di assicurare che il dipendente non subisca un peggioramento economico a seguito del trasferimento. Serve a mantenere il trattamento economico goduto nell’ente di provenienza, qualora quello fondamentale del nuovo ente sia inferiore. Questo assegno è generalmente destinato a essere riassorbito dai futuri aumenti contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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