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Mobilità intercompartimentale: la corretta retribuzione

Un dipendente pubblico, trasferito dal settore Sanità a un Ministero, ha contestato il suo inquadramento economico inferiore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19912/2025, ha stabilito che in caso di mobilità intercompartimentale, per determinare la corretta retribuzione, è necessario un confronto analitico tra i contratti collettivi dei due comparti, basato su mansioni, responsabilità e prossimità degli stipendi tabellari, al fine di evitare la dequalificazione del lavoratore. La sentenza d’appello è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mobilità Intercompartimentale: Come Garantire la Corretta Retribuzione

La mobilità intercompartimentale nel pubblico impiego rappresenta un’opportunità di crescita e riorganizzazione, ma nasconde insidie relative al corretto inquadramento del personale trasferito. Quando un dipendente passa dal comparto Sanità a quello dei Ministeri, come si determina la sua nuova posizione economica? Con l’ordinanza n. 19912/2025, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sui criteri da adottare per garantire l’equità e prevenire la dequalificazione.

I Fatti di Causa: Il Trasferimento e la Dequalificazione

Il caso riguarda un collaboratore professionale sanitario-tecnico, inquadrato nella categoria D/D3 del comparto Sanità, trasferito tramite una procedura di mobilità ai ruoli di un Ministero. La nuova amministrazione lo ha inquadrato nel profilo di Ispettore tecnico, area terza, ma nella fascia retributiva F1, economicamente inferiore alla precedente.

Ritenendo leso il suo diritto a un corretto inquadramento, il lavoratore si è rivolto al Tribunale per chiedere il riconoscimento della fascia retributiva F3, considerata equivalente alla sua posizione di provenienza, con il conseguente pagamento delle differenze retributive.

L’Iter Giudiziario: Dalle Corti di Merito alla Cassazione

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente dato ragione al lavoratore, riconoscendogli addirittura una fascia superiore (F4) e condannando l’amministrazione al pagamento di una somma cospicua. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso del Ministero.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando la falsa applicazione delle norme che regolano la mobilità intercompartimentale e i criteri di equiparazione tra i diversi comparti della pubblica amministrazione.

I Criteri di Equiparazione nella mobilità intercompartimentale

Il punto cruciale della controversia riguarda l’assenza, al momento del trasferimento (avvenuto nel 2010), di tabelle di equiparazione ufficiali tra i comparti. Tali tabelle sono state introdotte solo con un D.P.C.M. del 2015, che la Cassazione ha chiarito non essere retroattivo.

In mancanza di uno specifico criterio normativo, come deve agire l’amministrazione di destinazione? Secondo la Suprema Corte, il giudice e l’amministrazione devono effettuare una verifica approfondita basata sui contratti collettivi nazionali (CCNL) dei due enti interessati. L’obiettivo è individuare la qualifica e la posizione economica “maggiormente corrispondente” a quella posseduta dal lavoratore prima del trasferimento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso del dipendente, cassando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che l’equiparazione non può essere arbitraria ma deve fondarsi su un’analisi comparativa precisa. I criteri da seguire sono:

1. Confronto delle declaratorie contrattuali: Si devono analizzare le mansioni, le responsabilità e i titoli di accesso richiesti per le qualifiche nei due comparti per trovare la corrispondenza più stretta.
2. Salvaguardia della professionalità: L’operazione di inquadramento deve evitare processi di “dequalificazione strisciante”, garantendo che la posizione retributiva attribuita sia funzionale alla progressione di carriera.
3. Criterio della prossimità economica: In subordine, si può valutare la vicinanza degli importi del trattamento economico fondamentale (tabellare) tra il comparto di provenienza e quello di destinazione.

La Corte d’Appello aveva errato nel non compiere questa complessa operazione di accertamento, limitandosi a respingere la domanda del lavoratore senza aver prima verificato la reale corrispondenza tra le posizioni.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce due principi di diritto fondamentali. Primo, le tabelle del D.P.C.M. 2015 non sono retroattive. Secondo, in assenza di tabelle specifiche, il corretto inquadramento nella mobilità intercompartimentale deve essere il risultato di un’attenta comparazione tra i CCNL di provenienza e destinazione. Questa operazione deve tutelare la professionalità acquisita dal dipendente e la sua posizione economica. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nuovamente la questione applicando questi principi.

Le tabelle di equiparazione del D.P.C.M. 2015 si applicano retroattivamente?
No, la Corte ha chiarito che tali tabelle sono applicabili solo alle procedure di mobilità avviate successivamente all’entrata in vigore del decreto e non hanno effetto retroattivo.

In assenza di tabelle specifiche, come si determina il corretto inquadramento nella mobilità intercompartimentale?
Si deve effettuare un confronto tra i contratti collettivi del comparto di provenienza e di quello di destinazione. L’equiparazione si basa sull’analisi delle mansioni, delle responsabilità, dei titoli di accesso e, successivamente, anche sulla prossimità degli importi del trattamento economico tabellare.

Qual è l’obiettivo principale della normativa sulla mobilità tra enti pubblici?
L’obiettivo è evitare la dequalificazione del personale trasferito e garantire che vi sia una corrispondenza tra la categoria professionale e la posizione economica possedute prima e dopo il trasferimento, salvaguardando la progressione di carriera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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