Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21764 Anno 2025
MIUR;
-intimato- avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Bologna n. 427/20 19 pubblicata il 22 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Rimini NOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno esposto che
Civile Ord. Sez. L Num. 21764 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 35905/2019 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
erano docenti immesse in ruolo su posto di sostegno dal 1° settembre 2015, erano idonee all’insegnamento di materie curriculari con specializzazione in attività didattica di sostegno e avevano prestato almeno cinque anni di sostegno considerando anche il periodo pre ruolo.
Le ricorrenti hanno chiesto il riconoscimento, ai fini del compimento del quinquennio menzionato, anche del periodo di permanenza obbligatoria sul posto di sostegno, con conseguente diritto alla presentazione della domanda per il trasferimento da posto di sostegno a posto di insegnamento comune in occasione della procedura di mobilità indetta per l’anno scolastico 2018/2019.
Il Tribunale di Rimini, nel contraddittorio delle parti, con sentenza del 13 marzo 2018, ha accolto i ricorsi.
Il MIUR ha proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 427/2019, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
Il MIUR non ha svolto difese , rimanendo intimato pur all’esito della rinnovazione della notifica, disposta con ordinanza interlocutoria n. 34529/2024.
La ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente lamenta la violazione della clausola 4 dell’accordo quadro recepito dalla direttiva n. 199/70/CE del 28 giugno 1999 per violazione del principio di parità di trattamento tra medesime tipologie di dipendenti assunti con contratto a tempo determinato e indeterminato, chiedendo la disapplicazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 970 del 1975, dell’art. 127, comma 2, d.lgs. n. 297 del 1994 e dell’art. 24 CCNI.
Sostiene la ricorrente che la corte territoriale avrebbe errato nel non riconoscere l’utilità, ai fini della mobilità in questione, del periodo di insegnamento svolto pre ruolo.
La censura è fondata.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di mobilità scolastica, ai fini del passaggio da posto di sostegno a posto c.d. comune, il disposto normativo dell’art. 12 del d.P.R. n. 970 del 1975 – che prevede che il transito avvenga solo a seguito del servizio prestato su posto di sostegno per almeno cinque anni – va inteso nel senso che il quinquennio si intende compiuto computando in esso anche i periodi di insegnamento su posto di sostegno aventi ad oggetto la medesima prestazione lavorativa svolti durante il periodo di preruolo, in armonia con le previsioni della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul rapporto a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CEE (Cass., Sez. L, n. 32632 del 23 novembre 2023).
Per l’esattezza, la S.C. ha rilevato che l’art. 12 del d.P .R. n. 970 del 1975 prescrive che:
‘Il passaggio del personale direttivo e insegnante dalle scuole e istituzioni di cui al precedente art. 1 ai corrispondenti posti o cattedre delle scuole e istituti normali può essere disposto soltanto nei confronti di coloro che abbiano prestato almeno cinque anni di servizio effettivo di ruolo nelle predette scuole e istituzioni con particolari finalità, sempreché siano in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso ai ruoli cui aspirano. Il passaggio predetto è disposto secondo le modalità e nei limiti di cui al secondo comma dell’art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417’.
Per giurisprudenza ormai consolidata, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone al datore di lavoro pubblico di riconoscere, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera successivi al 10 luglio 2001, l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato, nella medesima misura prevista per il dipendente assunto ab origine a tempo indeterminato, fatta salva la ricorrenza di ragioni oggettive che giustifichino la
diversità di trattamento; tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui il rapporto a termine sia anteriore all’entrata in vigore della direttiva perché, in assenza di espressa deroga, il diritto dell’Unione si applica agli effetti futuri delle situazioni sorte nella vigenza della precedente disciplina (Cass., Sez. L, n. 15231 del 16 luglio 2020; si veda pure Cass., Sez. L, n. 8672 del 27 marzo 2023).
Nella specie, è incontestato che la ricorrente abbia svolto, considerato anche il lavoro a tempo determinato prima della sua immissione in ruolo come insegnante di sostegno, la stessa attività per un periodo superiore a cinque anni.
Pertanto, non vi sono ragioni per escludere, in questo caso, l’operatività dei principi sopra esposti.
In particolare, era onere della P.A. interessata allegare e provare l’esistenza di ragioni oggettive idonee a giustificare la disparità di trattamento patita dalla dipendente.
Il Ministero, però, si è limitato a rappresentare (in questa affermazione seguito dalla corte territoriale) che avrebbe dovuto affrontare dei problemi organizzativi e che gli alunni svantaggiati avrebbero subito un danno, in quanto non avrebbero potuto beneficiare della necessaria continuità didattica. Si tratta, tuttavia, di considerazioni che non possono rendere legittima la condotta della P.A. Infatti, non può negarsi che la lavoratrice abbia comunque garantito più di cinque anni di servizio come insegnante di sostegno, se si tiene conto del lavoro preruolo, e che la P.A. aveva tutto il tempo, quindi, di gestire le proprie risorse anche alla luce del possibile trasferimento al ruolo comune di docenti di sostegno che, ormai da anni, operavano in loco. Quanto al diritto degli studenti disabili alla continuità didattica deve riconoscersi che essi ne hanno beneficiato in concreto, atteso che l’intimata è stata loro insegnante per molti anni, benché, in parte, a tempo determinato. È proprio l’identità delle prestazioni rese nel corso del tempo a rendere priva di pregio la difesa dell’Amministrazione, la quale non ha valutato adeguatamente la rilevanza di tale identità.
Del tutto generico, inoltre, è il richiamo della corte territoriale all’aleatorietà della riassegnazione del dipendente e alla possibilità di discriminazioni a contrario, che non tiene assolutamente conto del concreto svolgimento del rapporto in esame.
Privo di ogni incidenza è, poi, il disposto dell’art. 11, comma 14, della legge n. 124 del 1999 in quanto il ragionamento del giudice di appello finirebbe con l’escludere sempre l’applicabilità della citata clausola 4.
Le conclusioni sopra esposte trovano riscontro anche in alcuni precedenti di questa S.C., la quale ha affermato che l’art. 485, comma 6, del d.lgs. n. 297 del 1994, che consente il riconoscimento del servizio non di ruolo prestato senza demerito e con il possesso del titolo di studio prescritto, è applicabile all’insegnamento su posto di sostegno anche se svolto in assenza del titolo di specializzazione, perché l’art. 7, comma 2, della legge n. 124 del 1999, che in tal senso si esprime, non ha carattere innovativo ed ha solo reso esplicito un precetto già desumibile dalla disciplina dettata dal T.U. (Cass., Sez. L, n. 16174 del 17 giugno 2019). Infatti, l’art. 485, nella parte in cui richiede, ai fini del riconoscimento del servizio non di ruolo, il possesso del solo titolo di studio, esprime una precisa scelta del legislatore di considerare unicamente quest’ultimo condizione imprescindibile ai fini della ricostruzione della carriera, senza autorizzare differenziazioni sostanziali fra la situazione degli insegnanti di sostegno e quella dei docenti ordinari (Cass., Sez. L, n. 21211 del 19 luglio 2023, non massimata). Tale scelta risulta in linea con l’impianto della normativa in tema di insegnamento di sostegno la quale, nel disciplinare le modalità di assegnazione delle relative cattedre: a) non richiede quale requisito necessario il possesso del titolo di specializzazione, in quanto consente, sia pure in via residuale, di assegnare alle stesse docenti, di ruolo o non di ruolo, privi del titolo specializzante, che costituisce, pertanto, un mero titolo di precedenza; b) nel valorizzare il solo possesso del titolo di studio, trova la sua ratio anche nella particolarità della funzione docente affidata all’insegnante di sostegno, il quale assume la contitolarità dell’intera classe e partecipa alle attività didattiche e di programmazione che coinvolgono la totalità degli studenti, sicché si trova a svolgere contemporaneamente sia funzioni specificamente finalizzate all’integrazione scolastica del disabile, sia attività che trascendono il rapporto insegnante di sostegno/persona affetta da disabilità e coinvolgono l’intera comunità scolastica; c) riconosce agli insegnanti che svolgono unicamente dette ultime funzioni il servizio non di ruolo sulla base del solo possesso del titolo di
studio, sicché, evidentemente, esprime anche la volontà del legislatore di non differenziare la posizione degli insegnanti di sostegno che, seppure non in possesso del diploma di specializzazione, a pieno titolo assumono la contitolarità della classe alla quale sono assegnati.
2) Il ricorso è accolto.
La sentenza è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘In tema di mobilità scolastica, ai fini del passaggio da posto di sostegno a posto c.d. comune, il disposto normativo dell’art. 12 del d.P.R. n. 970 del 1975 – che prevede che il transito avvenga solo a seguito del servizio prestato su posto di sostegno per almeno cinque anni – va inteso nel senso che il quinquennio si intende compiuto computando in esso anche i periodi di insegnamento su posto di sostegno aventi ad oggetto la medesima prestazione lavorativa svolti durante il periodo di preruolo, in armonia con le previsioni della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul rapporto a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CEE’.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 4 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME